18 Gennaio 2015
Un amico mi ha scritto recentemente dicendo che in un libro
Tedesco su Uḷḷadu
Nāṟpadu intitolato
Über das Selbst (Riguardo il Sé) l’autore ha scritto che la
consapevolezza assoluta è connessa attraverso il nostro ombelico, e mi ha
chiesto di commentare su questo. Ciò che segue è adattato dalla risposta che ho
scritto:
Partiamo dal presupposto che ciò che s’intende qui con il
termine ‘consapevolezza’ è ciò che è cosciente, che è il senso in cui è usato
generalmente nel contesto degli insegnamenti di Sri Ramana o di ogni altra
forma di filosofia advaita. E’ importante chiarire questo, perché ‘consapevolezza’
è usata in una varietà di sensi differenti, così il suo esatto significato è
determinato generalmente dal contesto in cui è usata.
In questo senso, il termine ‘assoluta consapevolezza’ nello
stesso modo significa ciò che è cosciente, ma l’aggettivo ‘assoluta’ la
distingue da ogni altra forma di consapevolezza relativa. Poiché ogni forma di
consapevolezza che sperimenta qualcosa diversa da se stessa esiste relativa a
qualsiasi cosa essa sperimenta, non è consapevolezza assoluta. Quindi ‘assoluta
consapevolezza’ significa ciò che è cosciente di nient’altro che se stessa, e
di conseguenza è ciò che è altrimenti conosciuta come ‘pura consapevolezza’ o ‘consapevolezza
senza attributi’ – la consapevolezza che sperimentiamo non come ‘io sono questo’
o ‘io sono quello’, ma solo come ‘io sono’.
Secondo Sri Ramana, la consapevolezza assoluta è ciò che siamo realmente, e non è connessa con alcuna cosa, perchè solo essa esiste realmente. Cioè, logicamente essa non potrebbe essere connessa con alcuna cosa se non qualcosa diversa da se stessa che sia realmente esistita, e se qualcosa diversa da se stessa è realmente esistita, essa sarebbe necessariamente limitata e di conseguenza non assoluta ma solo relativa. Quindi per essere connessa con qualcosa, la consapevolezza dovrebbe essere relativa.
Tuttavia benché la consapevolezza assoluta non è connessa con alcuna cosa, ogni cosa che sembra esistere è connessa con essa, perché niente altro potrebbe sembrare esistere se non fosse sperimentato dal nostro ego o mente, e il nostro ego non potrebbe sembrare esistere o sperimentare qualcosa se non contenesse all'interno di sé un elemento di consapevolezza - un elemento che non è altro che consapevolezza assoluta, che è il nostro sé reale, la sola consapevolezza che esiste realmente. Quindi ogni altra cosa diversa da noi stessi (incluso il nostro corpo) è connessa con la consapevolezza assoluta (noi stessi) non attraverso il nostro ombelico, ma solo attraverso il nostro ego.
Secondo Sri Ramana, la consapevolezza assoluta è ciò che siamo realmente, e non è connessa con alcuna cosa, perchè solo essa esiste realmente. Cioè, logicamente essa non potrebbe essere connessa con alcuna cosa se non qualcosa diversa da se stessa che sia realmente esistita, e se qualcosa diversa da se stessa è realmente esistita, essa sarebbe necessariamente limitata e di conseguenza non assoluta ma solo relativa. Quindi per essere connessa con qualcosa, la consapevolezza dovrebbe essere relativa.
Tuttavia benché la consapevolezza assoluta non è connessa con alcuna cosa, ogni cosa che sembra esistere è connessa con essa, perché niente altro potrebbe sembrare esistere se non fosse sperimentato dal nostro ego o mente, e il nostro ego non potrebbe sembrare esistere o sperimentare qualcosa se non contenesse all'interno di sé un elemento di consapevolezza - un elemento che non è altro che consapevolezza assoluta, che è il nostro sé reale, la sola consapevolezza che esiste realmente. Quindi ogni altra cosa diversa da noi stessi (incluso il nostro corpo) è connessa con la consapevolezza assoluta (noi stessi) non attraverso il nostro ombelico, ma solo attraverso il nostro ego.
Benché la consapevolezza assoluta sia ciò che siamo realmente, ora sperimentiamo noi stessi come questo ego o mente, così ora sperimentiamo la consapevolezza come se fosse questo ego, ed è solo questo ego-consapevolezza che è connesso con il nostro corpo e che sperimenta qualsiasi cosa diversa da se stesso. Cioè, quando la consapevolezza sembra essere connessa con il nostro corpo, non è la consapevolezza come è realmente, ma solo la consapevolezza nella forma limitata e distorta del nostro ego o mente.
