Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

sabato 6 dicembre 2014

Stabilire che io sono e analizzare cosa io sono

Michael James 

15 Agosto 2014


Nel mio articolo precedente, We must experience what is, not what merely seems to be  , ho scritto: 

‘Io’ certamente esiste, perché ‘io’ è ciò che sperimenta sia se stesso sia tutte le altre cose, così, anche se tutte le altre cose sembrano solamente esistere, la loro apparente esistenza potrebbe non essere sperimentata se ‘io’ non esistesse per sperimentarla. L’esistenza di ‘io’ è quindi necessariamente vera, mentre l’esistenza di qualsiasi altra cosa non è necessariamente vera, perché nient’altro sperimenta la propria esistenza o l’esistenza di qualsiasi altra cosa, così benché le cose diverse da ‘io’ sembrano esistere, è possibile che esse non esistano tranne che nell’esperienza di ‘io’.

Con riferimento a questo paragrafo, un amico di nome Sanjay in un commento ha chiesto:

Tu dici qui: ‘L’esistenza di ‘io’ è quindi necessariamente vera…’, ma prima hai anche detto che: ‘…poiché ‘io’ è ciò che sperimenta se stesso e tutte le altre cose…’. Dunque se ‘io’ sperimenta se stesso e tutte le altre cose allora è la nostra mente, la nostra consapevolezza limitata o riflessa, quindi come può ‘io’ essere necessariamente vero, come hai detto prima in questo paragrafo? Non dovremmo considerare questo ‘io’ come nostra immaginazione, anche se la nostra prima immaginazione  - cioè, il nostro pensiero – ‘io’?

Lo scopo del paragrafo cui Sanjay si è riferito era solo stabilire che io sono, e non era quello di analizzare cosa io sono. E’ sicuramente necessario per noi analizzare cosa io sono, perché abbiamo bisogno di distinguere cosa io sono realmente da ciò che solamente sembro essere, ma gli argomenti che sono usati per analizzare cosa io sono, sono differenti dagli argomenti che sono usati semplicemente per stabilire che io sono, qualsiasi cosa io possa essere. Cioè, questi ultimi argomenti stabiliscono semplicemente che qualcosa che sperimentiamo come ‘io', noi stessi, certamente esiste, anche se questo ‘io’ certamente esistente può non essere qualsiasi cosa che ora sembra essere.  

Il contesto in cui ho scritto questo paragrafo era il discutere la necessità di investigare e sperimentare ciò che realmente è piuttosto che ciò che solamente sembra essere, così mi stavo rivolgendo a stabilire che la sola cosa che esiste con certezza è ‘io’, e che qualsiasi altra cosa che sembra esistere non esiste con certezza. Io esiste certamente, perché se io non esistessi non potrei sperimentare né me stesso né qualsiasi altra cosa, reale o illusoria. Altro che me stesso (io) solamente, qualsiasi altra cosa sperimento potrebbe essere un’illusione, ma il fatto che io esisto non può essere un’illusione, perché per sperimentare qualsiasi cosa, anche un’illusione, io devo esistere.

Questo è il motivo per cui scrissi: ‘L’esistenza di ‘io’ è quindi necessariamente vera, mentre l’esistenza di qualsiasi altra cosa non è necessariamente vera’. Per essere necessariamente vera, una cosa deve sperimentare se stessa, perché se non lo facesse ma fosse solo sperimentata da qualcosa diversa da se stessa, potrebbe essere solo un’illusione sperimentata da quell’altra cosa. Quindi, poiché solo ‘io’ sperimenta se stesso, esso solo è necessariamente vero.

Comunque, anche se è necessariamente vero che io sono, non ne consegue logicamente che è necessariamente vero che io sono ciò che ora sembro essere, perché qualsiasi cosa sembro essere (cioè, qualsiasi cosa sperimento come se fosse me stesso) potrebbe essere un’illusione. Di fatto, se sperimento me stesso come qualcosa diversa da ‘io’ solamente, qualsiasi cosa sperimento come me stesso non è certamente ciò che sono realmente, perché non posso essere qualcosa diversa da ‘io’ solamente. Quindi, avendo logicamente stabilito che è necessariamente vero che io sono, abbiamo bisogno di analizzare cosa io sono.

