Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

giovedì 2 aprile 2015

Tutti i fenomeni sono solo un sogno, e il solo modo di svegliarsi è investigare chi sta sognando

Michael James

31 Marzo 2015
All phenomena are just a dream, and the only way to wake up is to investigate who is dreaming

Nel diciassettesimo paragrafo di Nāṉ Yār? (Chi sono io?) Sri Ramana ci dice che se desideriamo conoscere ciò che siamo realmente, dovremmo ignorare e rifiutare completamente ogni altra cosa:
குப்பையைக் கூட்டித் தள்ளவேண்டிய ஒருவன் அதை யாராய்வதா லெப்படிப் பயனில்லையோ அப்படியே தன்னை யறியவேண்டிய ஒருவன் தன்னை மறைத்துகொண்டிருக்கும் தத்துவங்க ளனைத்தையும் சேர்த்துத் தள்ளிவிடாமல் அவை இத்தனையென்று கணக்கிடுவதாலும், அவற்றின் குணங்களை ஆராய்வதாலும் பயனில்லை. பிரபஞ்சத்தை ஒரு சொப்பனத்தைப்போ லெண்ணிக்கொள்ள வேண்டும்.

kuppaiyai-k kūṭṭi-t taḷḷa-vēṇḍiya oruvaṉ adai y-ārāyvadāl eppaḍi-p payaṉ-illai-y-ō appaḍi-y-ē taṉṉai y-aṟiya-vēṇḍiya oruvaṉ taṉṉai maṟaittu-koṇḍirukkum tattuvaṅgaḷ aṉaittaiyum sērttu-t taḷḷi-viḍāmal avai ittaṉai-y-eṉḏṟu kaṇakkiḍuvadāl-um, avaṯṟiṉ guṇaṅgaḷai ārāyvadāl-um payaṉ-illai. pirapañcattai oru soppaṉattai-p-pōl eṇṇi-k-koḷḷa vēṇḍum.

Proprio come una persona che dovendo spazzare e gettare la spazzatura [ricaverebbe] nessun beneficio analizzandola, così una persona dovendo conoscere se stesso [ricaverebbe] nessun beneficio calcolando che i tattva, che stanno nascondendo se stesso, sono così tanti, e analizzando le loro qualità, invece di respingerle tutte collettivamente. E' necessario considerare il mondo [che è creduto essere un’espansione o manifestazione di questi tattva] come un sogno.
Il significato esatto della parola Sanscrita tattva dipende dal contesto in cui è usata, ma generalmente significa ciò che è reale o vero (o almeno ciò che presunto essere tale), in modo particolare la reale essenza o sostanza di ogni cosa, perché il suo significato fondamentale è ‘essoità’ (itness), ‘questoità’ (thisness) o ‘quelloità’ (thatness), poiché tat significa esso, questo o quello (essendo la forma che il pronome neutro di terza persona singolare tad prende in parole composte o frasi), e il suffisso –tva ha il significato equivalente al suffisso Inglese ‘-ness’. In questo contesto la forma plurale di tattva si riferisce a tutti o qualcuno dei vari principi ontologici, ‘realtà’, ‘essenze’ o costituenti fondamentali di cui tutti i fenomeni sono creduti essere composti o derivati.

Ogni scuola di filosofia Indiana ha le proprie teorie e concezioni ontologiche di ciò che esiste realmente, come l’identità, il numero e la natura dei tattva, che esse postulano essere vari, come fanno le loro analisi di essi e delle relazioni tra essi, ma secondo Sri Ramana (e secondo le forme più pure della filosofia advaita in generale) il solo tattva reale è noi stessi, e tutti gli altri tattva sono illusioni o false apparenze che sembrano esistere solo nella visione auto-ignorante del nostro ego, che è esso stesso irreale. Finché ogni tattva o ‘quelloità’ (thatness) diverso da noi stessi sembra esistere, non stiamo sperimentando noi stessi come siamo realmente, così egli dice qui che tutti questi tattva nascondono noi stessi, e quindi dobbiamo rifiutarli o escluderli completamente per sperimentare noi stessi come siamo realmente.

