15
Agosto 2014
Nel mio
articolo precedente, We must experience what is, not what
merely seems to be , ho scritto:
‘Io’ certamente esiste, perché ‘io’ è ciò che sperimenta sia
se stesso sia tutte le altre cose, così, anche se tutte le altre cose sembrano
solamente esistere, la loro apparente esistenza potrebbe non essere sperimentata
se ‘io’ non esistesse per sperimentarla. L’esistenza di ‘io’ è quindi
necessariamente vera, mentre l’esistenza di qualsiasi altra cosa non è
necessariamente vera, perché nient’altro sperimenta la propria esistenza o
l’esistenza di qualsiasi altra cosa, così benché le cose diverse da ‘io’
sembrano esistere, è possibile che esse non esistano tranne che nell’esperienza
di ‘io’.
Con riferimento a questo paragrafo, un amico di nome Sanjay
in un commento ha chiesto:
Tu dici qui: ‘L’esistenza di ‘io’ è quindi necessariamente
vera…’, ma prima hai anche detto che: ‘…poiché ‘io’ è ciò che sperimenta se
stesso e tutte le altre cose…’. Dunque se ‘io’ sperimenta se stesso e tutte le
altre cose allora è la nostra mente, la nostra consapevolezza limitata o
riflessa, quindi come può ‘io’ essere necessariamente vero, come hai detto
prima in questo paragrafo? Non dovremmo considerare questo ‘io’ come nostra
immaginazione, anche se la nostra prima immaginazione - cioè, il nostro pensiero – ‘io’?
Lo scopo del paragrafo cui Sanjay si è riferito era solo
stabilire che io sono, e non era quello di analizzare cosa io
sono. E’ sicuramente necessario per noi analizzare cosa io sono, perché abbiamo
bisogno di distinguere cosa io sono realmente da ciò che solamente sembro
essere, ma gli argomenti che sono usati per analizzare cosa io sono,
sono differenti dagli argomenti che sono usati semplicemente per stabilire che
io sono, qualsiasi cosa io possa essere. Cioè, questi ultimi argomenti
stabiliscono semplicemente che qualcosa che sperimentiamo come ‘io', noi stessi,
certamente esiste, anche se questo ‘io’ certamente esistente può non essere
qualsiasi cosa che ora sembra essere.
Il contesto in cui ho scritto questo paragrafo era il
discutere la necessità di investigare e sperimentare ciò che realmente è
piuttosto che ciò che solamente sembra essere, così mi stavo rivolgendo a
stabilire che la sola cosa che esiste con certezza è ‘io’, e che qualsiasi
altra cosa che sembra esistere non esiste con certezza. Io esiste certamente,
perché se io non esistessi non potrei sperimentare né me stesso né qualsiasi
altra cosa, reale o illusoria. Altro che me stesso (io) solamente, qualsiasi
altra cosa sperimento potrebbe essere un’illusione, ma il fatto che io esisto
non può essere un’illusione, perché per sperimentare qualsiasi cosa, anche
un’illusione, io devo esistere.
Questo è il motivo per cui scrissi: ‘L’esistenza di ‘io’ è
quindi necessariamente vera, mentre l’esistenza di qualsiasi altra cosa non è
necessariamente vera’. Per essere necessariamente vera, una cosa deve
sperimentare se stessa, perché se non lo facesse ma fosse solo sperimentata da
qualcosa diversa da se stessa, potrebbe essere solo un’illusione sperimentata
da quell’altra cosa. Quindi, poiché solo ‘io’ sperimenta se stesso, esso solo è
necessariamente vero.
Comunque, anche se è necessariamente vero che io sono, non
ne consegue logicamente che è necessariamente vero che io sono ciò che ora
sembro essere, perché qualsiasi cosa sembro essere (cioè, qualsiasi cosa
sperimento come se fosse me stesso) potrebbe essere un’illusione. Di fatto, se
sperimento me stesso come qualcosa diversa da ‘io’ solamente, qualsiasi cosa
sperimento come me stesso non è certamente ciò che sono realmente, perché non
posso essere qualcosa diversa da ‘io’ solamente. Quindi, avendo logicamente
stabilito che è necessariamente vero che io sono, abbiamo bisogno di
analizzare cosa io sono.
