19 Dicembre 2014
http://happinessofbeing.blogspot.it/2014/12/does-world-exist-independent-of-our.html
Un amico mi ha scritto qualche mese fa citando un passaggio dalla sezione 616 di Discorsi con Sri Ramana Maharshi in cui Sri Ramana dice: ‘ahankara (l’ego) si leva in alto rapidamente come un razzo e istantaneamente si espande come l’universo’ (che parafrasa l’insegnamento che diede ancora più chiaramente ed enfaticamente nel verso 26 di Uḷḷadu Nāṟpadu: ‘அகந்தை உண்டாயின், அனைத்தும் உண்டாகும்; அகந்தை இன்றேல், இன்று அனைத்தும். அகந்தையே யாவும் ஆம். […]’ (ahandai uṇḍāyiṉ, aṉaittum uṇḍāhum; ahandai iṉḏṟēl, iṉḏṟu aṉaittum. ahandai-y-ē yāvum ām), che significa ‘Se l’ego ha origine, ogni cosa ha origine. Se l’ego non esiste, ogni cosa non esiste. L’ego è ogni cosa. […]’). Sembra che il mio amico ha difficoltà ad accettare questo insegnamento, perché dopo aver citato questo passaggio dai Discorsi ha scritto:
Di cosa sta parlando???... E’ così tanto un nonsenso la
conoscenza conquistata duramente della fisica e dell’evoluzione dell’universo?
Questo è coerente, certamente, se credi che ogni cosa è un sogno e tu ti sei appena svegliato da un buon sonno e hai creato l’universo.
Ho paura che tale misticismo sia al di la di me… e non intendo mancare di rispetto a Bhagavan Ramana.
Questo è coerente, certamente, se credi che ogni cosa è un sogno e tu ti sei appena svegliato da un buon sonno e hai creato l’universo.
Ho paura che tale misticismo sia al di la di me… e non intendo mancare di rispetto a Bhagavan Ramana.
Ciò che segue è adattato dalla risposta che gli ho scritto:
Ciò che chiami ‘la conoscenza conquistata duramente della
fisica e dell’evoluzione dell’universo’ consiste di osservazioni e teorie (convinzioni)
sviluppate dalla mente umana per spiegare quelle osservazioni nei termini di altre teorie o convinzioni sostenute
correntemente. In altre parole, è una raccolta di convinzioni che sono basate
su una certa interpretazione di ciò che è stato osservato.
Comunque, i filosofi della scienza hanno da lungo tempo
riconosciuto che le stesse osservazioni possono essere interpretate in modi
differenti, così un numero di teorie del tutto differenti possono spiegare gli
stessi fenomeni (osservazioni) ugualmente bene. Quindi le teorie che sono
attualmente accettate dalla comunità scientifica sono arbitrarie, e potrebbero
(almeno in teoria) essere rimpiazzate da una serie di teorie completamente
differenti che spiegherebbero gli stessi fenomeni ugualmente bene.
Inoltre, le teorie che furono accettate dall’intera comunità
scientifica nel passato furono successivamente discreditate da nuove
osservazioni, e quindi sono state rimpiazzate da nuove teorie che in quel
momento sono sembrate più soddisfacenti. Questo è ciò che i filosofi della
scienza chiamano ‘il problema del cambiamento di teoria’. Poiché le teorie
passate sono state ora rimpiazzate da nuove teorie, possiamo essere
ragionevolmente sicuri che le attuali teorie prima o poi saranno rimpiazzate da
altre. Questa è l’incerta natura della
scienza, e ciò dovrebbe spingerci a diffidare del termine ‘conoscenza
scientifica’ (e da ogni affermazione che qualcosa è stato ‘provato dalla
scienza’).
Ciò che è chiamata ‘conoscenza scientifica’ è in costante cambiamento e non è
mai certa.
Ancora più importante è il fatto che tutte le scienze
oggettive sono basate su un presupposto metafisico che non hanno mezzi per
verificare o per falsificare, vale a dire il presupposto che alcune cose che
sono sperimentate esistono indipendenti dallo sperimentatore. Noi percepiamo
ciò che sembra essere un mondo esterno, e presumiamo che quel mondo esista
indipendentemente dalla nostra percezione di esso (proprio come in un sogno
percepiamo ciò che sembra essere un mondo esterno, che in quel momento
presumiamo esistere indipendentemente dalla nostra percezione di esso), ma ciò
che stiamo realmente percependo non è un mondo esterno come tale ma solo una
serie di immagini di percezione che si sono formate nella nostra mente.