Il nostro ego o mente sperimenta sempre se stesso come un corpo, così è una mescolanza
di consapevolezza, che sola è reale, e questo corpo, che è irreale. In altre
parole, l’ego o mente è la consapevolezza mischiata ad aggiunte ‘io sono questo
corpo’, e quindi è descritta come cit-jaḍa-granthi, il nodo (granthi) che lega
insieme la consapevolezza (cit) e il corpo non-cosciente (jaḍa) come se fossero uno.
Come ego o mente, sperimentiamo sempre il nostro corpo
come qualcosa di intimamente connesso con noi stessi – cioè, con la nostra
essenziale auto-consapevolezza o coscienza (che sola è ciò che siamo realmente)
– e quindi sentiamo che il nostro intero corpo è cosciente, e che la coscienza
(nella forma del nostro ego) pervade l’intero nostro corpo. Cioè, sperimentiamo
ogni parte del nostro corpo come noi stessi, e poiché noi stessi siamo
coscienti, sentiamo che ogni parte del nostro corpo è cosciente. Anche se
qualche parte del corpo è anestetizzata o è per qualsiasi altra ragione
deprivata della sensazione, siamo ancora coscienti di essa come noi stessi,
ma come una parte di noi stessi che è priva della sensazione o della percezione
sensoriale. Se qualcuno tocca la nostra mano, il nostro piede o qualsiasi altra
parte del nostro corpo, sentiamo che ci hanno toccato, perché non c’è parte del
nostro corpo che sperimentiamo come diverso dall’intero corpo che attualmente
sperimentiamo come noi stessi.
Tuttavia, benché la coscienza (noi stessi) pervada tutto il
nostro corpo, in momenti diversi sembra essere centrata in differenti parti di esso, secondo in quale attività ci accade di essere impegnati. Per esempio,
quando siamo impegnati nel vedere cose, la nostra consapevolezza sembra essere
centrata nella regione degli occhi; quando siamo impegnati a sentire cose,
sembra che sia centrata nella regione delle orecchie; poiché molto del
nostro pensare implica parole e immagini visive, sembra accadere nella nostra
testa, vicino alle orecchie e agli occhi, così quando stiamo pensando la nostra
consapevolezza sembra essere centrata lì; quando stiamo sperimentando qualsiasi
emozione intensa, la nostra consapevolezza sembra essere centrata nel petto, o
qualche volta (nel caso di qualche emozione spiacevole) nella fossa dello
stomaco; quando siamo impegnati nel
sentire qualcosa con la mano, la nostra consapevolezza allora sembra essere
centrata (almeno parzialmente) in quella mano; quando siamo intensamente
consapevoli di qualche dolore nel nostro corpo, la nostra consapevolezza sembra
essere centrata attorno quel dolore; e quando siamo impegnati in attività
sessuale, la nostra consapevolezza sembra essere centrata nella regione dei genitali.
Questa è sicuramente una semplificazione esagerata, perché raramente
siamo così assorbiti in qualche attività o esperienza corporea da essere
completamente inconsapevoli di qualsiasi altra cosa, ma ciò spiega in qualche
misura il ragionamento dietro l’idea yōgica di differenti centri di
consapevolezza (cakra) nel corpo, e l’idea associata che quando siamo
assorbiti in desideri materiali e piaceri corporei la nostra consapevolezza
(che è ciò a cui qualche testo yōga si riferisce come ‘kuṇḍalinī’) è localizzata
più in basso nel nostro corpo, mentre quando il nostro interesse si sposta su
piaceri, affari o scopi più raffinati, la nostra consapevolezza o ‘kuṇḍalinī’ sorge
gradualmente in punti più alti nel nostro corpo.
Tuttavia, è importante in questo contesto ricordare che la
consapevolezza che sembra essere localizzata (o connessa) nel nostro corpo e
che è qualche volta descritta come ‘kuṇḍalinī’
non è in sé la consapevolezza assoluta, ma solo il nostro ego, che è una forma legata
a un corpo e quindi relativa della nostra originale consapevolezza. Quindi,
poiché il nostro fine è solo sperimentare la consapevolezza (noi stessi) nella
sua forma assoluta e originale – che è pura e illimitata auto-consapevolezza,
non connessa in alcun modo con qualsiasi cosa limitata come un corpo – non ci
dobbiamo occupare di alcuna idea riguardo ‘kuṇḍalinī’ o la sua locazione nel nostro corpo.