Ora sperimento un certo corpo come se fosse me stesso, ma questo corpo non è qualcosa che sperimenterebbe se stesso se io non fossi presente a sperimentarlo, così sembra dubbio se questo corpo può essere ciò che sono realmente. Ora sperimento me stesso come questo corpo, ma nel sogno non sperimento affatto questo corpo, anche se ancora sperimento che io sono. Comunque, come nella veglia, nel sogno non sperimento me stesso come ‘io’ solamente, ma sperimento me stesso come se fossi qualche altro corpo, che in quel momento sembra essere un corpo fisico, proprio come questo corpo attuale. Solo dopo che mi sono svegliato da un sogno sono in grado di riconoscere che l’apparente corpo fisico che allora sperimentavo come me stesso era realmente solo una creazione mentale, e quindi non era affatto realmente fisico.

 Dalla nostra esperienza del sogno possiamo trarre due importanti conclusioni. Primo, poiché sperimento me stesso nel sogno senza sperimentare il corpo che sperimento come me stesso nella veglia, questo corpo dello stato di veglia non può essere realmente ‘io’, perché se ‘io’ e questo corpo fossero numericamente identici (cioè, se essi non fossero due cose separate ma fossero una cosa sola), non potrei sperimentare uno di essi senza sperimentare l’ ‘altro’ (perché l’ ‘altro’ non sarebbe realmente ‘altro’). In altre parole, non potrei sperimentare ‘io’ senza sperimentare questo corpo se esso fosse realmente ciò che sono. In modo simile, non posso realmente essere il corpo che ho sperimentato come me stesso nel sogno, perché ora sperimento me stesso senza sperimentare quel corpo.

Secondo, poiché il corpo che ho sperimentato come me stesso in un sogno mi sembrava in quel momento essere reale e fisico, ed è stato da me riconosciuto solamente come un’illusoria creazione mentale solo dopo che mi sono svegliato da quel sogno, sembro non avere una qualche ragione sufficiente per supporre che questo corpo che ora sperimento come me stesso in questo attuale stato di ‘veglia’ non è allo stesso modo un’illusoria creazione mentale. Sognando, il mio stato di sogno sembrava essere uno stato di veglia, e il corpo e il mondo che allora sperimentavo sembravano essere reali e fisici, proprio come il mio attuale stato ora sembra essere uno stato di veglia, e il corpo e il mondo che ora sperimento sembrano essere reali e fisici. Come posso essere sicuro, quindi, che questo attuale stato che ora sembra essere uno stato di veglia non è realmente solo un altro sogno?  Non sembra esservi una prova disponibile che possa definitivamente dimostrarmi (o che potrebbe anche mostrarlo come probabile) che questo non è un sogno, o che ogni stato simile che posso sperimentare non è un sogno.

Sebbene entrambi queste conclusioni che possiamo trarre dalla nostra esperienza del sogno siano importanti, quella che più ci interessa nel contesto della nostra attuale analisi di ciò che io sono è la prima di esse, vale a dire la conclusione che io non posso essere il corpo che ora sperimento come me stesso, perché nel sogno sperimento me stesso senza sperimentare questo corpo. Quindi la mia esperienza che io sono questo corpo è un’illusione, anche se io non posso essere un’illusione.

In questo attuale stato (che sembra essere uno stato di veglia ma potrebbe essere solo un altro sogno) io sperimento me stesso non solo come questo apparente corpo fisico ma anche come una mente apparentemente pensante, percipiente e sperimentante. Comunque, non sperimento me stesso come questa mente solo in questo attuale stato, perché nel sogno sperimento me stesso come questa stessa mente. Di fatto, in ogni stato in cui sperimento me stesso come un corpo, sperimento anche me stesso come questa mente.  Sebbene il corpo che sperimento come me stesso in ciascun stato sia differente, la mente che sperimento come me stesso in ciascun stato sembra essere essenzialmente la stessa – anche se alcune delle sue caratteristiche, come alcune o tutte le sue memorie, possono essere differenti.