Ora sperimento un certo corpo come se fosse me stesso, ma
questo corpo non è qualcosa che sperimenterebbe se stesso se io non fossi
presente a sperimentarlo, così sembra dubbio se questo corpo può essere ciò che
sono realmente. Ora sperimento me stesso come questo corpo, ma nel sogno non
sperimento affatto questo corpo, anche se ancora sperimento che io sono.
Comunque, come nella veglia, nel sogno non sperimento me stesso come ‘io’
solamente, ma sperimento me stesso come se fossi qualche altro corpo, che in
quel momento sembra essere un corpo fisico, proprio come questo corpo attuale.
Solo dopo che mi sono svegliato da un sogno sono in grado di riconoscere che
l’apparente corpo fisico che allora sperimentavo come me stesso era realmente
solo una creazione mentale, e quindi non era affatto realmente fisico.
Dalla nostra esperienza del sogno possiamo trarre due importanti conclusioni. Primo,
poiché sperimento me stesso nel sogno senza sperimentare il corpo che
sperimento come me stesso nella veglia, questo corpo dello stato di veglia non
può essere realmente ‘io’, perché se ‘io’ e questo corpo fossero numericamente
identici (cioè, se essi non fossero due cose separate ma fossero una cosa
sola), non potrei sperimentare uno di essi senza sperimentare l’ ‘altro’
(perché l’ ‘altro’ non sarebbe realmente ‘altro’). In altre parole, non potrei
sperimentare ‘io’ senza sperimentare questo corpo se esso fosse realmente ciò
che sono. In modo simile, non posso realmente essere il corpo che ho
sperimentato come me stesso nel sogno, perché ora sperimento me stesso senza
sperimentare quel corpo.
Secondo, poiché il corpo che ho sperimentato come me stesso
in un sogno mi sembrava in quel momento essere reale e fisico, ed è stato da me
riconosciuto solamente come un’illusoria creazione mentale solo dopo che mi
sono svegliato da quel sogno, sembro non avere una qualche ragione sufficiente
per supporre che questo corpo che ora sperimento come me stesso in questo
attuale stato di ‘veglia’ non è allo stesso modo un’illusoria creazione
mentale. Sognando, il mio stato di sogno sembrava essere uno stato di veglia, e
il corpo e il mondo che allora sperimentavo sembravano essere reali e fisici,
proprio come il mio attuale stato ora sembra essere uno stato di veglia, e il
corpo e il mondo che ora sperimento sembrano essere reali e fisici. Come posso
essere sicuro, quindi, che questo attuale stato che ora sembra essere uno stato
di veglia non è realmente solo un altro sogno? Non sembra esservi una prova disponibile che
possa definitivamente dimostrarmi (o che potrebbe anche mostrarlo come
probabile) che questo non è un sogno, o che ogni stato simile che posso
sperimentare non è un sogno.
Sebbene entrambi queste conclusioni che possiamo trarre
dalla nostra esperienza del sogno siano importanti, quella che più ci interessa
nel contesto della nostra attuale analisi di ciò che io sono è la prima di
esse, vale a dire la conclusione che io non posso essere il corpo che ora
sperimento come me stesso, perché nel sogno sperimento me stesso senza
sperimentare questo corpo. Quindi la mia esperienza che io sono questo corpo è
un’illusione, anche se io non posso essere un’illusione.
In questo attuale stato (che sembra essere uno stato di
veglia ma potrebbe essere solo un altro sogno) io sperimento me stesso non solo
come questo apparente corpo fisico ma anche come una mente apparentemente
pensante, percipiente e sperimentante. Comunque, non sperimento me stesso come
questa mente solo in questo attuale stato, perché nel sogno sperimento me
stesso come questa stessa mente. Di fatto, in ogni stato in cui sperimento me
stesso come un corpo, sperimento anche me stesso come questa mente. Sebbene il corpo che sperimento come me stesso
in ciascun stato sia differente, la mente che sperimento come me stesso in
ciascun stato sembra essere essenzialmente la stessa – anche se alcune delle
sue caratteristiche, come alcune o tutte le sue memorie, possono essere
differenti.