La parola che ho tradotto come ‘mondo’ nell’ultima frase di questo paragrafo è pirapañcam, che è una forma Tamil della parola Sanscrita prapañca, che è generalmente tradotta come mondo, universo o cosmo, ma che veramente ha un significato più ampio del solo universo fisico. E’ derivata dal verbo pac o pañc, che significa stendere, espandere o sviluppare (e quindi la derivazione più probabile della parola pañca che significa ‘cinque’ è che questo è il numero delle dita mostrate quando una mano è distesa), e il prefisso pra-, che significa davanti, di fronte, avanti o in avanti, così prapañca significa ciò che è disteso in avanti o ciò che è espanso di fronte a noi, e quindi nel suo senso più ampio significa tutti i fenomeni, sia fisici sia mentali – o in altre parole, ogni cosa che sperimentiamo diversa da noi stessi.

Quindi quando Sri Ramana dice qui, ‘பிரபஞ்சத்தை ஒரு சொப்பனத்தைப்போ லெண்ணிக்கொள்ள வேண்டும்’ (pirapañcattai oru soppaṉattai-p-pōl eṇṇi-k-koḷḷa vēṇḍum), che significa ‘E’ necessario considerare prapañca [essere] come un sogno’, ciò che intende è che dovremmo considerare tutti i fenomeni – ogni cosa diversa da noi stessi – come ogni fenomeno che sperimentiamo in un sogno. Proprio come ogni cosa che sperimentiamo in un sogno è solo una creazione o espansione della nostra mente, così ogni cosa che sperimentiamo nel nostro stato attuale di ‘veglia’ apparente è solo una creazione o espansione della nostra mente.
  1. Solo noi esistiamo realmente, così siamo l’unico tattva reale
  2. Il solo modo per svegliarsi permanentemente è investigare chi sta sognando
  3. In un sogno c’è solo un sognatore o sperimentatore
  4. Noi siamo il centro e la sorgente del tempo e dello spazio
  5. Perché non sperimentiamo immediatamente noi stessi come siamo realmente?
  6. Perché la pratica di auto-attentività è chiamata vicāra o investigazione?
  7. Lo spazio fisico appare solo nel nostro spazio mentale, e il nostro spazio mentale appare solo nello spazio della nostra auto-consapevolezza
  8. La consapevolezza di noi stessi nel sonno
  9. Cosa ci accade quando il nostro corpo muore?


1. Solo noi esistiamo realmente, così noi siamo l’unico tattva reale

Poiché sono postulati una pluralità di tattva o principi ontologici per spiegare la comparsa o esistenza apparente di diversi fenomeni (la totalità dei quali sono ciò che costituisce l’intero prapañca), se tutti i fenomeni sono solo un’espansione della nostra mente, e se la nostra mente è solo un’espansione illusoria o estensione di noi stessi, il solo tattva reale o principio ontologico ultimo è noi stessi. Questo è il motivo per cui nel verso 43 di Śrī Aruṇācala Akṣaramaṇamālai Sri Ramana canta, ‘தானே தானே தத்துவம்’ (tāṉ-ē tāṉ-ē tattuvam), di cui il significato essenziale è che solo se stesso è il tattva o realtà ultima, ma con una tripla enfasi posta sulla parola தான் (tāṉ), che significa se stesso o me stesso (o in altri contesti, tu stesso, lui stesso, lei stessa o se stesso). Cioè, nella frase தானே தானே (tāṉ-ē tāṉ-ē), sia il secondo tāṉ sia ciascun caso del suffisso ē funge da intensificatore per enfatizzare il primo tāṉ e quindi per trasmettere il senso di ‘solo se stesso davvero’, ‘solo se stesso certamente’ o ‘solo lo stesso se stesso’ - o forse più semplicemente, se traduciamo il primo tāṉ come 'io', cosa che possiamo legittimamente fare, poiché 'io e 'me stesso' (o 'uno' e 'se stesso') indicano entrambi la stessa cosa, possiamo interpretare il primo tāṉē come 'definitivamente io' e il secondo come 'me stesso soltanto', nel qual caso தானே தத்துவம் (tāṉē tāṉē tattuvam) significherebbe 'definitivamente io soltanto sono ciò che è reale'.

La stessa idea è anche espressa chiaramente ed enfaticamente da Sri Ramana nella prima frase del settimo paragrafo di Nāṉ Yār?:
யதார்த்தமா யுள்ளது ஆத்மசொரூப மொன்றே.

yathārtham-āy uḷḷadu ātma-sorūpam oṉḏṟē.

