Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

sabato 4 ottobre 2014

Il percettore e il percepito sono entrambi irreali


Michael James



In un commento che ha scritto in uno dei miei recenti articoli, ‘What should we believe?’, un amico chiamato Venkat ha chiesto:
Bhagavan disse che ajata vada, nella sua esperienza, è la verità suprema. Egli disse anche che eka jiva vada (drsti srsti vada) è la ‘più vicina’ ad ajata vada.
In che modo Bhagavan vedeva questi due come differenti, poiché eka jiva vada dice che non c’è creazione esistente, ma è solo la percezione di essa (cioè è un sogno)?

A ciò ho risposto in un altro commento:
Venkat, dovresti essere in grado di comprendere la risposta alla tua domanda leggendo il mio ultimo articolo,  ‘Metaphysical solipsism, idealism and creation theories in the teachings of Sri Ramana,’ così darò qui solo una breve risposta.

Secondo ēka-jīva-vāda e dṛṣṭi-sṛṣṭi-vāda, c’è un ego o jīva che percepisce questo mondo, che non esiste eccetto che nella visione (la percezione o l’esperienza) di quell’ego. Quindi ciò che causa l’apparenza della creazione (sṛṣṭi) è solo la percezione (dṛṣṭi) dell’ego.

Il sorgere o l’apparenza di questo ego e conseguentemente del mondo è  jāta (la nascita o l’avere origine) che è esplicitamente negato da ajāta-vāda. Cioè, ēka-jīva-vāda e dṛṣṭi-sṛṣṭi-vāda accettano l’apparenza dell’ego e del mondo (sebbene essi negano che la loro apparenza è reale), mentre ajāta-vāda nega anche la loro apparenza.

Ciò su cui ēka-jīva-vāda and dṛṣṭi-sṛṣṭi-vāda da una parte e ajāta-vāda dall’altra parte concordano è che l’ego e il mondo non esistono realmente, ma mentre ēka-jīva-vāda e dṛṣṭi-sṛṣṭi-vāda accettano che l’ego e il mondo almeno sembrano esistere e sono quindi una falsa apparenza (vivarta), ajāta-vāda nega anche la loro apparente esistenza. Questo è il motivo per cui Bhagavan faceva una distinzione tra dṛṣṭi-sṛṣṭi-vāda e ajāta-vāda.

Ciò che hai erroneamente dato per scontato nella tua domanda è che ēka-jīva-vāda comporta che non c’è creazione ma solo percezione, laddove di fatto se qualsiasi cosa è percepita sembrerà aver avuto origine o essere stata creata. Ēka-jīva-vāda and dṛṣṭi-sṛṣṭi-vāda sono teorie complementari, perché ciascuna implica l’altra, e secondo dṛṣṭi-sṛṣṭi-vāda la creazione sembra esistere ma è solo una falsa apparenza. Quindi sebbene secondo questa coppia di teorie in definitiva non c’è creazione, esse accettano che sembra esserci un mondo che ha avuto origine, e dicono che esso è stato creato solo dalla percezione di esso da parte dell’ego, proprio come il mondo che vediamo in un sogno è creato solo dalla nostra percezione di esso.

Venkat ha risposto a questa mia risposta in un commento al mio articolo precedente, ‘Metaphysical solipsism, idealism and creation theories in the teachings of Sri Ramana’, in cui ha scritto:
Nella tua risposta alla mia domanda, hai detto che eka jiva vada postula l’apparenza di una creazione, sebbene è irreale, implicando che nell’ajata vada non c’è neppure l’apparenza di una creazione.
La domanda che sorge è che la percezione di me stesso e del mondo è chiaramente qui. Ma suppongo che tu abbia voluto dire che se uno cerca la sorgente dell’ ‘io’/ego, quello scomparirà e con esso il mondo. Ed è SOLO ALLORA che può essere sperimentato che non c’è neppure un mondo percepito.


Come Venkat osserva,  ci sembra che ‘la percezione di me stesso e del mondo è chiaramente qui’, ma questo non significa che me stesso (l’ego) o il mondo esistono realmente, o che essi realmente sono ciò che sembrano essere, perché quando scambiamo una corda per un serpente, il serpente sembra essere chiaramente lì, sebbene esso non esiste realmente e quindi non è ciò che sembra essere. Quando percepiamo noi stessi (l’ego) e il mondo, ciò che è realmente certo e solo che qualcosa esiste, sebbene quel qualcosa può non essere l’ego e il mondo che sembrano esistere.