Il fatto che alcune delle memorie che sperimento in un sogno possono non essere identiche a quelle che ora sperimento non è  importante alla nostra attuale analisi, perché anche in questo attuale stato di veglia apparente le mie memorie cambiano costantemente. Esperienze o informazioni che potevo ricordare nel passato, ora posso averle dimenticate, e nuove esperienze e informazioni sono aggiunte costantemente alla mia memoria, ma la mente che ricorda tali cose è la stessa. Proprio perché ho ora dimenticato alcune delle cose che potevo ricordare dieci anni fa, o perché nel frattempo ho sperimentato e imparato molte nuove cose che sono state aggiunte alla mia memoria, non dovremmo dire che la mia mente ora non è essenzialmente la stessa mente che era dieci anni fa.

Lo stesso si applica ad altre caratteristiche della mia mente che cambiano o possono cambiare nel corso del tempo, come le mie preferenze, avversioni, credi, speranze o paure, e naturalmente i miei pensieri sempre in cambiamento. Solo perché alcune di queste caratteristiche possono non essere come erano dieci, venti o trenta anni fa, non dovremmo dire che la mia mente ora non è essenzialmente la stessa mente che era a quei tempi. Nello stesso modo, sebbene alcune delle sue memorie e altre caratteristiche possono non essere esattamente le stesse in un sogno come lo sono ora in questo stato attuale, sarebbe irragionevole dire che la mente che sperimento come me stesso in un sogno non è essenzialmente la stessa mente che sperimento come me stesso in questo stato attuale.

Quindi, poiché sperimento la stessa mente come me stesso in tutti gli stati in cui sperimento un corpo come me stesso, possiamo concludere che questa mente è ciò che sono realmente? Se non avessi mai sperimentato che io sono senza sperimentare me stesso come questa mente, questa mente potrebbe forse essere ciò che io sono realmente, ma poiché io sono essenzialmente immutabile (perché qualsiasi cosa posso sperimentare nel passato, nel presente, o nel futuro, è sempre lo stesso io che la sta sperimentando) e poiché molte delle caratteristiche di questa mente o stanno cambiando o sono soggette a cambiamento, questa intera mente non può essere ciò che io sono realmente, sebbene forse qualche parte essenziale di essa potrebbe essere ciò che io sono realmente.

Prima di poter decidere se qualche  parte di questa mente è ciò che io sono realmente o no, abbiamo bisogno di analizzarla per determinare quale parte di essa, se c’è, potrebbe essere ciò che sono realmente. Sri Ramana ci ha perciò dato un’analisi sommaria della mente nel verso 18 di Upadēśa Undiyār:

எண்ணங்க ளேமனம் யாவினு நானெனு மெண்ணமே மூலமா முந்தீபற
      யானா மனமென லுந்தீபற.

 eṇṇaṅga ḷēmaṉam yāviṉu nāṉeṉu
meṇṇamē mūlamā mundīpaṟa
      yāṉā maṉameṉa lundīpaṟa
.

 பதச்சேதம்: எண்ணங்களே மனம். யாவினும் நான் எனும் எண்ணமே மூலம் ஆம். யான் ஆம் மனம் எனல்.

 Padacchēdam (separazione delle parole): eṇṇaṅgaḷ-ē maṉam. yāviṉ-um nāṉ eṉum eṇṇam-ē mūlam ām. yāṉ ām maṉam eṉal.