Ciò che esiste realmente è solo ātma-svarūpa [il nostro sé essenziale].
Poiché noi stessi siamo la sola cosa che esiste realmente, Sri Ramana ci insegnò che qualunque altra cosa possiamo sperimentare non è più reale che qualunque cosa sperimentiamo in un sogno, e che qualunque stato che ora prendiamo come il nostro stato di veglia è realmente solo un altro sogno. Se fossimo realmente svegli, nessun sogno potrebbe avvenire, così il sogno della nostra vita attuale è solo uno di una successione di sogni, ciascuno dei quali avviene solo perché siamo di fatto addormentati, avendo dimenticato o ignorato ciò che siamo realmente. Quindi, se investighiamo noi stessi e perciò ci sperimentiamo come siamo realmente, il nostro sonno di auto-dimenticanza o auto-ignoranza sarà dissolto, e insieme con esso tutti i nostri sogni cesseranno.

2. Il solo modo per svegliarci permanentemente è investigare chi sta sognando

Dopo aver concluso il diciassettesimo paragrafo di Nāṉ Yār? dicendo che dovremmo considerare l’intero prapañca o mondo dei fenomeni come un sogno, nel paragrafo successivo egli dice che non c’è differenza tra la veglia e il sogno tranne che ‘la veglia dura più a lungo e il sogno è momentaneo’. Tuttavia, come ho spiegato nel mio articolo precedente, C’è qualche differenza reale tra la veglia e il sogno?, egli in seguito disse (come riportato da Sri Muruganar nel verso 560 di Guru Vācaka Kōvai) che anche questa differenza in durata è solo un’illusione. Quindi il suo verdetto conclusivo fu che tra la veglia e il sogno non c’è realmente una differenza significativa, e che finché sperimentiamo qualche fenomeno – qualsiasi cosa diversa da noi stessi – qualunque stato possiamo attualmente confondere come la veglia è realmente solo un altro sogno.

Finché siamo interessati a sperimentare qualsiasi fenomeno appare in un sogno, il sogno non cesserà, tranne che sia forzatamente interrotto da un altro sogno (come quello che ora confondiamo come la veglia) o che siamo sopraffatti dal sonno. Il nostro interesse nello sperimentare un sogno è quindi ciò che lo sostiene, così non possiamo svegliarci da un sogno investigando o osservando qualsiasi fenomeno sperimentiamo in esso.

Il nostro interesse nei fenomeni che sperimentiamo in un sogno è causato principalmente dal fatto che in quel momento sperimentiamo noi stessi come uno di questi fenomeni – cioè, come una persona che è parte di quel mondo di sogno – e ci sperimentiamo in questo modo perché non sperimentiamo ciò che siamo realmente. Se ci sperimentassimo come siamo realmente, non confonderemmo noi stessi come una persona in un sogno, e così il sogno stesso si dissolverebbe, poiché è sostenuto solo dalla nostra illusione di essere quella persona di sogno.

Quindi il solo modo in cui possiamo svegliarci non solo dal nostro attuale sogno ma anche dal sonno fondamentale di auto-ignoranza che sottende e supporta ogni sogno è di investigare noi stessi, il sognatore che sta attualmente sperimentando questo sogno, e quindi sperimentare noi stessi come siamo realmente. Finché stiamo sperimentando qualche fenomeno – qualsiasi cosa diversa da noi stessi – stiamo sognando, così possiamo svegliarci solo cercando di sperimentare noi stessi soltanto, in completo isolamento da tutti i fenomeni di qualunque genere.

3. In un sogno c’è solo un sognatore o sperimentatore

Nel corso dei sei mesi passati un amico mi ha scritto una serie di email ponendomi varie domande, la maggior parte delle quali era più o meno strettamente legata a questo insegnamento di Sri Ramana che il nostro attuale stato, in cui sembriamo essere svegli, è realmente solo un altro sogno, e che l’auto investigazione è il solo modo per svegliarci da questo e da tutti gli altri sogni, così questa e le sezioni seguenti di questo articolo sono adattate dalle risposte che gli ho scritto.

Nella sua prima email il mio amico ha chiesto perché questo sogno che ora prendiamo come il nostro stato di veglia è comune a tutti, o se l’idea che esso è comune a tutti sia solo una supposizione, alla quale ho risposto:

Quando stiamo sognando, ci sembra che chiunque altro che vediamo lì stia sperimentando lo stesso mondo che stiamo sperimentando noi in quel momento, ma quando ci svegliamo, comprendiamo che tutte quelle persone apparenti erano solo parte della nostra proiezione di sogno.