Il qualcosa che esiste certamente è solo ‘io’, perché se qualcosa chiamato ‘io’ non esistesse realmente, non potrebbe essere consapevole di se stesso o di qualsiasi altra cosa. Comunque, sebbene questo ‘io’ ora sembra essere un ego (una persona chiamata Venkat, Michael o qualsiasi altro nome, che consiste di un corpo e una mente), esso può non essere ciò che sembra essere, di conseguenza abbiamo bisogno di investigare al fine di renderci conto di ciò che è realmente – cioè, di renderci conto di ‘chi sono io’.

Ciò che ora percepisce se stesso e il mondo è questo ego, che sembra esistere sempre nei suoi stati di veglia e di sogno, ma non in sonno, pertanto è qualcosa che sorge temporaneamente in essere (apparente) nella veglia e nel sogno e sprofonda nuovamente nel sonno. Ogni volta che esso sorge in essere, percepisce un mondo, e ogni volta che sprofonda anche la sua percezione del mondo sprofonda e cessa.

Fino a che sembra esserci un percettore (l’ego), sembra anche esserci un mondo che esso percepisce, così il percettore e il percepito sorgono in essere simultaneamente e sprofondano simultaneamente. Nell’assenza del percettore, niente è mai percepito, e nell’assenza di qualsiasi cosa percepita, non c’è mai un percettore.
Il percettore e il percepito sono quindi reciprocamente dipendenti.

Come Sri Ramana dice nel verso 25 di Uḷḷadu Nāpadu:
உருப்பற்றி யுண்டா முருப்பற்றி நிற்கு
முருப்பற்றி யுண்டுமிக வோங்கு முருவிட்
டுருப்பற்றுந் தேடினா லோட்டம் பிடிக்கு
முருவற்ற பேயகந்தை யோர்.

uruppa
ṯṟi yuṇḍā muruppaṯṟi niku
muruppa
ṯṟi yuṇḍumiha vōgu — muruvi
uruppaṯṟun tēiā lōṭṭam piikku
muruva
ṯṟa pēyahandai yōr.

பதச்சேதம்: உரு பற்றி உண்டாம்; உரு பற்றி நிற்கும்; உரு பற்றி உண்டு மிக ஓங்கும்; உரு விட்டு, உரு பற்றும்; தேடினால் ஓட்டம் பிடிக்கும், உரு அற்ற பேய் அகந்தை. ஓர்.

Padacchēdam (separazione delle parole): uru pa
ṯṟi uṇḍām; uru paṯṟi nikum; uru paṯṟi uṇḍu miha ōgum; uru viṭṭu, uru paṯṟum; tēiāl ōṭṭam piikkum, uru aṯṟa pēy ahandai. ōr.

அன்வயம்: உரு அற்ற பேய் அகந்தை உரு பற்றி உண்டாம்; உரு பற்றி நிற்கும்; உரு பற்றி உண்டு மிக ஓங்கும்; உரு விட்டு, உரு பற்றும்; தேடினால் ஓட்டம் பிடிக்கும். ஓர்.

Anvayam (parole disposte in ordine di prosa naturale): uru a
ṯṟa pēy ahandai uru paṯṟi uṇḍām; uru paṯṟi nikum; uru paṯṟi uṇḍu miha ōgum; uru viṭṭu, uru paṯṟum; tēiāl ōṭṭam piikkum. ōr.

Traduzione: Afferrando la forma, l’ego-fantasma senza forma sorge in essere; afferrando la forma esso si regge; afferrando e nutrendosi di forma esso cresce con abbondanza; lasciando [una] forma, esso afferra [un’altra] forma. Se cercato [esaminato o investigato], esso fuggirà. Investiga [o conosci] questo.


Cioè, l’ego (il percettore) sorge in essere, permane ed è nutrito solo dall’aggrapparsi alle forme (cioè, le cose che esso percepisce). Comunque, secondo Sri Ramana qualsiasi cosa esso percepisce non esiste in sua assenza, così prima che esso sorga non c’è forma a cui esso si possa aggrappare, e quindi quando esso sorge proietta simultaneamente le forme a cui si aggrappa.

