Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

martedì 22 ottobre 2013

Auto-Indagine




Auto-Indagine e la sua Pratica

da Vedantic Meditation di David Frawley


La pratica di Auto-Indagine, chiamata Atma-Vichara in Sanscrito, è la più importante pratica di meditazione nella tradizione Vedantica. E’ la pratica principale dello yoga della conoscenza (Jnana Yoga), ritenuto tradizionalmente la più alta forma di yoga perché conduce più direttamente alla liberazione.
L’Auto-Indagine è il metodo primario attraverso il quale l’Auto-realizzazione – la realizzazione della nostra vera natura – è raggiunta.
L’Auto-Indagine è conosciuta oggi principalmente attraverso l’insegnamento di Ramana Maharshi (1878-1950), che rese questo approccio accessibile al pubblico generale, offrendolo ad ogni individuo in grado di ricevere l’insegnamento. Tradizionalmente, l’Auto-Indagine era riservata soprattutto ai monaci (Swami) che avevano rinunciato al mondo. Una forte tradizione di Auto-Indagine persiste negli ordini Swami in India ancora oggi, particolarmente nel sud del paese.
Ciò nonostante l’Auto-Indagine in una forma o un’altra può essere d’aiuto a tutte le persone in tutti i periodi della vita, come parte della ricerca individuale dell’Auto-realizzazione. Noi tutto vogliamo conoscere noi stessi e rivelare durante la nostra esistenza il più profondo potenziale. Questo richiede la comprensione di noi stessi su tutti i livelli di corpo, mente e spirito, in modo particolare il più profondo livello del cuore.

TECNICA DI AUTO-INDAGINE
Poiché l’insegnamento dell’Auto-indagine è diretto e semplice, la sua letteratura non è così estesa come quelle di altre pratiche yoga, inoltre, il sentiero di Auto-indagine richiede una certa maturità o prontezza di mente, uno sviluppo non richiesto da altre pratiche.
Il processo di Auto-indagine è così semplice che può essere spiegato in poche parole. Per praticare c’è solo bisogno di tracciare la radice dei pensieri alla loro origine, al pensiero-Io, da cui tutti gli altri pensieri sorgono. Ciò si inizia con la domanda “Chi sono Io?”. Chiedendosi “Chi sono Io?” la nostra corrente del pensiero viene focalizzata sulla ricerca del vero Sé e noi dimentichiamo tutte le faccende e le preoccupazioni della mente.
Tutti i nostri pensieri sono basati direttamente o indirettamente sul pensiero del sé. Pensieri come “Dove sto andando?” o “Cosa farò domani?” sono basati direttamente sul sé. Pensieri come “Cosa succederà alla mia famiglia?” o “Chi vincerà le prossime elezioni?” sono basati indirettamente sul pensiero del sé perché  si riferiscono  in definitiva alle nostre stesse preoccupazioni.
I nostri pensieri consistono di due componenti. Il primo è un fattore soggettivo io, me o mio. Il secondo è un fattore oggettivo, uno stato, condizione o oggetto con cui l’io è coinvolto, in modo particolare le attività del nostro corpo e della nostra mente. L’abitudine della mente è quella di essere catturata dagli oggetti, di non guardare mai all’interno per riconoscere il vero Sé separatamente dalle faccende esterne.
Il risultato è che il puro Io o l’Io in Sé stesso ci è sconosciuto. Ciò che noi chiamiamo “noi stessi” non è altro che un conglomerato di “Io sono questo” o “questo è mio”, in cui il soggetto è confuso con un oggetto, una qualità o una condizione.
L’Auto-indagine consiste nel rinunciare all’oggetto al fine di scoprire il puro Soggetto. Ciò richiede il ritirare l’attenzione dagli oggetti di sensazione, emozione e pensiero discriminando questi dal Sé senza forma o il veggente che li osserva.
La verità è che non conosciamo chi siamo realmente. Ciò che chiamiamo il nostro Sé non è altro che pensiero, emozione o sensazione con cui siamo temporaneamente identificati e che cambia costantemente. Le nostre vite sono avvolte da ignoranza riguardo la nostra vera natura, derivante dalle più basiche sensazioni che abbiamo, in modo particolare la nostra identità corporea. Ma noi non siamo il corpo. Piuttosto, il corpo è un veicolo o un vestito in cui il nostro vero Sé è oscurato. Fino a che non mettiamo in discussione questo processo di auto-identificazione dobbiamo cadere nel dolore e rimanere nell’oscurità e nella confusione.
L’Auto-indagine non consiste nel ripetere mentalmente e continuamente  la domanda “Chi sono io?”, che è solo un faticoso esercizio mentale. Significa mantenere la ricerca del vero Sé in tutto ciò che si fa. Richiede di avere un reale e fondamentale dubbio su chi siamo, attraverso il quale possiamo rifiutare tutte le identificazioni esterne. E’ come se una persona colpita da amnesia non ricorda chi è e deve dare piena attenzione a questo fatto prima di fare qualsiasi altra cosa.
L’Auto-indagine, comunque non è solamente un’indagine intellettuale o psicologica ma una ricerca compiuta con la propria intera energia ed attenzione. Richiede una piena concentrazione, non interrotta dall’intrusione di altri pensieri. La corrente del pensiero naturalmente si muove naturalmente indietro al Sé nella misura in cui noi non preoccupiamo le nostre menti con stimolazioni dall’esterno. Il problema è che i sensi ci offrono così tante distrazioni che è difficile guardare dentro. Auto-indagine significa costantemente domandarsi e invertire questo processo di estroversione cercando l’origine della nostra consapevolezza ed energia nel cuore.
Una vera Auto-indagine non è semplicemente mettere in discussione la limitazione della nostra identità esterna, come la nostra famiglia, affiliazioni politiche e religiose – se si  è una moglie, un padre, un Cristiano, un Hindu o un ateo. Essa mette in discussione la nostra intera identità, non si ferma ad un'entità generale come essere umano, cosmico o spirituale ma rifiuta qualsiasi formazione di pensiero come nostra vera natura. Essa ci riporta indietro al puro "Io" che non è identificato con nessuna forma di oggettività, fisica o mentale.
Il vero Sé non è solo oltre le distinzioni umane, è oltre tutte le divisioni di tempo e spazio, nome e forma, nascita e morte. É oltre tutte le esperienze perché è lo sperimentatore o l'osservatore di tutto. L'Auto-indagine ci conduce in definitiva all'Assoluto in cui il mondo fenomenico diviene niente più di un miraggio della mente e dei sensi. Essa va ben oltre la scoperta di un più  grande sé, o di qualsiasi potenziale umano o creativo, è oltre tutte le definizioni. Nel processo noi espandiamo il nostro senso del sé fino ad includere l'intero universo e tutte le sue multiformi creature.