Per esempio, quando vediamo un albero, ciò che stiamo
realmente vedendo è un’immagine mentale di un albero. Se quella immagine
mentale di un albero è causata in qualche modo da qualcosa che esiste
esternamente alla nostra mente o no (e se sì, in quale misura), è qualcosa che
la nostra mente non ha i mezzi per sapere. Comunque, nonostante questa
fondamentale incertezza riguardo tutto ciò che sembriamo sperimentare, la
scienza è basata sul presupposto arbitrario che le nostre esperienze di
percezione sono in qualche modo causate da cose che esistono indipendentemente
dalla nostra esperienza di esse.
Le persone che chiami ‘mistici’ non solo hanno ripudiato l’idea
che esiste un mondo indipendente dalla mente, ma i filosofi per
lungo tempo sono stati preoccupati dal problema di scoprire qualche modo di provare l’esistenza
di un tale mondo. Reagendo allo scetticismo del mondo esterno espresso da Hume
e altri, Kant notoriamente scrisse (in una nota a piè pagina alla sua
prefazione alla seconda edizione della sua Critique of Pure Reason) che
è ‘uno scandalo per la filosofia e per la ragione umana in generale che l’esistenza
di cose esterne a noi […] debba essere accettata meramente per fede, e che se
qualcuno pensa bene di dubitare della loro esistenza, non siamo in grado di
replicare ai suoi dubbi con una prova soddisfacente’, e nonostante gli sforzi
di molti filosofi, nessuno di essi è mai riuscito a trovare una qualche prova
conclusiva che qualcosa esiste al di
fuori dalla nostra mente. Come Hume scrisse (nel capitolo finale del suo Enquiry
Concerning Human Understanding:
Da quale argomento può essere provato, che le percezioni
della mente devono essere causate da oggetti esterni, completamente differenti
da esse, benché somiglianti (se questo sia possibile) e non potrebbero sorgere
dall’energia della stessa mente, o dalla suggestione di qualche spirito invisibile
e sconosciuto, o per qualche altra causa ancora più sconosciuta? E’ riconosciuto,
che, di fatto, molte di queste percezioni sorgono non da qualcosa di esterno,
come nel sogno, nella follia, e in altre malattie. E niente può essere più inesplicabile
del modo, in cui il corpo dovrebbe così operare sulla mente per trasmettere un’immagine
di se stesso a una sostanza, creduta di una natura così differente, e addirittura
contraria.
E’ una questione di fatto, se le percezioni dei sensi siano prodotte da oggetti
esterni, assomigliando a essi: come sarà risolta questa domanda? Sicuramente
dall’esperienza; come tutte le altre domande di uguale natura. Ma qui l’esperienza
è, e deve essere completamente silente. La mente non ha qualcosa da offrire se non le percezioni, e non può assolutamente
giungere a qualche esperienza della loro connessione con gli oggetti. La
supposizione di una tale connessione è, quindi, senza alcuna base di ragionamento.
Hume non era un mistico, ma sulla base del ragionamento semplice
e lineare fu in grado di riconoscere ciò che dovrebbe essere un fatto ovvio,
vale a dire che non abbiamo una prova adeguata che qualche oggetto esterno
esista realmente, né possiamo dedurre logicamente la sua esistenza con la
nostra esperienza. Quindi abbiamo molte buone ragioni per essere scettici
riguardo l’esistenza presunta di un mondo esterno, e se siamo saggi e cauti in
ciò che scegliamo di credere, non dovremmo basare le nostre convinzioni
metafisiche sul dubbioso presupposto che un tale mondo esiste realmente. O anche
se scegliamo di credere nell’esistenza di un mondo esterno, dovremmo sostenere
quella convinzione solo in modo molto sperimentale, e dovremmo riconoscere che
potrebbe essere sbagliata.