Quindi l’apparente esistenza del percepito dipende sull’apparente esistenza del percettore, di modo che il percepito esiste realmente solo se esiste realmente il percettore. Così questo percettore, l’ego, esiste realmente? Esso sembra sorgere in esistenza e permanere solo sperimentando il percepito, in modo che per tutto il tempo della sua apparente esistenza non sperimenta mai se stesso solamente, in completo isolamento da ogni altra cosa da esso percepita.

Dal momento che esso non può sorgere o permanere senza sperimentare qualche forma o altro (cioè, qualcosa diverso da se stesso), se esso cerca di sperimentare se stesso solamente, in completo isolamento da ogni altra cosa, esso sprofonderà e perderà la sua apparente esistenza. Questo è il motivo per cui Sri Ramana dice in questo verso:  ‘தேடினால் ஓட்டம் பிடிக்கும்’ (iāl ōṭṭam piikkum), ‘Se cercato, esso fuggirà’. Cioè, l’ego sembra esistere solo fino a che sperimenta qualsiasi cosa diversa da ‘io’, così se cerca di sperimentare solo ‘io’ (se stesso), esso ‘fuggirà’ – cioè, sprofonderà e cesserà di esistere anche apparentemente.

Come Sri Ramana dice nel verso 17 dell’ Upadēśa Undiyār:

மனத்தி னுருவை மறவா துசாவ
மனமென வொன்றிலை யுந்தீபற
      மார்க்கநே ரார்க்குமி துந்தீபற.

maatti uruvai maavā dusāva
ma
amea voṉḏṟilai yundīpaa
      mārgganē rārkkumi dundīpa
a.

பதச்சேதம்: மனத்தின் உருவை மறவாது உசாவ, மனம் என ஒன்று இலை. மார்க்கம் நேர் ஆர்க்கும் இது.

Padacchēdam (separazione delle parole): ma
atti uruvai maavādu usāva, maam ea oṉḏṟu ilai. mārggam nēr ārkkum idu.

Traduzione: Quando [uno] investiga la forma della mente senza dimenticare, non esiste qualcosa chiamata ‘mente’. Per tutti questo è il sentiero diretto [retto, opportuno, corretto o vero].
Quando scambiamo una corda per un serpente, il serpente non esiste realmente, sebbene esso sembra esistere, e sembra esistere fino a che non lo guardiamo attentamente per vedere cos’è realmente. Nello stesso modo, l’ego (di cui la mente è solo una forma espansa) non esiste realmente, sebbene esso sembra esistere, e sembra esistere fino a che non lo guardiamo attentamente per vedere cos’è realmente.

Quando guardiamo attentamente il serpente, vedremo che ciò che stavamo vedendo non è mai stato realmente un serpente ma sempre solo una corda. Il serpente non è mai realmente esistito anche quando sembrava esistere. Nello stesso modo, quando guardiamo attentamente l’ego, vedremo che ciò che stavamo sperimentando come ‘io’ non è mai stato realmente un ego ma sempre solo il nostro infinito sé reale.  L’ego non è mai realmente esistito anche quando sembrava esistere.

Dal momento che il mondo è percepito solo dall’ego, la sua apparente esistenza dipende interamente dall’apparente esistenza dell’ego, così se l’ego non esiste realmente, anche qualsiasi mondo esso sembra percepire non esiste realmente. Quindi, poiché l’ego sembra esistere solo quando confondiamo noi stessi come una forma (qualcos’altro che il puro ‘io’ che siamo realmente), quando  sperimentiamo noi stessi come siamo realmente, l’ego non sembrerà esistere, e quindi nessun mondo sembrerà esistere.  

Quando guardiamo attentamente un serpente illusorio e quindi riconosciamo che è realmente solo una corda, possiamo almeno dire che prima che riconoscessimo ciò che è realmente, il serpente sembrava esistere, ma nel caso dell’ego e del mondo, non saremo in grado di dire neppure questo. Perché essi sembrano esistere solo nella visione dell’ego, che non esiste realmente. Cioè, poiché secondo Sri Ramana il nostro sé reale (il nostro puro ‘io’ senza attributi) mai sperimenta qualcosa diverso da se stesso, nella sua visione l’ego e il mondo mai neppure sono sembrati esistere, così non sarebbe vero dire che quando sperimentiamo noi stessi come siamo realmente, riconosciamo che l’ego e il mondo solo sembravano esistere ma erano realmente solo false apparenze.