 Traduzione: Solo i pensieri sono la mente [o la mente è solo pensieri]. Di tutti [i pensieri], il pensiero chiamato ‘io’ solo è il  mūla [la radice, la base,  il fondamento, l’origine, la sorgente o la causa]. [Quindi] ciò che è chiamata mente è [essenzialmente solo questo pensiero radice] ‘io’.

In questo contesto எண்ணங்கள் (eṇṇaṅgaḷ), che significa ‘pensieri’ o ‘idee’, indica il fenomeno mentale di un qualunque genere, e quindi include tutte le nostre percezioni, concetti, idee, immaginazioni, memorie, credi, sensazioni, emozioni, desideri, speranze, paure e così via. Cioè, nel senso in cui Sri Ramana ha usato il termine, un எண்ணம் (eṇṇam) o pensiero è qualunque cosa che sperimento diversa da ciò che sono realmente.

Di tutti i pensieri che sperimentiamo, la radice o fondamento è il nostro pensiero primario chiamato ‘io’, che è il nostro ego. Tutti gli altri pensieri stanno venendo e andando in modo perpetuo, mentre questo pensiero radice chiamato ‘io’ è costante – cioè, è presente fino a quando la mente è attiva (in altre parole, fino a quando è presente qualsiasi altro pensiero), e cessa solo quando tutti gli altri pensieri sono cessati, come nel sonno senza sogni. Mentre nessun altro pensiero sperimenta qualcosa – se stesso o ogni altro pensiero – questo pensiero radice ‘io’ sperimenta sia se stesso sia ogni altro pensiero. In altre parole, è l’unico pensiero che pensa (crea e sperimenta) tutti gli altri pensieri. Mentre tutti gli altri pensieri sono oggetti sperimentati da esso, questo pensiero chiamato ‘io’ è l’unico soggetto che li sperimenta tutti, e questo è il motivo per cui esso deve essere presente perché ogni altro pensiero sia sperimentato. Quindi esso solo è l’essenza della mente – cioè, è ciò che la mente è essenzialmente.

Comunque, questo pensiero primario chiamato ‘io’ (l’ego) non è ciò che sono realmente, perché esso sprofonda e cessa di esistere come tale nel sonno o ogni volta che tutti gli altri pensieri sprofondano. Senza sperimentare qualche altro pensiero, esso non può stare, così non esiste mai da solo. Come Sri Ramana dice nel quarto e quinto paragrafo di Nāṉ Yār? (Chi sono io?):

 [...] மனம் எப்போதும் ஒரு ஸ்தூலத்தை யனுசரித்தே நிற்கும்; தனியாய் நில்லாது. [...]

 [...] maṉam eppōdum oru sthūlattai y-aṉusarittē niṟkum; taṉiyāy nillādu. [...]

 [...] La mente si regge soltanto cercando sempre [dando attenzione e quindi attaccando se stessa a] qualcosa di grossolano [qualche pensiero diverso da ‘io]; da sola essa non si regge. […] 

 [...] மனதில் தோன்றும் நினைவுக ளெல்லாவற்றிற்கும் நானென்னும் நினைவே முதல் நினைவு. இது எழுந்த பிறகே ஏனைய நினைவுகள் எழுகின்றன. தன்மை தோன்றிய பிறகே முன்னிலை படர்க்கைகள் தோன்றுகின்றன; தன்மை யின்றி முன்னிலை படர்க்கைக ளிரா.

 [...] maṉadil tōṉḏṟum niṉaivugaḷ ellāvaṯṟiṯkum nāṉ-eṉṉum niṉaivē mudal niṉaivu. idu eṙunda piṟahē ēṉaiya niṉaivugaḷ eṙugiṉḏṟaṉa. taṉmai tōṉḏṟiya piṟahē muṉṉilai paḍarkkaikaḷ tōṉḏṟugiṉḏṟaṉa; taṉmai y-iṉḏṟi muṉṉilai paḍarkkaikaḷ irā.

