Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

sabato 20 dicembre 2014

Il mondo esiste indipendentemente dalla nostra esperienza di esso?

Michael James 

19 Dicembre 2014
http://happinessofbeing.blogspot.it/2014/12/does-world-exist-independent-of-our.html



Un amico mi ha scritto qualche mese fa citando un passaggio dalla sezione 616 di Discorsi con Sri Ramana Maharshi in cui Sri Ramana dice: ‘ahankara (l’ego) si leva in alto rapidamente come un razzo e istantaneamente si espande come l’universo’ (che parafrasa l’insegnamento che diede ancora più chiaramente ed enfaticamente nel verso 26 di Uḷḷadu Nāṟpadu: ‘அகந்தை உண்டாயின், அனைத்தும் உண்டாகும்; அகந்தை இன்றேல், இன்று அனைத்தும். அகந்தையே யாவும் ஆம். […]’ (ahandai uṇḍāyiṉ, aṉaittum uṇḍāhum; ahandai iṉḏṟēl, iṉḏṟu aṉaittum. ahandai-y-ē yāvum ām), che significa ‘Se l’ego ha origine, ogni cosa ha origine. Se l’ego non esiste, ogni cosa non esiste. L’ego è ogni cosa. […]’). Sembra che il mio amico ha difficoltà ad accettare questo insegnamento, perché dopo  aver citato questo passaggio dai Discorsi ha scritto:

Di cosa sta parlando???... E’ così tanto un nonsenso la conoscenza conquistata duramente della fisica e dell’evoluzione dell’universo?
Questo è coerente, certamente, se credi che ogni cosa è un sogno e tu ti sei appena svegliato da un buon sonno e hai creato l’universo.
Ho paura che tale misticismo sia al di la di me… e non intendo mancare di rispetto a Bhagavan Ramana.

Ciò che segue è adattato dalla risposta che gli ho scritto:

Ciò che chiami ‘la conoscenza conquistata duramente della fisica e dell’evoluzione dell’universo’ consiste di osservazioni e teorie (convinzioni) sviluppate dalla mente umana per spiegare quelle osservazioni  nei termini di altre teorie o convinzioni sostenute correntemente. In altre parole, è una raccolta di convinzioni che sono basate su una certa interpretazione di ciò che è stato osservato.

Comunque, i filosofi della scienza hanno da lungo tempo riconosciuto che le stesse osservazioni possono essere interpretate in modi differenti, così un numero di teorie del tutto differenti possono spiegare gli stessi fenomeni (osservazioni) ugualmente bene. Quindi le teorie che sono attualmente accettate dalla comunità scientifica sono arbitrarie, e potrebbero (almeno in teoria) essere rimpiazzate da una serie di teorie completamente differenti che spiegherebbero gli stessi fenomeni  ugualmente bene.

Inoltre, le teorie che furono accettate dall’intera comunità scientifica nel passato furono successivamente discreditate da nuove osservazioni, e quindi sono state rimpiazzate da nuove teorie che in quel momento sono sembrate più soddisfacenti. Questo è ciò che i filosofi della scienza chiamano ‘il problema del cambiamento di teoria’. Poiché le teorie passate sono state ora rimpiazzate da nuove teorie, possiamo essere ragionevolmente sicuri che le attuali teorie prima o poi saranno rimpiazzate da altre. Questa  è l’incerta natura della scienza, e ciò dovrebbe spingerci a diffidare del termine ‘conoscenza scientifica’ (e da ogni affermazione che qualcosa è stato ‘provato dalla scienza’).
Ciò che è chiamata ‘conoscenza scientifica’ è in costante cambiamento e non è mai certa.

Ancora più importante è il fatto che tutte le scienze oggettive sono basate su un presupposto metafisico che non hanno mezzi per verificare o per falsificare, vale a dire il presupposto che alcune cose che sono sperimentate esistono indipendenti dallo sperimentatore. Noi percepiamo ciò che sembra essere un mondo esterno, e presumiamo che quel mondo esista indipendentemente dalla nostra percezione di esso (proprio come in un sogno percepiamo ciò che sembra essere un mondo esterno, che in quel momento presumiamo esistere indipendentemente dalla nostra percezione di esso), ma ciò che stiamo realmente percependo non è un mondo esterno come tale ma solo una serie di immagini di percezione che si sono formate nella nostra mente.