Forse l'approccio più facile all'Auto-indagine è ciò che viene chiamata 'discriminazione tra il veggente ed il visto'. Questo approccio può essere evidenziato in pochi semplici passi.
Primo, si discrimina il veggente dagli oggetti esterni nel proprio ambiente, che cambia costantemente mentre il veggente rimane lo stesso. Per esempio, l'occhio non è reso impuro dalle imperfezioni negli oggetti che vede.
Secondo, si discrimina il veggente dagli organi di senso. Ci sono diversi sensi e ciascuno varia in acutezza, ma il veggente dei sensi è costante e non alterato dalle loro fluttuazioni. Per esempio, la mente può testimoniare le imperfezioni nell'occhio, come mancanza di acutezza o vista sfuocata.
Terzo, si discrimina tra il veggente e gli stati mentali. I pensieri e le sensazioni cambiano continuamente ma il veggente, se guardiamo profondamente, rimane lo stesso. Per esempio, il veggente della rabbia non cessa di essere quando la rabbia se ne va.
Quarto, si discrimina tra il veggente e l'ego, tra il puro Io e l'io identificato con il corpo, le emozioni o il pensiero. Allora il puro Sé privo di associazioni esterne può risplendere. Per esempio, possiamo testimoniare stati del nostro ego come orgoglio e sconforto, proprio come possiamo osservare sensazioni o emozioni mutevoli.
Quinto, si dimora nel puro Sé privi di oggettività, lasciando tutti i contenuti della mente venire ed andare come onde e bolle sul mare.
É consigliabile fare questo processo per gradi, dando ad ogni stadio il suo tempo. Tutto è contenuto nel quinto stadio del dimorare come il veggente. Quando ritorniamo allo stadio del veggente, tutto  ciò che vediamo si fonde nella luce del vedere, rivelando la sua natura come pura consapevolezza.


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