 [...] Di tutti i pensieri che appaiono nella mente, solo il pensiero chiamato ‘io è il primo [primario, basilare, originale o causale] pensiero. Solo dopo che questo pensiero sorge sorgono gli altri pensieri. Solo dopo che la prima persona appare appaiono la seconda e la terza persona; senza la prima persona [il pensiero primario chiamato ‘io’] la seconda e la terza persona [gli altri pensieri] non esistono.

Poiché questo pensiero primario chiamato ‘io’ sorge, si sostiene e prospera solo nella veglia e nel sogno, ma sprofonda e cessa di esistere nel sonno (e in ogni altro stato in cui tutti gli altri pensieri sono sprofondati), esso non può essere ciò che io sono realmente, perché nel sonno io esisto nella sua assenza. Non solo io esisto nel sonno, ma anche sperimento in quel momento la mia esistenza, perché se nel sonno non sperimentassi la mia esistenza e l’assenza di qualsiasi altra cosa, dopo il risveglio non sarei consapevole che ho dormito o che nel sonno ho sperimentato niente altro che me stesso – in altre parole, non sarei consapevole del sonno come un intervallo apparentemente vuoto che ho sperimentato tra stati successivi di veglia e di sogno.

Poiché questo pensiero primario chiamato ‘io’ non è ciò che io sono realmente, qual è la sua relazione a ciò che io sono realmente, è in quale modo è differente da ciò che io sono realmente? Esso non può ovviamente esistere indipendentemente da ciò che io sono realmente, perché sembra esistere solo quando lo sperimento come se fosse me stesso, ma anche non può esistere indipendentemente da altri pensieri. Esso quindi sembra funzionare come un qualche genere di collegamento tra me stesso e altri pensieri.

Come abbiamo osservato precedentemente, questo pensiero primario chiamato ‘io’, che è ciò che la mente è essenzialmente, sorge e funziona solo in stati (come la veglia e il sogno) in cui io sperimento me stesso come un corpo. Senza sperimentare noi stessi come un corpo, non sperimentiamo mai noi stessi come una mente. Anche se potessimo immaginare noi stessi esistere come una mente in qualche genere di stato disincarnato, sarebbe difficile (e forse anche impossibile) immaginarsi essere in tale stato senza avere almeno qualche genere di corpo etereo, perché senza un corpo di un qualsiasi genere, non sperimenteremmo noi stessi con una locazione nello spazio (nello spazio fisico o in uno spazio puramente mentale), e senza qualche locazione nello spazio non potremmo sperimentare ogni oggetto diverso da noi stessi (un oggetto fisico o un oggetto puramente mentale come un pensiero o una sensazione), perché senza avere una locazione separata in cui apparire, niente apparirebbe come separato da noi stessi.

Quindi l’esperienza mentale (cioè, l’esperienza delle cose che sembrano essere diverse da noi stessi) sembra essere asserita sull’esperienza di noi stessi come qualche genere di un corpo, fisico o etereo. Inoltre, supporre una distinzione tra un corpo etereo (sūkṣma o sottile)  e un corpo fisico (sthūla o grossolano) è forse non valido, perché qualsiasi corpo che attualmente sperimentiamo come noi stessi sembra sempre essere un corpo fisico  mentre lo stiamo sperimentando. Per esempio, benché possiamo ora considerare un corpo che abbiamo sperimentato come noi stessi in un sogno come non fisico (puramente mentale o etereo), mentre lo stavamo sperimentando ci sembrava essere fisico. Nello stesso modo, se il nostro stato attuale di veglia apparente è realmente solo un altro sogno, l’apparente corpo fisico che ora sperimentiamo come noi stessi non è realmente fisico ma solo mentale o etereo.

Poiché non sperimentiamo mai la nostra mente senza sperimentare noi stessi come un corpo, Sri Ramana spesso descriveva il nostro pensiero primario chiamato ‘io’ come il pensiero ‘io sono questo corpo’ (in cui ‘questo corpo’ si riferisce a qualsiasi corpo che attualmente sperimentiamo come noi stessi, nella veglia o nel sogno).  Per esempio, nella prima delle due righe del verso 2 di Āṉma-Viddai egli scrive:

ஊனா ருடலிதுவே நானா மெனுநினைவே நானா நினைவுகள்சே ரோர்நார் [...]