Il fatto che alcune delle memorie che sperimento in un sogno
possono non essere identiche a quelle che ora sperimento non è importante alla nostra attuale analisi,
perché anche in questo attuale stato di veglia apparente le mie memorie
cambiano costantemente. Esperienze o informazioni che potevo ricordare nel
passato, ora posso averle dimenticate, e nuove esperienze e informazioni sono
aggiunte costantemente alla mia memoria, ma la mente che ricorda tali cose è la
stessa. Proprio perché ho ora dimenticato alcune delle cose che potevo
ricordare dieci anni fa, o perché nel frattempo ho sperimentato e imparato
molte nuove cose che sono state aggiunte alla mia memoria, non dovremmo dire
che la mia mente ora non è essenzialmente la stessa mente che era dieci anni
fa.
Lo stesso si applica ad altre caratteristiche della mia
mente che cambiano o possono cambiare nel corso del tempo, come le mie
preferenze, avversioni, credi, speranze o paure, e naturalmente i miei pensieri
sempre in cambiamento. Solo perché alcune di queste caratteristiche possono non
essere come erano dieci, venti o trenta anni fa, non dovremmo dire che la mia
mente ora non è essenzialmente la stessa mente che era a quei tempi. Nello
stesso modo, sebbene alcune delle sue memorie e altre caratteristiche possono
non essere esattamente le stesse in un sogno come lo sono ora in questo stato
attuale, sarebbe irragionevole dire che la mente che sperimento come me stesso
in un sogno non è essenzialmente la stessa mente che sperimento come me stesso
in questo stato attuale.
Quindi, poiché sperimento la stessa mente come me stesso in
tutti gli stati in cui sperimento un corpo come me stesso, possiamo concludere
che questa mente è ciò che sono realmente? Se non avessi mai sperimentato che
io sono senza sperimentare me stesso come questa mente, questa mente potrebbe
forse essere ciò che io sono realmente, ma poiché io sono essenzialmente immutabile
(perché qualsiasi cosa posso sperimentare nel passato, nel presente, o nel futuro,
è sempre lo stesso io che la sta sperimentando) e poiché molte delle
caratteristiche di questa mente o stanno cambiando o sono soggette a
cambiamento, questa intera mente non può essere ciò che io sono realmente,
sebbene forse qualche parte essenziale di essa potrebbe essere ciò che io sono
realmente.
Prima di poter decidere se qualche parte di questa mente è ciò che io sono
realmente o no, abbiamo bisogno di analizzarla per determinare quale parte di
essa, se c’è, potrebbe essere ciò che sono realmente. Sri Ramana ci ha perciò
dato un’analisi sommaria della mente nel verso 18 di Upadēśa Undiyār:
எண்ணங்க ளேமனம்
யாவினு நானெனு
மெண்ணமே மூலமா முந்தீபற
யானா மனமென லுந்தீபற.
யானா மனமென லுந்தீபற.
eṇṇaṅga ḷēmaṉam yāviṉu nāṉeṉu
meṇṇamē mūlamā mundīpaṟa
yāṉā maṉameṉa lundīpaṟa.
meṇṇamē mūlamā mundīpaṟa
yāṉā maṉameṉa lundīpaṟa.
பதச்சேதம்: எண்ணங்களே மனம்.
யாவினும் நான் எனும் எண்ணமே மூலம் ஆம். யான் ஆம் மனம் எனல்.
Padacchēdam (separazione delle parole): eṇṇaṅgaḷ-ē maṉam. yāviṉ-um
nāṉ eṉum eṇṇam-ē mūlam ām. yāṉ ām maṉam eṉal.
Traduzione: Solo i pensieri sono la mente [o la mente è solo pensieri].
