Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

giovedì 11 dicembre 2014

Morte e Immortalità - Lo stato di vera immortalità

Michael James 

16 Marzo 2007

Nei miei due articoli precedenti, Superare la nostra compiacenza spirituale e Prendere rifugio ai ‘piedi’ di Dio, ho pubblicato le prime due parti del materiale aggiuntivo che ho scritto per includerlo nel capitolo 9 di Happiness and the Art of Being (dopo il primo paragrafo a pagina 422 dell’attuale versione e-book). Ciò che segue è la terza e ultima parte:

Nella seconda frase di questo verso [il secondo verso mangalam di Ulladu Narpadu] Sri Ramana dice, “A causa del loro abbandono, essi sperimentano la morte”. La morte che essi in precedenza temevano era la morte del loro corpo, ma quando la paura di quella morte li spinge a prendere rifugio ai ‘piedi di Dio’, essi sperimentano la morte di un genere completamente differente.  Cioè, quando essi prendono rifugio ai ‘piedi di Dio’ sprofondando nella più interna profondità del loro essere, sperimenteranno l’assoluta chiarezza di genuina auto-consapevolezza, che inghiottirà la loro mente proprio come la luce inghiotte la tenebra.

La nostra mente o limitato sé individuale è un’immaginazione – una falsa forma di consapevolezza che sperimenta se stessa come un corpo, che è uno delle sue creazioni immaginarie. Immaginiamo noi stessi come questa mente solo perché ignoriamo o non riusciamo a dare attenzione al nostro essere vero ed essenziale. Se avessimo conosciuto ciò che siamo realmente, non avremmo potuto confondere noi stessi con qualsiasi altra cosa. Quindi, poiché la nostra mente ha avuto origine a causa della nostra auto-ignoranza immaginaria,  sarà distrutta dall’esperienza di vera auto-conoscenza.

Perciò quando sprofondiamo nel nostro ‘cuore’, il centro più interno del nostro essere, dove la nostra vera auto-consapevolezza risplende libera da tutti gli attributi, tutti i pensieri, tutte le immaginazioni, tutta la dualità e tutte le forme di limitazione, la nostra mente scomparirà nell’assoluta chiarezza di quella pura auto-consapevolezza, proprio come un serpente immaginario scomparirà quando vediamo chiaramente che ciò che abbiamo confuso come quel  serpente è di fatto solo una corda. Poiché la nostra mente è una falsa conoscenza riguardo noi stessi – l’immaginazione che siamo un corpo materiale – l’esperienza di vera auto-conoscenza rivelerà che è irreale.

Quindi la morte che sperimenteremo quando abbandoniamo il nostro falso sé individuale nell’assoluta chiarezza della vera auto-conoscenza, che risplende sempre nel centro più interno del nostro essere, è la morte della nostra mente. La morte del nostro corpo non è una vera morte, perché quando il corpo muore la nostra mente creerà per se stessa un altro corpo con il suo potere di immaginazione. Fino a che la nostra mente sopravvive, continuerà in questo modo a creare per se stessa un corpo dopo l’altro. Quindi la sola vera morte è la morte della nostra mente.

Comunque, benché l’esperienza della vera auto-conoscenza è descritta figurativamente come la morte o la distruzione della nostra mente, non dovremmo immaginare che questo implica che la nostra mente sia mai realmente esistita. La morte della nostra mente è come la ‘morte’ di un serpente che immaginiamo di vedere nella debole luce della sera. Di mattina, quando sorge il sole, quel serpente immaginario scomparirà, perché vedremo chiaramente che è di fatto solo una corda. In modo simile, nella chiara luce della vera auto-conoscenza la nostra mente scomparirà, perché riconosceremo chiaramente che è di fatto solo la nostra consapevolezza infinita e non-duale del nostro essere essenziale.

Proprio come il serpente non muore realmente, perché non è mai realmente esistito, così la nostra mente non morirà realmente, perché non è mai realmente esistita. La sua morte è reale solo in relazione alla sua attuale apparente esistenza. Quindi benché in termini figurativi l’esperienza di vera auto-conoscenza può essere descritta come la morte del nostro sé irreale e come la nascita del nostro sé reale, in realtà è lo stato in cui sappiamo che solo il nostro sé reale esiste, che è sempre esistito, e che la nostra mente o sé irreale non è mai realmente esistita.

Nella terza e finale frase di questo verso Sri Ramana dice, “Coloro che sono immortali si avvicineranno al pensiero-morte [o pensiero di morte]?” Qui la parola  savadavar, che significa ‘coloro che non muoiono’ o ‘coloro che sono immortali’, indica coloro che hanno completamente abbandonato loro stessi a Dio, morendo quindi come loro mente o sé mortale, e divenendo così uno con lo spirito immortale, l’auto-consapevolezza infinita ed eterna ‘io sono’, che è l’essere vero ed essenziale sia di Dio sia di noi stessi. 

La domanda retorica ‘si avvicineranno al pensiero-morte?’ è un modo idiomatico per dire che essi non sperimenteranno più alcun pensiero di morte. La morte è solo un pensiero, come anche lo è la paura della morte. Possiamo pensare alla morte e sperimentare paura di essa solo quando immaginiamo noi stessi come un corpo mortale.

Il nostro corpo, la sua nascita e la sua morte sono solo pensiero o immaginazioni. Quando immaginiamo di essere questo corpo, di conseguenza immaginiamo di essere nati in qualche tempo nel passato e che moriremo in qualche tempo nel futuro. Chi o cosa immagina tutto ciò? Solo la nostra mente immagina questi e tutti gli altri pensieri. Se la nostra mente è reale, questi pensieri sono anche reali, ma se esaminiamo accuratamente la nostra mente per vedere se è reale, essa scomparirà, e solo il nostro essenziale essere auto-cosciente  rimarrà come la realtà eterna e immortale.

La nostra mente, che immagina l’esistenza del nostro corpo, la sua nascita e la sua morte, è essa stessa solo un pensiero o immaginazione. E’ un fantasma che ha origine solo immaginando se stesso come un corpo mortale, e benché scompare quando questo corpo muore, proprio come scompare ogni giorno nel sonno, riapparirà immaginando se stesso come qualche altro corpo, proprio come riappare in un sogno o al risveglio dal sonno. Esso morirà o scomparirà permanentemente solo quando lo abbandoneremo nell’assoluta chiarezza della vera auto-conoscenza.

Poiché la morte è un pensiero, e anche chi pensa alla morte è solo un pensiero, il vero stato di immortalità è solo lo stato senza pensiero e assolutamente chiaro dell’essere auto-cosciente – lo stato in cui la nostra mente pensante è morta. Quando per mezzo del nostro completo auto-abbandono dimoriamo permanentemente in questo stato senza ego e senza mente di vera immortalità, non saremo più in grado di immaginare il pensiero della morte o qualsiasi altro pensiero.

Così in questo verso Sri Ramana descrive sia il fine sia il mezzo per raggiungere quel fine. Il fine è lo stato d’immortalità, in cui la nostra mente che pensa, che teme e che desidera è morta, e il mezzo con cui possiamo ottenere quel fine è il completo auto-abbandono, che possiamo raggiungere solo sprofondando dentro noi stessi e prendendo rifugio lì nella realtà assoluta senza nascita e senza morte, che è il nostro essenziale essere auto-cosciente, ‘io sono’.


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