 ūṉā ruḍaliduvē nāṉā meṉuniṉaivē
nāṉā niṉaivugaḷsē rōrnār
[...]

 பதச்சேதம்: ‘ஊன் ஆர் உடல் இதுவே நான் ஆம்’ எனும் நினைவே நானா நினைவுகள் சேர் ஓர் நார் [...]

 Padacchēdam (separazione delle parole): ‘ūṉ ār uḍal idu-v-ē nāṉ ām’ eṉum niṉaivē nāṉā niṉaivugaḷ sēr ōr nār [...]

 Traduzione: Solo il pensiero ‘questo corpo composto di carne è io’ è l’unico filo su cui [tutti] i vari pensieri sono infilati […]

Quindi il nostro pensiero primario chiamato ‘io’ (l’ego) non è il nostro puro ‘io’, ma il nostro puro ‘io’ mischiato con aggiunte estranee, delle quali la prima e principale  è il nostro corpo. Questo è il motivo per cui Sri Ramana lo descrisse come un pensiero. Il nostro puro ‘io’ (cioè, ciò che siamo realmente) non è un pensiero, ma il corpo e le altre aggiunte con cui esso ora sembra essere mischiato e confuso sono pensieri, così l’esperienza composta ‘io sono questo corpo’ è un pensiero.

Poiché il mio pensiero primario chiamato ‘io’ è una mescolanza confusa di me stesso (‘io’), che sono cosciente, e un corpo, che è non-cosciente, egli spesso lo ha descritto come  cit-jaḍa-granthi, il nodo (granthi) che lega insieme il cosciente (cit) e il non cosciente (jaḍa) come se fossero uno. In questa mescolanza confusa, un elemento è reale mentre l’altro è irreale. L’elemento reale è ciò che è cosciente (cit), vale a dire ‘io sono’, mentre l’elemento irreale è ciò che è non cosciente (jaḍa) , vale a dire ‘questo corpo’.

Ciò che sprofonda e cessa temporaneamente di esistere nel sonno è solo l’elemento irreale di questo pensiero primario chiamato ‘io’, vale a dire il corpo e tutte le altre aggiunte che lo accompagnano, e ciò che rimane è solo il suo elemento reale, vale a dire ‘io sono’. Questo è il motivo per cui  continuiamo a sperimentare la nostra esistenza nel sonno nonostante l’assenza della nostra mente e di qualsiasi altra cosa.

Quando il nostro puro ‘io sono’ (che è ciò che siamo realmente) esiste solo senza essere mischiato con qualche aggiunta, esso non sperimenta nulla tranne se stesso. Anche quando sembra essere mischiato con aggiunte, ciò che allora sperimenta l’apparente esistenza di altre cose non è questo puro ‘io’ ma è solo il pensiero primario chiamato ‘io’ che è una mescolanza confusa del puro ‘io’ e di aggiunte. In altre parole, ciò che sperimenta tutta la molteplicità e l’alterità nella veglia e nel sogno non è ciò che siamo realmente ma è solo ciò che in quei momenti  sembriamo essere, vale a dire la nostra mente, che sempre sperimenta se stessa come ‘io sono questo corpo’ (sia esso questo corpo attuale o qualche altro corpo di sogno).

Quindi Sanjay era nel giusto quando ha scritto nel suo commento, ‘se ‘io’ sperimenta sia se stesso sia tutte le altre cose allora è la nostra mente, la nostra consapevolezza limitata o riflessa’,  ma ciò che ha voluto dire quando ha scritto nella proposizione successiva di quella frase, ‘allora come può ‘io’ essere necessariamente vero’, non era corretto. Anche se ora sperimento me stesso come questa mente e quindi sperimento cose che sembrano essere diverse da me stesso, è ancora necessariamente vero che io sono. Ciò che non è necessariamente vero è che io sono questo corpo che ora sembro essere.