Per esempio, quando vediamo un albero, ciò che stiamo realmente vedendo è un’immagine mentale di un albero. Se quella immagine mentale di un albero è causata in qualche modo da qualcosa che esiste esternamente alla nostra mente o no (e se sì, in quale misura), è qualcosa che la nostra mente non ha i mezzi per sapere. Comunque, nonostante questa fondamentale incertezza riguardo tutto ciò che sembriamo sperimentare, la scienza è basata sul presupposto arbitrario che le nostre esperienze di percezione sono in qualche modo causate da cose che esistono indipendentemente dalla nostra esperienza di esse.

Le persone che chiami ‘mistici’ non solo hanno ripudiato l’idea che esiste un mondo indipendente dalla mente, ma i filosofi per lungo tempo sono stati preoccupati  dal problema di scoprire qualche modo di provare l’esistenza di un tale mondo. Reagendo allo scetticismo del mondo esterno espresso da Hume e altri, Kant notoriamente scrisse (in una nota a piè pagina alla sua prefazione alla seconda edizione della sua Critique of Pure Reason) che è ‘uno scandalo per la filosofia e per la ragione umana in generale che l’esistenza di cose esterne a noi […] debba essere accettata meramente per fede, e che se qualcuno pensa bene di dubitare della loro esistenza, non siamo in grado di replicare ai suoi dubbi con una prova soddisfacente’, e nonostante gli sforzi di molti filosofi, nessuno di essi è mai riuscito a trovare una qualche prova conclusiva  che qualcosa esiste al di fuori dalla nostra mente. Come Hume scrisse (nel capitolo finale del suo Enquiry Concerning Human Understanding:

Da quale argomento può essere provato, che le percezioni della mente devono essere causate da oggetti esterni, completamente differenti da esse, benché somiglianti (se questo sia possibile) e non potrebbero sorgere dall’energia della stessa mente, o dalla suggestione di qualche spirito invisibile e sconosciuto, o per qualche altra causa ancora più sconosciuta? E’ riconosciuto, che, di fatto, molte di queste percezioni sorgono non da qualcosa di esterno, come nel sogno, nella follia, e in altre malattie. E niente può essere più inesplicabile del modo, in cui il corpo dovrebbe così operare sulla mente per trasmettere un’immagine di se stesso a una sostanza, creduta di una natura così differente, e addirittura contraria. E’ una questione di fatto, se le percezioni dei sensi siano prodotte da oggetti esterni, assomigliando a essi: come sarà risolta questa domanda? Sicuramente dall’esperienza; come tutte le altre domande di uguale natura. Ma qui l’esperienza è, e deve essere completamente silente. La mente non ha qualcosa da offrire  se non le percezioni, e non può assolutamente giungere a qualche esperienza della loro connessione con gli oggetti. La supposizione di una tale connessione è, quindi, senza alcuna base di ragionamento.

Hume non era un mistico, ma sulla base del ragionamento semplice e lineare fu in grado di riconoscere ciò che dovrebbe essere un fatto ovvio, vale a dire che non abbiamo una prova adeguata che qualche oggetto esterno esista realmente, né possiamo dedurre logicamente la sua esistenza con la nostra esperienza. Quindi abbiamo molte buone ragioni per essere scettici riguardo l’esistenza presunta di un mondo esterno, e se siamo saggi e cauti in ciò che scegliamo di credere, non dovremmo basare le nostre convinzioni metafisiche sul dubbioso presupposto che un tale mondo esiste realmente. O anche se scegliamo di credere nell’esistenza di un mondo esterno, dovremmo sostenere quella convinzione solo in modo molto sperimentale, e dovremmo riconoscere che potrebbe essere sbagliata.

Nonostante la mancanza di una qualche reale prova per supportare la supposizione comune che c’è un mondo esterno che causa le nostre percezioni, la scienza suppone che un tale mondo esiste, e tutte le sue teorie sono basate sulla convinzione che questa supposizione è vera. Comunque, come Hume giustamente sottolinea, questa supposizione non ha basi nella nostra esperienza o nel ragionamento. E’ solo una supposizione, e una supposizione molto incerta, sebbene sia il fondamento su cui l’intero edificio della scienza è costruito.