Poiché lo yōga riguarda l’esplorazione della
connessione tra la nostra mente (l'ego, che è la nostra consapevolezza
legata a un corpo), il nostro prāṇa
(la respirazione e altri processi vitali) e il nostro corpo, sviluppa varie
teorie sui cakra (centri di consapevolezza nel corpo) e le nāḍi (canali attraverso i
quali la consapevolezza è detta diffondersi o fluire nel corpo), e tra tali
teorie ce ne può essere una che dice che la consapevolezza si connette con il
nostro corpo nella regione del suo ombelico.
Tuttavia, quando gli erano poste domande riguardo tali
teorie, Sri Ramana spesso osservava che non abbiamo bisogno di occuparci di
tali idee, perché concetti come nāḍis,
cakras e kuṇḍalinī
sono solo mere immaginazioni o costruzioni mentali (kalpanās), e se
interrogato ulteriormente, egli avrebbe spiegato che sono tutte cose concernenti
il corpo e che si presume esistano in esso, così poiché lo stesso corpo è solo
un’immaginazione, esse devono anche essere nient’altro che immaginazioni. Per
esempio, Suri Nagamma ha registrato in Telugu un’occasione in cui egli fece una
tale osservazione, e la successiva traduzione Inglese di ciò che lei aveva
registrato fu pubblicata nel 1969 nel Ramana Jyothi Souvenir, pag.14, e
fu successivamente riprodotta in The Mountain Path, edizione Ottobre
1983, pag.250:
Nel 1943, un pandit che giunse
all’Ashram continuò a parlare a Bhagavan per quattro interi giorni riguardo l’amrita
nadi e il suo significato. Bhagavan faceva cenni con la testa indicando che
il nadi avrebbe agito in questo e quest’altro modo. Avendo udito la loro
discussione, mi sentii addolorata di non aver avuto esperienza di un tale nadi.
Dopo che il visitatore partì, incontrai Bhagavan mentre stava tornando dalla
zona gosala e dissi, “Avete discusso a lungo l’ amrita nadi”, ma
prima che potessi finire la frase Egli disse con una certa impazienza, “Perché
ti preoccupi di questo?”, io azzardai a dire, “Avete discusso di ciò per almeno
quattro giorni e così ho pensato che avrei potuto sapere qualcosa di ciò da te”.
Bhagavan rispose, “Hai pensato questo, davvero? Egli mi chiedeva qualcosa
basandosi sui sastra e ho
risposto di conseguenza. Perché ti dovresti preoccupare di ciò? Tutto ciò che
dovresti fare è seguire l’indagine ‘Chi sono io?’” Dicendo questo, si allontanò
camminando. Due giorni dopo quando
qualcuno nella sala sollevò l’argomento riguardante amrita nadi Bhagavan disse
freddamente, “Sì, quella è un’idea”. Sorpresa di ciò, chiesi, "L’ amrita
nadi è solo un’idea?”, “Sì. Cos’altro è se non un’idea? Non è il corpo stesso un’idea?” Dicendo questo,
Bhagavan mi guardò con compassione.
Idee come nāḍis,
cakras e kuṇḍalinī
possono avere un senso metaforico, ma se il nostro fine è solo
sperimentare ciò che siamo realmente, esse sono concetti non necessari e non ci
devono riguardare. Davvero non dovremmo occuparci di qualsiasi idea relativa al
corpo, perché ciò che dovremmo cercare di sperimentare è solo noi stessi, in
completo isolamento dal nostro corpo e da ogni altra cosa.
Finché permettiamo a noi stessi di dare attenzione a
qualsiasi cosa diversa da noi stessi, il nostro corpo e tutte le altre cose
estranee che in questo modo sperimentiamo sembrano essere reali, così Sri
Ramana ci consiglia di cercare di dare attenzione solo a noi stessi, l’ ‘io’
che è cosciente sia di se stesso sia di tutte quelle altre cose. Quindi se
desideriamo seguire il suo sentiero e sperimentare cos’è realmente questo ‘io’,
non dovremmo occuparci del nostro corpo e di ogni altra connessione che
possiamo sembrare avere con esso, ma dovremmo focalizzare tutto il nostro
interesse e l’attenzione solo su noi stessi, l’unica consapevolezza assoluta o
pura auto-consapevolezza ‘io sono’.
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