La confusione su cui il dubbio di Sanjay sembra essere basato sorge quando immaginiamo che ci sono realmente due ‘io’, un ‘io’ reale e un falso ‘io’, essendo il secondo la nostra mente o ego. Comunque, questa confusione non è necessaria, perché non ci sono mai due ‘io’, poiché io sono sempre uno e indiviso. Il cosiddetto falso ‘io’ (la mente o ego) è realmente niente altro che l’ ‘io’ reale che sembra essere qualcosa di diverso da ciò che è sempre realmente.  In altre parole, ogni volta che sperimento me stesso come io sono realmente o come qualcos’altro che solamente sembro essere, io sono sempre lo stesso ‘io’ – l’unico e solo ‘io’ che esiste.

Nel suo commento Sanjay ha citato un’altra parte del mio articolo precedente, vale a dire:

La nostra mente sembra essere auto-consapevole, ma la luce con cui è consapevole di se stessa non è la propria luce, ma è la luce che è attinta da ‘io’.  Cioè, la mente ‘risplende’ o è consapevole di se stessa solo quando ‘io’ sperimenta se stesso come ‘io sono questa mente’. Benché  ‘io’ sembra sperimentare se stesso come la mente durante la veglia e il sogno, così ‘io’ è realmente distinto dalla mente, perché esso risplende nel sonno in assenza della mente.

Con riferimento a questo ha scritto:

Tu hai detto sopra: ‘Benché  ‘io’ sembra sperimentare se stesso come la mente durante la veglia e il sogno, così ‘io’ è realmente distinto dalla mente, perché esso risplende nel sonno in assenza della mente. …’ Qui stai usando ‘io’ nel senso del nostro puro sé non-duale, ‘io sono’.
Quindi equipari ‘io’ sia al nostro puro sé sia alla nostra mente. Dovremmo comprendere in questo modo? O dovremmo comprendere ‘io’ solo come il nostro puro sé?

Nel contesto degli insegnamenti di Sri Ramana, la parola ‘io’ (o ‘sé’) può riferirsi sia a ciò che siamo realmente (il nostro sé reale) sia a ciò che ora sembriamo essere (il nostro falso sé), vale a dire la nostra mente o ego, il pensiero primario chiamato ‘io’. Quindi in ciascuna occasione in cui è usata dobbiamo giudicare dal contesto a cui  esattamente si sta riferendo. Comunque, ci sono molte occasioni in cui non si riferisce in modo specifico né all’uno né all’altro. Per esempio, quando Sri Ramana ci consiglia di investigare chi sono io, l’ ‘io’ che dobbiamo investigare sembra inizialmente essere la nostra mente o ego, ma se lo investighiamo in modo esauriente scopriremo che non è mai stato realmente una mente o un ego ma è stato sempre solo ciò che siamo realmente. Quindi non dovremmo cercare di specificare se l’ ‘io’ che dovremmo investigare è ciò che siamo realmente o solo ciò che ora sembriamo essere.

La ragione per cui questa ambiguità apparente è inevitabile è che sperimentiamo realmente solo un ‘io’, così esso è essenzialmente lo stesso ‘io’ sia che lo sperimentiamo come è realmente (che è il nostro puro ‘io’ o sé reale) sia come qualcosa che esso sembra solamente essere (che è quindi una versione del nostro puro ‘io’ mischiata con aggiunte). Cioè, sia che sperimento me stesso come io sono realmente sia come qualcosa che sembro solamente essere, io sono sempre essenzialmente lo stesso ‘io’, ed è sempre necessariamente vero che io sono, anche se io posso non essere ciò che ora sembro essere.