Di tutti [i pensieri], il pensiero chiamato ‘io’ solo è il mūla [la radice, la base, il fondamento, l’origine, la sorgente o la
causa]. [Quindi] ciò che è chiamata mente è [essenzialmente solo questo
pensiero radice] ‘io’.
In questo contesto எண்ணங்கள் (eṇṇaṅgaḷ), che significa
‘pensieri’ o ‘idee’, indica il fenomeno mentale di un qualunque genere, e
quindi include tutte le nostre percezioni, concetti, idee, immaginazioni,
memorie, credi, sensazioni, emozioni, desideri, speranze, paure e così via.
Cioè, nel senso in cui Sri Ramana ha usato il termine, un எண்ணம் (eṇṇam) o pensiero è qualunque cosa
che sperimento diversa da ciò che sono realmente.
Di tutti i pensieri che sperimentiamo, la radice o
fondamento è il nostro pensiero primario chiamato ‘io’, che è il nostro ego.
Tutti gli altri pensieri stanno venendo e andando in modo perpetuo, mentre
questo pensiero radice chiamato ‘io’ è costante – cioè, è presente fino a
quando la mente è attiva (in altre parole, fino a quando è presente qualsiasi
altro pensiero), e cessa solo quando tutti gli altri pensieri sono cessati,
come nel sonno senza sogni. Mentre nessun altro pensiero sperimenta qualcosa –
se stesso o ogni altro pensiero – questo pensiero radice ‘io’ sperimenta sia se
stesso sia ogni altro pensiero. In altre parole, è l’unico pensiero che pensa
(crea e sperimenta) tutti gli altri pensieri. Mentre tutti gli altri pensieri
sono oggetti sperimentati da esso, questo pensiero chiamato ‘io’ è l’unico
soggetto che li sperimenta tutti, e questo è il motivo per cui esso deve essere
presente perché ogni altro pensiero sia sperimentato. Quindi esso solo è
l’essenza della mente – cioè, è ciò che la mente è essenzialmente.
Comunque, questo pensiero primario chiamato ‘io’ (l’ego) non
è ciò che sono realmente, perché esso sprofonda e cessa di esistere come tale
nel sonno o ogni volta che tutti gli altri pensieri sprofondano. Senza
sperimentare qualche altro pensiero, esso non può stare, così non esiste mai da
solo. Come Sri Ramana dice nel quarto e quinto paragrafo di Nāṉ Yār? (Chi
sono io?):
[...] மனம் எப்போதும் ஒரு
ஸ்தூலத்தை யனுசரித்தே நிற்கும்; தனியாய் நில்லாது. [...]
[...] maṉam eppōdum oru sthūlattai y-aṉusarittē niṟkum; taṉiyāy nillādu.
[...]
[...] La mente si regge soltanto cercando sempre [dando attenzione e quindi
attaccando se stessa a] qualcosa di grossolano [qualche pensiero diverso da
‘io]; da sola essa non si regge. […]
[...] மனதில் தோன்றும் நினைவுக ளெல்லாவற்றிற்கும் நானென்னும் நினைவே
முதல் நினைவு. இது எழுந்த பிறகே
ஏனைய நினைவுகள் எழுகின்றன. தன்மை தோன்றிய பிறகே முன்னிலை படர்க்கைகள் தோன்றுகின்றன; தன்மை யின்றி முன்னிலை படர்க்கைக ளிரா.
[...] maṉadil tōṉḏṟum niṉaivugaḷ ellāvaṯṟiṯkum nāṉ-eṉṉum niṉaivē mudal niṉaivu.
idu eṙunda piṟahē ēṉaiya niṉaivugaḷ eṙugiṉḏṟaṉa. taṉmai tōṉḏṟiya piṟahē muṉṉilai
paḍarkkaikaḷ tōṉḏṟugiṉḏṟaṉa; taṉmai y-iṉḏṟi muṉṉilai paḍarkkaikaḷ irā.
[...] Di tutti i pensieri che appaiono nella mente, solo il pensiero
chiamato ‘io è il primo [primario, basilare, originale o causale] pensiero.