Questo è il motivo per cui la suprema verità (paramārtha) non è che l’ego e il mondo sono solo false apparenze, ma solo che essi non sono mai neppure sembrati esistere. Questa suprema verità è chiamata ajāta: ‘non-nato’, ‘non-generato’, ‘non-sorto’, ‘non-originato’ o ‘non-accaduto’. Quindi secondo l’ajāta vāda o ajāta siddhānta (l’argomento o conclusione che niente ha mai avuto origine) l’ego e il mondo sono assolutamente non-esistenti e non sono mai neppure sembrati esistere.

Sebbene Sri Ramana ci ha detto che questa fu la sua esperienza, egli ci ha insegnato che fino a quando sperimentiamo noi stessi come un ego e conseguentemente percepiamo il mondo come se fosse qualcosa di diverso da noi stessi, le teorie che sono più vicine alla suprema verità mentre ancora si conformano con ciò che ora sembriamo sperimentare, e che quindi ci saranno più utili  nel nostro tentativo di sperimentare ciò che è reale,  sono ēka-jīva-vāda (l’argomento che c’è solo un ego o jīva), vivarta vāda (l’argomento che l’ego e il mondo sono false apparenze) e dṛṣṭi-sṛṣṭi-vāda (l’argomento che la percezione del mondo da parte dell’ego è ciò che crea la sua apparenza e apparente esistenza).

Questo è il motivo per cui Sri Muruganar scrisse nel verso 83 di Guru Vācaka Kōvai (che ho citato verso la fine del mio articolo precedente, ‘Metaphysical solipsism, idealism and creation theories in the teachings of Sri Ramana) che Sri Ramana accantonò o escluse tutte le altre teorie e conclusioni e insegnò che solo vivarta vāda è vera. Le altre teorie che egli accantonò o escluse comprendono sia ajāta vāda sia tutte le molte forme di sṛṣṭi-dṛṣṭi-vāda (la teoria che la creazione del mondo precedette la percezione di esso, o in altre parole, che il mondo esiste indipendentemente dalla nostra esperienza di esso). Poiché vivarta vāda e dṛṣṭi-sṛṣṭi-vāda sono essenzialmente la stessa teoria descritta in due modi differenti, e poiché questa teoria comporta ēka-jīva-vāda, quando Sri Muruganar scrisse che Sri Ramana insegnò che solo vivarta vāda è vera, voleva dire chiaramente che egli insegnò che sia  ēka-jīva-vāda sia dṛṣṭi-sṛṣṭi-vāda sono anche vere.

Se accettiamo che questa serie di teorie, ēka-jīva-vāda, vivarta vāda and dṛṣṭi-sṛṣṭi-vāda, sono vere, ci dovrebbe essere ovvio che il solo modo in cui possiamo sperimentare ciò che è veramente reale non è investigare o compiere qualsiasi genere di ricerca sul mondo o su qualsiasi altra cosa che possiamo sperimentare, ma solo investigare ‘io’ – cioè, cercando di sperimentare ‘io’ solamente, in completo isolamento da qualsiasi altra cosa (includendo non solo qualsiasi cosa che sembra essere diversa da ‘io’ ma anche qualsiasi cosa che ora confondiamo come ‘io, come il corpo e la mente).

Fino a che sperimentiamo l’ego e il mondo, sarebbe assurdo fingere con noi stessi di credere che queste cose non sembrano neppure esistere. Possiamo credere che non esistono realmente, e che la loro apparente esistenza è quindi una falsa apparenza, ma come possiamo credere che non sembrano neppure esistere quando la loro esistenza apparente ci è così ovvia? Quindi se siamo sinceri nel nostro desiderio di sperimentare ciò che è veramente reale, dobbiamo per il momento accantonare ajāta vāda, sebbene sia la massima verità, e dobbiamo invece accettare che per tutte le decisioni pratiche solo ēka-jīva-vāda, vivarta vāda e dṛṣṭi-sṛṣṭi-vāda sono vere.


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