Michael
James
16 Marzo
2007
Nei miei due articoli precedenti, Superare la nostra compiacenza spirituale e Prendere rifugio ai ‘piedi’ di Dio, ho pubblicato le
prime due parti del materiale aggiuntivo che ho scritto per includerlo nel capitolo
9 di Happiness and the Art of Being (dopo il primo
paragrafo a pagina 422 dell’attuale versione e-book). Ciò che segue è la terza
e ultima parte:
Nella seconda frase di questo verso [il secondo verso mangalam
di Ulladu Narpadu] Sri Ramana dice, “A causa del loro abbandono, essi
sperimentano la morte”. La morte che essi in precedenza temevano era la morte
del loro corpo, ma quando la paura di quella morte li spinge a prendere rifugio
ai ‘piedi di Dio’, essi sperimentano la morte di un genere completamente
differente. Cioè, quando essi prendono
rifugio ai ‘piedi di Dio’ sprofondando nella più interna profondità del loro
essere, sperimenteranno l’assoluta chiarezza di genuina auto-consapevolezza,
che inghiottirà la loro mente proprio come la luce inghiotte la tenebra.
La nostra mente o limitato sé individuale è un’immaginazione
– una falsa forma di consapevolezza che sperimenta se stessa come un corpo, che
è uno delle sue creazioni immaginarie. Immaginiamo noi stessi come questa mente
solo perché ignoriamo o non riusciamo a dare attenzione al nostro essere vero
ed essenziale. Se avessimo conosciuto ciò che siamo realmente, non avremmo
potuto confondere noi stessi con qualsiasi altra cosa. Quindi, poiché la nostra
mente ha avuto origine a causa della nostra auto-ignoranza immaginaria, sarà distrutta dall’esperienza di vera
auto-conoscenza.
Perciò quando sprofondiamo nel nostro ‘cuore’, il centro più
interno del nostro essere, dove la nostra vera auto-consapevolezza risplende
libera da tutti gli attributi, tutti i pensieri, tutte le immaginazioni, tutta
la dualità e tutte le forme di limitazione, la nostra mente scomparirà nell’assoluta
chiarezza di quella pura auto-consapevolezza, proprio come un serpente
immaginario scomparirà quando vediamo chiaramente che ciò che abbiamo confuso
come quel serpente è di fatto solo una
corda. Poiché la nostra mente è una falsa conoscenza riguardo noi stessi – l’immaginazione
che siamo un corpo materiale – l’esperienza di vera auto-conoscenza rivelerà
che è irreale.
Quindi la morte che sperimenteremo quando abbandoniamo il
nostro falso sé individuale nell’assoluta chiarezza della vera auto-conoscenza,
che risplende sempre nel centro più interno del nostro essere, è la morte della
nostra mente. La morte del nostro corpo non è una vera morte, perché quando il
corpo muore la nostra mente creerà per se stessa un altro corpo con il suo
potere di immaginazione. Fino a che la nostra mente sopravvive, continuerà in
questo modo a creare per se stessa un corpo dopo l’altro. Quindi la sola vera
morte è la morte della nostra mente.
Comunque, benché l’esperienza della vera auto-conoscenza è descritta
figurativamente come la morte o la distruzione della nostra mente, non dovremmo
immaginare che questo implica che la nostra mente sia mai realmente esistita.
La morte della nostra mente è come la ‘morte’ di un serpente che immaginiamo di
vedere nella debole luce della sera. Di mattina, quando sorge il sole, quel
serpente immaginario scomparirà, perché vedremo chiaramente che è di fatto solo
una corda. In modo simile, nella chiara luce della vera auto-conoscenza la
nostra mente scomparirà, perché riconosceremo chiaramente che è di fatto solo la
nostra consapevolezza infinita e non-duale del nostro essere essenziale.
Proprio come il serpente non muore realmente, perché non è
mai realmente esistito, così la nostra mente non morirà realmente, perché non è
mai realmente esistita. La sua morte è reale solo in relazione alla sua attuale
apparente esistenza. Quindi benché in termini figurativi l’esperienza di vera
auto-conoscenza può essere descritta come la morte del nostro sé irreale e come
la nascita del nostro sé reale, in realtà è lo stato in cui sappiamo che solo il
nostro sé reale esiste, che è sempre esistito, e che la nostra mente o sé
irreale non è mai realmente esistita.
Nella terza e finale frase di questo verso Sri Ramana dice, “Coloro
che sono immortali si avvicineranno al pensiero-morte [o pensiero di morte]?” Qui
la parola savadavar, che
significa ‘coloro che non muoiono’ o ‘coloro che sono immortali’, indica coloro
che hanno completamente abbandonato loro stessi a Dio, morendo quindi come loro
mente o sé mortale, e divenendo così uno con lo spirito immortale, l’auto-consapevolezza
infinita ed eterna ‘io sono’, che è l’essere vero ed essenziale sia di Dio sia
di noi stessi.
La domanda retorica ‘si
avvicineranno al pensiero-morte?’ è un modo idiomatico per dire che essi non
sperimenteranno più alcun pensiero di morte. La morte è solo un pensiero, come
anche lo è la paura della morte. Possiamo pensare alla morte e sperimentare
paura di essa solo quando immaginiamo noi stessi come un corpo mortale.
Il nostro corpo, la sua nascita e la sua morte sono solo pensiero
o immaginazioni. Quando immaginiamo di essere questo corpo, di conseguenza
immaginiamo di essere nati in qualche tempo nel passato e che moriremo in
qualche tempo nel futuro. Chi o cosa immagina tutto ciò? Solo la nostra mente
immagina questi e tutti gli altri pensieri. Se la nostra mente è reale, questi
pensieri sono anche reali, ma se esaminiamo accuratamente la nostra mente per
vedere se è reale, essa scomparirà, e solo il nostro essenziale essere
auto-cosciente rimarrà come la realtà
eterna e immortale.
La nostra mente, che immagina l’esistenza del nostro corpo,
la sua nascita e la sua morte, è essa stessa solo un pensiero o immaginazione. E’
un fantasma che ha origine solo immaginando se stesso come un corpo mortale, e
benché scompare quando questo corpo muore, proprio come scompare ogni giorno
nel sonno, riapparirà immaginando se stesso come qualche altro corpo, proprio
come riappare in un sogno o al risveglio dal sonno. Esso morirà o scomparirà
permanentemente solo quando lo abbandoneremo nell’assoluta chiarezza della vera
auto-conoscenza.
Poiché la morte è un pensiero, e anche chi pensa alla morte
è solo un pensiero, il vero stato di immortalità è solo lo stato senza pensiero
e assolutamente chiaro dell’essere auto-cosciente – lo stato in cui la nostra
mente pensante è morta. Quando per mezzo del nostro completo auto-abbandono
dimoriamo permanentemente in questo stato senza ego e senza mente di vera
immortalità, non saremo più in grado di immaginare il pensiero della morte o qualsiasi
altro pensiero.
Così in questo verso Sri Ramana descrive sia il fine sia il
mezzo per raggiungere quel fine. Il fine è lo stato d’immortalità, in cui la
nostra mente che pensa, che teme e che desidera è morta, e il mezzo con cui
possiamo ottenere quel fine è il completo auto-abbandono, che possiamo
raggiungere solo sprofondando dentro noi stessi e prendendo rifugio lì nella
realtà assoluta senza nascita e senza morte, che è il nostro essenziale essere
auto-cosciente, ‘io sono’.
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