Solo dopo che questo pensiero sorge sorgono gli altri pensieri. Solo dopo
che la prima persona appare appaiono la seconda e la terza persona; senza la
prima persona [il pensiero primario chiamato ‘io’] la seconda e la terza
persona [gli altri pensieri] non esistono.
Poiché questo pensiero primario chiamato ‘io’ sorge, si
sostiene e prospera solo nella veglia e nel sogno, ma sprofonda e cessa di
esistere nel sonno (e in ogni altro stato in cui tutti gli altri pensieri sono sprofondati),
esso non può essere ciò che io sono realmente, perché nel sonno io esisto nella
sua assenza. Non solo io esisto nel sonno, ma anche sperimento in quel momento
la mia esistenza, perché se nel sonno non sperimentassi la mia esistenza e
l’assenza di qualsiasi altra cosa, dopo il risveglio non sarei consapevole che
ho dormito o che nel sonno ho sperimentato niente altro che me stesso – in
altre parole, non sarei consapevole del sonno come un intervallo apparentemente
vuoto che ho sperimentato tra stati successivi di veglia e di sogno.
Poiché questo pensiero primario chiamato ‘io’ non è ciò che
io sono realmente, qual è la sua relazione a ciò che io sono realmente, è in
quale modo è differente da ciò che io sono realmente? Esso non può ovviamente
esistere indipendentemente da ciò che io sono realmente, perché sembra esistere
solo quando lo sperimento come se fosse me stesso, ma anche non può esistere
indipendentemente da altri pensieri. Esso quindi sembra funzionare come un
qualche genere di collegamento tra me stesso e altri pensieri.
Come abbiamo osservato precedentemente, questo pensiero
primario chiamato ‘io’, che è ciò che la mente è essenzialmente, sorge e
funziona solo in stati (come la veglia e il sogno) in cui io sperimento me
stesso come un corpo. Senza sperimentare noi stessi come un corpo, non
sperimentiamo mai noi stessi come una mente. Anche se potessimo immaginare noi
stessi esistere come una mente in qualche genere di stato disincarnato, sarebbe
difficile (e forse anche impossibile) immaginarsi essere in tale stato senza
avere almeno qualche genere di corpo etereo, perché senza un corpo di un
qualsiasi genere, non sperimenteremmo noi stessi con una locazione nello spazio
(nello spazio fisico o in uno spazio puramente mentale), e senza qualche
locazione nello spazio non potremmo sperimentare ogni oggetto diverso da noi
stessi (un oggetto fisico o un oggetto puramente mentale come un pensiero o una
sensazione), perché senza avere una locazione separata in cui apparire, niente
apparirebbe come separato da noi stessi.
Quindi l’esperienza mentale (cioè, l’esperienza delle cose
che sembrano essere diverse da noi stessi) sembra essere asserita sull’esperienza
di noi stessi come qualche genere di un corpo, fisico o etereo. Inoltre, supporre
una distinzione tra un corpo etereo (sūkṣma o sottile) e un corpo fisico (sthūla o
grossolano) è forse non valido, perché qualsiasi corpo che attualmente
sperimentiamo come noi stessi sembra sempre essere un corpo fisico mentre lo stiamo sperimentando. Per esempio, benché
possiamo ora considerare un corpo che abbiamo sperimentato come noi stessi in
un sogno come non fisico (puramente mentale o etereo), mentre lo stavamo
sperimentando ci sembrava essere fisico. Nello stesso modo, se il nostro stato
attuale di veglia apparente è realmente solo un altro sogno, l’apparente corpo
fisico che ora sperimentiamo come noi stessi non è realmente fisico ma solo
mentale o etereo.
Poiché non sperimentiamo mai la nostra mente senza
sperimentare noi stessi come un corpo, Sri Ramana spesso descriveva il nostro
pensiero primario chiamato ‘io’ come il pensiero ‘io sono questo corpo’ (in cui
‘questo corpo’ si riferisce a qualsiasi corpo che attualmente sperimentiamo
come noi stessi, nella veglia o nel sogno).
Per esempio, nella prima delle due righe del verso 2 di Āṉma-Viddai egli
scrive:
ஊனா ருடலிதுவே நானா
மெனுநினைவே
நானா நினைவுகள்சே ரோர்நார் [...]
