Auto-Indagine e la
sua Pratica
da Vedantic Meditation di David
Frawley
La pratica di Auto-Indagine,
chiamata Atma-Vichara in Sanscrito, è la più importante pratica di meditazione
nella tradizione Vedantica. E’ la pratica principale dello yoga della
conoscenza (Jnana Yoga), ritenuto tradizionalmente la più alta forma di yoga
perché conduce più direttamente alla liberazione.
L’Auto-Indagine è il metodo
primario attraverso il quale l’Auto-realizzazione – la realizzazione della nostra
vera natura – è raggiunta.
L’Auto-Indagine è conosciuta oggi principalmente attraverso l’insegnamento di Ramana Maharshi (1878-1950), che rese questo approccio accessibile al pubblico generale, offrendolo ad ogni individuo in grado di ricevere l’insegnamento. Tradizionalmente, l’Auto-Indagine era riservata soprattutto ai monaci (Swami) che avevano rinunciato al mondo. Una forte tradizione di Auto-Indagine persiste negli ordini Swami in India ancora oggi, particolarmente nel sud del paese.
L’Auto-Indagine è conosciuta oggi principalmente attraverso l’insegnamento di Ramana Maharshi (1878-1950), che rese questo approccio accessibile al pubblico generale, offrendolo ad ogni individuo in grado di ricevere l’insegnamento. Tradizionalmente, l’Auto-Indagine era riservata soprattutto ai monaci (Swami) che avevano rinunciato al mondo. Una forte tradizione di Auto-Indagine persiste negli ordini Swami in India ancora oggi, particolarmente nel sud del paese.
Ciò nonostante l’Auto-Indagine in
una forma o un’altra può essere d’aiuto a tutte le persone in tutti i periodi
della vita, come parte della ricerca individuale dell’Auto-realizzazione. Noi
tutto vogliamo conoscere noi stessi e rivelare durante la nostra esistenza il
più profondo potenziale. Questo richiede la comprensione di noi stessi su tutti
i livelli di corpo, mente e spirito, in modo particolare il più profondo
livello del cuore.
TECNICA DI AUTO-INDAGINE
Poiché l’insegnamento
dell’Auto-indagine è diretto e semplice, la sua letteratura non è così estesa
come quelle di altre pratiche yoga, inoltre, il sentiero di Auto-indagine
richiede una certa maturità o prontezza di mente, uno sviluppo non richiesto da
altre pratiche.
Il processo di Auto-indagine è così
semplice che può essere spiegato in poche parole. Per praticare c’è solo
bisogno di tracciare la radice dei pensieri alla loro origine, al pensiero-Io,
da cui tutti gli altri pensieri sorgono. Ciò si inizia con la domanda “Chi sono
Io?”. Chiedendosi “Chi sono Io?” la nostra corrente del pensiero viene
focalizzata sulla ricerca del vero Sé e noi dimentichiamo tutte le faccende e
le preoccupazioni della mente.
Tutti i nostri pensieri sono
basati direttamente o indirettamente sul pensiero del sé. Pensieri come “Dove
sto andando?” o “Cosa farò domani?” sono basati direttamente sul sé. Pensieri
come “Cosa succederà alla mia famiglia?” o “Chi vincerà le prossime elezioni?”
sono basati indirettamente sul pensiero del sé perché si riferiscono
in definitiva alle nostre stesse preoccupazioni.
I nostri pensieri consistono di
due componenti. Il primo è un fattore soggettivo io, me o mio. Il secondo è un
fattore oggettivo, uno stato, condizione o oggetto con cui l’io è coinvolto, in
modo particolare le attività del nostro corpo e della nostra mente. L’abitudine
della mente è quella di essere catturata dagli oggetti, di non guardare mai
all’interno per riconoscere il vero Sé separatamente dalle faccende esterne.
Il risultato è che il puro Io o
l’Io in Sé stesso ci è sconosciuto. Ciò che noi chiamiamo “noi stessi” non è
altro che un conglomerato di “Io sono questo” o “questo è mio”, in cui il
soggetto è confuso con un oggetto, una qualità o una condizione.
L’Auto-indagine consiste nel
rinunciare all’oggetto al fine di scoprire il puro Soggetto. Ciò richiede il
ritirare l’attenzione dagli oggetti di sensazione, emozione e pensiero
discriminando questi dal Sé senza forma o il veggente che li osserva.