Secondo l’esperienza di Sri Ramana, ciò che io sono realmente è infinito e indivisibile, così esso solo esiste e non c’è niente altro che se stesso che esso possa sperimentare. Quindi secondo la sua analisi della nostra attuale esperienza, ciò che sperimenta qualsiasi cosa diversa da se stesso non è ciò che io sono realmente ma solo ciò che io sembro essere (vale a dire questa mente o ego, il nostro pensiero primario chiamato ‘io’), e ciò che io sembro essere è una mescolanza di ciò che io sono realmente e varie aggiunte estranee, di cui la base essenziale è un corpo, che è esso stesso solo un pensiero e perciò irreale.

Quindi ciò che io sono realmente non è un corpo né una mente, non è nemmeno l’essenza della mente (vale a dire il suo pensiero primario chiamato ‘io’, che sperimenta se stesso come ‘io sono questo corpo’), ma è solo l’essenza dell’essenza della mente (vale a dire il puro ‘io sono’ senza aggiunte, che è il solo reale elemento essenziale nell’esperienza composta ‘io sono questo corpo’). Cioè, l’essenza della mente è l’ego (che sperimenta se stesso come ‘io sono questo corpo’), e l’essenza dell’ego è ciò che io sono realmente (che sperimenta se stesso senza alcuna aggiunta solo come ‘io sono’).

Tuttavia, né stabilire logicamente che io sono né analizzare logicamente cosa io sono ci può rendere in grado di sperimentare ciò che siamo realmente, perché ciò che si impegna in tali ragionamenti o analisi logiche è solo la nostra mente, che è ciò che ora sembriamo essere. Poiché non possiamo ragionare o analizzare qualsiasi cosa senza sperimentare noi stessi come una mente, nessuna quantità di ragionamento o analisi può produrre il nostro sperimentare noi stessi come siamo realmente. Quindi, per sperimentare ciò che io sono realmente, devo investigare me stesso cercando di mettere a fuoco la mia intera attenzione solo su ‘io’ così che posso sperimentare me stesso in completo isolamento da tutte le altre cose (inclusa ogni attività come ragionare o analizzare).

Usare il nostro potere di ragionamento logico per stabilire che io sono e analizzare cosa io sono è un utile preliminare all’auto-investigazione (ātma-vicāra), perché stabilendo che è necessariamente vero che io sono, mentre non è necessariamente vero che qualsiasi altra cosa è (poiché l’apparente esistenza di tutte le altre cose può essere illusoria), possiamo convincere noi stessi che investigare e sperimentare ciò che io sono realmente è più importante di investigare o sperimentare qualsiasi altra cosa, e perché analizzando ciò che io sono possiamo almeno concludere che io non sono il corpo o la mente che ora sembro essere, e così possiamo evitare di investigare tali aggiunte causate dal falso credo che esse sono ciò che io sono realmente.

Cioè, una volta che comprendiamo chiaramente che io non sono il corpo o la mente che ora sembro essere – e neppure sono il pensiero primario chiamato ‘io’ (che è sia l’essenza della mente sia il soggetto che sperimenta ogni altra cosa), poiché questo pensiero primario (l’ego) è una mescolanza  di me stesso e di aggiunte (cioè, è cit-jaḍa-granthi, il nodo che lega insieme il cosciente ‘io’ e le aggiunte non coscienti) –  comprenderemo che ciò che dobbiamo investigare è solo l’essenziale elemento cosciente di questa mescolanza, vale a dire l’ ‘io’ privo di tutte le aggiunte. Come Sri Ramana disse (come riportato nel capitolo finale di  Maharshi’s Gospel:  2002 edition, p. 89):

[…] L’ego è perciò chiamato cit-jaḍa-granthi. Nella tua investigazione nella sorgente di ahaṁ-vṛtti [l’evento-‘io’ o ego], prendi l’aspetto essenziale cit [cosciente] dell’ego; […]

 Quindi, analizzare ciò che io sono ci aiuterà a focalizzare la nostra attenzione esattamente solo sul nostro puro ‘io’ senza aggiunte e quindi a sperimentare ciò che io sono realmente.

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