ūṉā ruḍaliduvē nāṉā meṉuniṉaivē
nāṉā niṉaivugaḷsē rōrnār [...]
nāṉā niṉaivugaḷsē rōrnār [...]
பதச்சேதம்: ‘ஊன் ஆர் உடல் இதுவே நான் ஆம்’ எனும் நினைவே நானா நினைவுகள் சேர் ஓர் நார்
[...]
Padacchēdam (separazione delle parole): ‘ūṉ ār uḍal idu-v-ē nāṉ
ām’ eṉum niṉaivē nāṉā niṉaivugaḷ sēr ōr nār [...]
Traduzione: Solo il pensiero ‘questo corpo composto di carne è io’ è
l’unico filo su cui [tutti] i vari pensieri sono infilati […]
Quindi il nostro pensiero primario chiamato ‘io’ (l’ego) non
è il nostro puro ‘io’, ma il nostro puro ‘io’ mischiato con aggiunte estranee, delle
quali la prima e principale è il nostro
corpo. Questo è il motivo per cui Sri Ramana lo descrisse come un pensiero. Il
nostro puro ‘io’ (cioè, ciò che siamo realmente) non è un pensiero, ma il corpo
e le altre aggiunte con cui esso ora sembra essere mischiato e confuso sono
pensieri, così l’esperienza composta ‘io sono questo corpo’ è un pensiero.
Poiché il mio pensiero primario chiamato ‘io’ è una
mescolanza confusa di me stesso (‘io’), che sono cosciente, e un corpo, che è
non-cosciente, egli spesso lo ha descritto come
cit-jaḍa-granthi, il nodo (granthi) che lega insieme il
cosciente (cit) e il non cosciente (jaḍa) come se fossero uno. In
questa mescolanza confusa, un elemento è reale mentre l’altro è irreale.
L’elemento reale è ciò che è cosciente (cit), vale a dire ‘io sono’,
mentre l’elemento irreale è ciò che è non cosciente (jaḍa) , vale a dire
‘questo corpo’.
Ciò che sprofonda e cessa temporaneamente di esistere nel
sonno è solo l’elemento irreale di questo pensiero primario chiamato ‘io’, vale
a dire il corpo e tutte le altre aggiunte che lo accompagnano, e ciò che rimane
è solo il suo elemento reale, vale a dire ‘io sono’. Questo è il motivo per cui
continuiamo a sperimentare la nostra
esistenza nel sonno nonostante l’assenza della nostra mente e di qualsiasi
altra cosa.
Quando il nostro puro ‘io sono’ (che è ciò che siamo realmente)
esiste solo senza essere mischiato con qualche aggiunta, esso non sperimenta
nulla tranne se stesso. Anche quando sembra essere mischiato con aggiunte, ciò
che allora sperimenta l’apparente esistenza di altre cose non è questo puro
‘io’ ma è solo il pensiero primario chiamato ‘io’ che è una mescolanza confusa
del puro ‘io’ e di aggiunte. In altre parole, ciò che sperimenta tutta la
molteplicità e l’alterità nella veglia e nel sogno non è ciò che siamo
realmente ma è solo ciò che in quei momenti
sembriamo essere, vale a dire la nostra mente, che sempre sperimenta se
stessa come ‘io sono questo corpo’ (sia esso questo corpo attuale o qualche
altro corpo di sogno).
Quindi Sanjay era nel giusto quando ha scritto nel suo
commento, ‘se ‘io’ sperimenta sia se stesso sia tutte le altre cose allora è la
nostra mente, la nostra consapevolezza limitata o riflessa’, ma ciò che ha voluto dire quando ha scritto
nella proposizione successiva di quella frase, ‘allora come può ‘io’ essere
necessariamente vero’, non era corretto. Anche se ora sperimento me stesso come
questa mente e quindi sperimento cose che sembrano essere diverse da me stesso,
è ancora necessariamente vero che io sono. Ciò che non è necessariamente vero è
che io sono questo corpo che ora sembro essere.