Quindi, poiché la scienza è basata su una cieca convinzione in un dubbio presupposto metafisico, non dovremmo confidare in essa considerando questioni metafisiche.  Un’eccessiva fiducia sulla scienza, e particolarmente confidare in essa in domini sui quali non ha legittima giurisdizione (come la metafisica e l’epistemologia), è ciò che è chiamato nella moderna filosofia con il nome sprezzante di ‘scientismo’. La scienza è molto utile nella propria sfera, ma non può rispondere a domande definitive su ciò che è realtà e ciò che è solo apparenza, ciò che è vera conoscenza e ciò che è solo convinzione, e più importante di tutto, ciò che io sono.

La scienza è oggettiva per auto-ammissione, così essa limita lo scopo della sua ricerca ai fenomeni oggettivi, e quindi è essenzialmente un’investigazione sulle apparenze (che è ciò che la parola ‘fenomeni’ significa realmente), e non può dire con un adeguato grado di certezza se le apparenze che investiga sono reali o solo illusorie. Ciò che sperimenta tutti i fenomeni oggettivi è solo ‘io’, ma poiché ‘io’ non è oggettivo, la scienza non può e non potrà investigarlo.

Mentre la scienza investiga solo i fenomeni che sono sperimentati da ‘io’, Sri Ramana investigò lo stesso ‘io’, e dalla sua investigazione scoprì come ‘io’ giunge a sperimentare i fenomeni. Cioè, egli scoprì che ‘io’ crea all’interno di sé tutti i fenomeni che sperimenta nello stato di veglia, come fa nel caso di tutti i fenomeni che sperimenta in un sogno, e che simultaneamente sperimenta se stesso come se fosse uno di questi fenomeni, vale a dire un corpo.

 L’investigazione fatta da Sri Ramana fu più razionale e realmente scientifica che qualsiasi investigazione fatta dalla scienza, perché l’investigazione fatta dalla scienza è basata sul presupposto che i fenomeni sono reali (o almeno non interamente illusori), mentre Sri Ramana non partiva dal presupposto che tutti i fenomeni sono reali, e dubitò anche della realtà dell’ ‘io’ che sperimenta tutti i fenomeni. Cioè, quando egli intraprese la sua auto-investigazione dopo essere stato sopraffatto da un’intensa paura della morte, ciò che cercò di scoprire fu se l’ ‘io’ sarebbe rimasto dopo che il corpo fosse morto, e ciò che scoprì come risultato della sua investigazione fu  che ciò che ‘io’ è realmente è solo l’unica eterna e infinita realtà, che trascende ed è intoccata dall’apparenza di ogni dualità, molteplicità o alterità.

Comunque, benché Sri Ramana indicò con parole ciò che scoprì dalla sua auto-investigazione, rese chiaro che non è sufficiente che solo crediamo in lui, perché ogni credo è solo un fenomeno mentale fragile, infondato e non affidabile, così insistette che ognuno di noi avrebbe dovuto investigare ‘io’ e scoprire da se stesso ciò che lui aveva scoperto.

Poiché domande metafisiche come ‘cos’è reale?’, ‘cos’è l’apparenza?’ o ‘cosa sono io?’ non possono avere una risposta conclusiva dalla scienza o dalla filosofia, la sola speranza che abbiamo di trovare per esse una risposta conclusiva è investigare l’ ‘io’ che sperimenta ogni altra cosa. 

Questo mondo esiste quando non lo percepiamo, o sembra esistere solo perché creo nella mia mente un’esperienza di percezione di esso? Al momento non conosciamo con certezza le risposte corrette a tali domande, e non abbiamo speranza di conoscerle fino a che non conosciamo correttamente ciò che io stesso sono.  Quindi, prima di occuparci di qualsiasi altra domanda, dovremmo investigare noi stessi per scoprire da noi stessi e per nostra esperienza una risposta conclusiva alla domanda ‘chi (o cosa) sono io?’

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