Nonostante la mancanza di una qualche reale prova per
supportare la supposizione comune che c’è un mondo esterno che causa le nostre
percezioni, la scienza suppone che un tale mondo esiste, e tutte le sue teorie
sono basate sulla convinzione che questa supposizione è vera. Comunque, come
Hume giustamente sottolinea, questa supposizione non ha basi nella nostra
esperienza o nel ragionamento. E’ solo una supposizione, e una supposizione
molto incerta, sebbene sia il fondamento su cui l’intero edificio della scienza
è costruito.
Quindi, poiché la scienza è basata su una cieca convinzione
in un dubbio presupposto metafisico, non dovremmo confidare in essa
considerando questioni metafisiche. Un’eccessiva
fiducia sulla scienza, e particolarmente confidare in essa in domini sui quali
non ha legittima giurisdizione (come la metafisica e l’epistemologia), è ciò
che è chiamato nella moderna filosofia con il nome sprezzante di ‘scientismo’.
La scienza è molto utile nella propria sfera, ma non può rispondere a domande
definitive su ciò che è realtà e ciò che è solo apparenza, ciò che è vera
conoscenza e ciò che è solo convinzione, e più importante di tutto, ciò che io
sono.
La scienza è oggettiva per auto-ammissione, così essa limita
lo scopo della sua ricerca ai fenomeni oggettivi, e quindi è essenzialmente un’investigazione
sulle apparenze (che è ciò che la parola ‘fenomeni’ significa realmente), e non
può dire con un adeguato grado di certezza se le apparenze che investiga sono
reali o solo illusorie. Ciò che sperimenta tutti i fenomeni oggettivi è solo ‘io’,
ma poiché ‘io’ non è oggettivo, la scienza non può e non potrà investigarlo.
Mentre la scienza investiga solo i fenomeni che sono
sperimentati da ‘io’, Sri Ramana investigò lo stesso ‘io’, e dalla sua
investigazione scoprì come ‘io’ giunge a sperimentare i fenomeni. Cioè, egli
scoprì che ‘io’ crea all’interno di sé tutti i fenomeni che sperimenta nello
stato di veglia, come fa nel caso di tutti i fenomeni che sperimenta in un sogno, e
che simultaneamente sperimenta se stesso come se fosse uno di questi fenomeni,
vale a dire un corpo.
L’investigazione fatta da Sri Ramana fu più razionale e realmente scientifica
che qualsiasi investigazione fatta dalla scienza, perché l’investigazione fatta
dalla scienza è basata sul presupposto che i fenomeni sono reali (o almeno non
interamente illusori), mentre Sri Ramana non partiva dal presupposto che tutti
i fenomeni sono reali, e dubitò anche della realtà dell’ ‘io’ che sperimenta
tutti i fenomeni. Cioè, quando egli intraprese la sua auto-investigazione dopo
essere stato sopraffatto da un’intensa paura della morte, ciò che cercò di
scoprire fu se l’ ‘io’ sarebbe rimasto dopo che il corpo fosse morto, e ciò che
scoprì come risultato della sua investigazione fu che ciò che ‘io’ è realmente è solo l’unica
eterna e infinita realtà, che trascende ed è intoccata dall’apparenza di ogni
dualità, molteplicità o alterità.
Comunque, benché Sri Ramana indicò con parole ciò che scoprì
dalla sua auto-investigazione, rese chiaro che non è sufficiente che solo
crediamo in lui, perché ogni credo è solo un fenomeno mentale fragile, infondato e non
affidabile, così insistette che ognuno di noi avrebbe dovuto
investigare ‘io’ e scoprire da se stesso ciò che lui aveva scoperto.
Poiché domande metafisiche come ‘cos’è reale?’, ‘cos’è l’apparenza?’
o ‘cosa sono io?’ non possono avere una risposta conclusiva dalla scienza o
dalla filosofia, la sola speranza che abbiamo di trovare per esse una risposta conclusiva
è investigare l’ ‘io’ che sperimenta ogni altra cosa.
Questo mondo esiste quando non lo percepiamo, o sembra
esistere solo perché creo nella mia mente un’esperienza di percezione di esso?
Al momento non conosciamo con certezza le risposte corrette a tali domande, e
non abbiamo speranza di conoscerle fino a che non conosciamo correttamente ciò
che io stesso sono. Quindi, prima di occuparci
di qualsiasi altra domanda, dovremmo investigare noi stessi per scoprire da noi
stessi e per nostra esperienza una risposta conclusiva alla domanda ‘chi (o
cosa) sono io?’
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