La confusione su cui il dubbio di Sanjay sembra essere
basato sorge quando immaginiamo che ci sono realmente due ‘io’, un ‘io’ reale e
un falso ‘io’, essendo il secondo la nostra mente o ego. Comunque, questa
confusione non è necessaria, perché non ci sono mai due ‘io’, poiché io sono
sempre uno e indiviso. Il cosiddetto falso ‘io’ (la mente o ego) è realmente
niente altro che l’ ‘io’ reale che sembra essere qualcosa di diverso da ciò che
è sempre realmente. In altre parole,
ogni volta che sperimento me stesso come io sono realmente o come qualcos’altro
che solamente sembro essere, io sono sempre lo stesso ‘io’ – l’unico e solo ‘io’
che esiste.
Nel suo commento Sanjay ha citato un’altra parte del mio
articolo precedente, vale a dire:
La nostra mente sembra essere auto-consapevole, ma la luce
con cui è consapevole di se stessa non è la propria luce, ma è la luce che è
attinta da ‘io’. Cioè, la mente ‘risplende’
o è consapevole di se stessa solo quando ‘io’ sperimenta se stesso come ‘io
sono questa mente’. Benché ‘io’ sembra
sperimentare se stesso come la mente durante la veglia e il sogno, così ‘io’ è
realmente distinto dalla mente, perché esso risplende nel sonno in assenza
della mente.
Con riferimento a questo ha scritto:
Tu hai detto sopra: ‘Benché ‘io’ sembra sperimentare se stesso come la
mente durante la veglia e il sogno, così ‘io’ è realmente distinto dalla mente,
perché esso risplende nel sonno in assenza della mente. …’ Qui stai usando ‘io’
nel senso del nostro puro sé non-duale, ‘io sono’.
Quindi equipari ‘io’ sia al nostro puro sé sia alla nostra mente. Dovremmo comprendere in questo modo? O dovremmo comprendere ‘io’ solo come il nostro puro sé?
Quindi equipari ‘io’ sia al nostro puro sé sia alla nostra mente. Dovremmo comprendere in questo modo? O dovremmo comprendere ‘io’ solo come il nostro puro sé?
Nel contesto degli insegnamenti di Sri Ramana, la parola ‘io’
(o ‘sé’) può riferirsi sia a ciò che siamo realmente (il nostro sé reale) sia a
ciò che ora sembriamo essere (il nostro falso sé), vale a dire la nostra mente
o ego, il pensiero primario chiamato ‘io’. Quindi in ciascuna occasione in cui
è usata dobbiamo giudicare dal contesto a cui
esattamente si sta riferendo. Comunque, ci sono molte occasioni in cui non
si riferisce in modo specifico né all’uno né all’altro. Per esempio, quando Sri
Ramana ci consiglia di investigare chi sono io, l’ ‘io’ che dobbiamo
investigare sembra inizialmente essere la nostra mente o ego, ma se lo investighiamo
in modo esauriente scopriremo che non è mai stato realmente una mente o un ego
ma è stato sempre solo ciò che siamo realmente. Quindi non dovremmo cercare di
specificare se l’ ‘io’ che dovremmo investigare è ciò che siamo realmente o
solo ciò che ora sembriamo essere.
La ragione per cui questa ambiguità apparente è inevitabile
è che sperimentiamo realmente solo un ‘io’, così esso è essenzialmente lo
stesso ‘io’ sia che lo sperimentiamo come è realmente (che è il nostro puro ‘io’
o sé reale) sia come qualcosa che esso sembra solamente essere (che è quindi
una versione del nostro puro ‘io’ mischiata con aggiunte). Cioè, sia che
sperimento me stesso come io sono realmente sia come qualcosa che sembro
solamente essere, io sono sempre essenzialmente lo stesso ‘io’, ed è sempre
necessariamente vero che io sono, anche se io posso non essere ciò che ora
sembro essere.