La verità è che non conosciamo chi
siamo realmente. Ciò che chiamiamo il nostro Sé non è altro che pensiero,
emozione o sensazione con cui siamo temporaneamente identificati e che cambia
costantemente. Le nostre vite sono avvolte da ignoranza riguardo la nostra vera
natura, derivante dalle più basiche sensazioni che abbiamo, in modo particolare
la nostra identità corporea. Ma noi non siamo il corpo. Piuttosto, il corpo è
un veicolo o un vestito in cui il nostro vero Sé è oscurato. Fino a che non mettiamo
in discussione questo processo di auto-identificazione dobbiamo cadere nel dolore e rimanere nell’oscurità
e nella confusione.
L’Auto-indagine non consiste nel
ripetere mentalmente e continuamente la domanda “Chi sono
io?”, che è solo un faticoso esercizio mentale. Significa mantenere la ricerca
del vero Sé in tutto ciò che si fa. Richiede di avere un reale e fondamentale
dubbio su chi siamo, attraverso il quale possiamo rifiutare tutte le
identificazioni esterne. E’ come se una persona colpita da amnesia non ricorda
chi è e deve dare piena attenzione a questo fatto prima di fare qualsiasi altra
cosa.
L’Auto-indagine, comunque non è
solamente un’indagine intellettuale o psicologica ma una ricerca compiuta con
la propria intera energia ed attenzione. Richiede una piena concentrazione, non
interrotta dall’intrusione di altri pensieri. La corrente del pensiero
naturalmente si muove naturalmente indietro al Sé nella misura in cui noi non
preoccupiamo le nostre menti con stimolazioni dall’esterno. Il problema è che i
sensi ci offrono così tante distrazioni che è difficile guardare dentro.
Auto-indagine significa costantemente domandarsi e invertire questo processo di
estroversione cercando l’origine della nostra consapevolezza ed energia nel
cuore.
Una vera Auto-indagine non è
semplicemente mettere in discussione la limitazione della nostra identità
esterna, come la nostra famiglia, affiliazioni politiche e religiose – se
si è una moglie, un padre, un Cristiano,
un Hindu o un ateo. Essa mette in discussione la nostra intera identità, non si
ferma ad un'entità generale come essere umano, cosmico o spirituale ma rifiuta
qualsiasi formazione di pensiero come nostra vera natura. Essa ci riporta
indietro al puro "Io" che non è identificato con nessuna forma di
oggettività, fisica o mentale.
Il vero Sé non è solo oltre le
distinzioni umane, è oltre tutte le divisioni di tempo e spazio, nome e forma,
nascita e morte. É oltre tutte le esperienze perché è lo sperimentatore o
l'osservatore di tutto. L'Auto-indagine ci conduce in definitiva all'Assoluto
in cui il mondo fenomenico diviene niente più di un miraggio della mente e dei
sensi. Essa va ben oltre la scoperta di un più
grande sé, o di qualsiasi potenziale umano o creativo, è oltre tutte le definizioni.
Nel processo noi espandiamo il nostro senso del sé fino ad includere l'intero
universo e tutte le sue multiformi creature.
Forse l'approccio più facile
all'Auto-indagine è ciò che viene chiamata 'discriminazione tra il veggente ed
il visto'. Questo approccio può essere evidenziato in pochi semplici passi.
Primo, si discrimina il veggente
dagli oggetti esterni nel proprio ambiente, che cambia costantemente mentre il
veggente rimane lo stesso. Per esempio, l'occhio non è reso impuro dalle
imperfezioni negli oggetti che vede.
Secondo, si discrimina il veggente
dagli organi di senso. Ci sono diversi sensi e ciascuno varia in acutezza, ma
il veggente dei sensi è costante e non alterato dalle loro fluttuazioni. Per
esempio, la mente può testimoniare le imperfezioni nell'occhio, come mancanza
di acutezza o vista sfuocata.
Terzo, si discrimina tra il
veggente e gli stati mentali. I pensieri e le sensazioni cambiano continuamente
ma il veggente, se guardiamo profondamente, rimane lo stesso. Per esempio, il
veggente della rabbia non cessa di essere quando la rabbia se ne va.
Quarto, si discrimina tra il
veggente e l'ego, tra il puro Io e l'io identificato con il corpo, le emozioni
o il pensiero. Allora il puro Sé privo di associazioni esterne può risplendere.
Per esempio, possiamo testimoniare stati del nostro ego come orgoglio e
sconforto, proprio come possiamo osservare sensazioni o emozioni mutevoli.
Quinto, si dimora nel puro Sé privi
di oggettività, lasciando tutti i contenuti della mente venire ed andare come
onde e bolle sul mare.
É consigliabile fare questo
processo per gradi, dando ad ogni stadio il suo tempo. Tutto è contenuto nel
quinto stadio del dimorare come il veggente. Quando ritorniamo allo stadio del
veggente, tutto ciò che vediamo si fonde
nella luce del vedere, rivelando la sua natura come pura consapevolezza.
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