Secondo l’esperienza di Sri Ramana, ciò che io sono
realmente è infinito e indivisibile, così esso solo esiste e non c’è niente
altro che se stesso che esso possa sperimentare. Quindi secondo la sua analisi
della nostra attuale esperienza, ciò che sperimenta qualsiasi cosa diversa da
se stesso non è ciò che io sono realmente ma solo ciò che io sembro essere
(vale a dire questa mente o ego, il nostro pensiero primario chiamato ‘io’), e
ciò che io sembro essere è una mescolanza di ciò che io sono realmente e varie aggiunte
estranee, di cui la base essenziale è un corpo, che è esso stesso solo un
pensiero e perciò irreale.
Quindi ciò che io sono realmente non è un corpo né una
mente, non è nemmeno l’essenza della mente (vale a dire il suo pensiero
primario chiamato ‘io’, che sperimenta se stesso come ‘io sono questo corpo’),
ma è solo l’essenza dell’essenza della mente (vale a dire il puro ‘io sono’
senza aggiunte, che è il solo reale elemento essenziale nell’esperienza
composta ‘io sono questo corpo’). Cioè, l’essenza della mente è l’ego (che
sperimenta se stesso come ‘io sono questo corpo’), e l’essenza dell’ego è ciò
che io sono realmente (che sperimenta se stesso senza alcuna aggiunta solo come
‘io sono’).
Tuttavia, né stabilire logicamente che io sono né
analizzare logicamente cosa io sono ci può rendere in grado di
sperimentare ciò che siamo realmente, perché ciò che si impegna in tali
ragionamenti o analisi logiche è solo la nostra mente, che è ciò che ora
sembriamo essere. Poiché non possiamo ragionare o analizzare qualsiasi cosa
senza sperimentare noi stessi come una mente, nessuna quantità di ragionamento
o analisi può produrre il nostro sperimentare noi stessi come siamo realmente.
Quindi, per sperimentare ciò che io sono realmente, devo investigare me stesso
cercando di mettere a fuoco la mia intera attenzione solo su ‘io’ così che posso
sperimentare me stesso in completo isolamento da tutte le altre cose (inclusa
ogni attività come ragionare o analizzare).
Usare il nostro potere di ragionamento logico per stabilire che
io sono e analizzare cosa io sono è un utile preliminare all’auto-investigazione
(ātma-vicāra), perché stabilendo che è necessariamente vero che io sono,
mentre non è necessariamente vero che qualsiasi altra cosa è (poiché l’apparente
esistenza di tutte le altre cose può essere illusoria), possiamo convincere noi
stessi che investigare e sperimentare ciò che io sono realmente è più
importante di investigare o sperimentare qualsiasi altra cosa, e perché
analizzando ciò che io sono possiamo almeno concludere che io non sono il corpo
o la mente che ora sembro essere, e così possiamo evitare di investigare tali aggiunte
causate dal falso credo che esse sono ciò che io sono realmente.
Cioè, una volta che comprendiamo chiaramente che io non sono
il corpo o la mente che ora sembro essere – e neppure sono il pensiero primario
chiamato ‘io’ (che è sia l’essenza della mente sia il soggetto che sperimenta
ogni altra cosa), poiché questo pensiero primario (l’ego) è una mescolanza di me stesso e di aggiunte (cioè, è cit-jaḍa-granthi,
il nodo che lega insieme il cosciente ‘io’ e le aggiunte non coscienti) – comprenderemo che ciò che dobbiamo investigare
è solo l’essenziale elemento cosciente di questa mescolanza, vale a dire l’ ‘io’
privo di tutte le aggiunte. Come Sri Ramana disse (come riportato nel capitolo
finale di Maharshi’s Gospel: 2002 edition, p. 89):
[…] L’ego è perciò chiamato cit-jaḍa-granthi. Nella
tua investigazione nella sorgente di ahaṁ-vṛtti [l’evento-‘io’ o ego],
prendi l’aspetto essenziale cit [cosciente] dell’ego; […]
Quindi, analizzare ciò che io sono ci aiuterà a focalizzare la nostra
attenzione esattamente solo sul nostro puro ‘io’ senza aggiunte e quindi a sperimentare ciò che io sono realmente.
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