Quindi sì, è solo la supposizione della nostra mente sognante che ci siano altre persone che sperimentano questo mondo proprio come noi. In un sogno c’è solo un sognatore: uno sperimentatore.

4. Noi siamo il centro e la sorgente del tempo e dello spazio

Nella sua seconda email il mio amico ha scritto che egli pensava di aver capito il concetto di tempo ma che non aveva ancora afferrato il concetto di spazio, e la risposta che ho scritto riguardo a questo è ciò che ho adattato come l’articolo ‘Io’ è il centro e la sorgente del tempo e dello spazio

5. Perché non sperimentiamo immediatamente noi stessi come siamo realmente?

Nella sua email successiva il mio amico ha scritto che benché avesse compreso che il tempo e lo spazio sono solo supposizioni, come anche lo è la sua sensazione di essere un’entità separata, egli si sente come se fosse chiuso all’interno di questo meccanismo mente-corpo’, e quindi ha chiesto ‘perché la realizzazione non avviene all’improvviso’, alla quale ho risposto:

Possiamo sperimentare noi stessi come siamo realmente in ogni momento, a condizione che lo vogliamo veramente, così se non sperimentiamo questo ora, è perché non lo vogliamo ancora abbastanza.

Ora sperimentiamo noi stessi come un corpo e una mente, ma questa esperienza è illusoria, così quando sperimentiamo noi stessi come siamo realmente, questa esperienza illusoria di essere un corpo e una mente sarà distrutta. Poiché ogni altra cosa che sperimentiamo attraverso questo corpo e questa mente è un’illusione basata sulla nostra illusione primaria ‘io sono Rob [o Michael], una persona composta di corpo e mente’, quando questa illusione primaria è distrutta dalla chiara esperienza di sé (o ‘realizzazione’, come è spesso chiamata imprecisamente) l’illusione che sperimentiamo qualsiasi altra cosa sarà anche distrutta.

Come Sri Ramana dice nel verso 26 di Uḷḷadu Nāṟpadu:
அகந்தையுண் டாயி னனைத்துமுண் டாகு மகந்தையின் றேலின் றனைத்து — மகந்தையே யாவுமா மாதலால் யாதிதென்று நாடலே யோவுதல் யாவுமென வோர்.

ahandaiyuṇ ḍāyi ṉaṉaittumuṇ ḍāhu mahandaiyiṉ ḏṟēliṉ ḏṟaṉaittu — mahandaiyē yāvumā mādalāl yādideṉḏṟu nādalē yōvudal yāvumeṉa vōr.

பதச்சேதம்: அகந்தை உண்டாயின், அனைத்தும் உண்டாகும்; அகந்தை இன்றேல், இன்று அனைத்தும். அகந்தையே யாவும் ஆம். ஆதலால், யாது இது என்று நாடலே ஓவுதல் யாவும் என ஓர்.

Padacchēdam (separazione delle parole): ahandai uṇḍāyiṉ, aṉaittum uṇḍāhum; ahandai iṉḏṟēl, iṉḏṟu aṉaittum. ahandai-y-ē yāvum ām. ādalāl, yādu idu eṉḏṟu nādal-ē ōvudal yāvum eṉa ōr.

Traduzione: Se l’ego ha origine, ogni cosa ha origine; se l’ego non esiste, ogni cosa non esiste. [Perciò] l’ego stesso è ogni cosa. Dunque, sappi che solo investigare ciò che questo [ego] è rinunciare a ogni cosa.
Quindi sperimentando noi stessi come siamo realmente comporta il rinunciare a ogni cosa, così finché non siamo disposti a rinunciare a tutti i nostri desideri di sperimentare qualcosa diversa da noi stessi, non vogliamo realmente sperimentare noi stessi come siamo realmente.

Penso che sarai d’accordo che se siamo onesti con noi stessi, ciascuno di noi dovrà ammettere che il nostro amore di sperimentare solo noi stessi e niente altro non è ancora forte abbastanza, e finché non è forte abbastanza non saremo in grado di vincere tutti i nostri altri desideri.

Per rafforzare il nostro amore per sperimentare noi stessi soltanto e quindi per indebolire tutti gli altri nostri desideri, abbiamo bisogno di praticare cercando di sperimentare noi stessi soltanto. Tranne che questa pratica di ātma-vicāra (auto-investigazione), non c’è un mezzo efficace con cui possiamo coltivare l’amore per sperimentare soltanto noi stessi.

Finché non sperimentiamo noi stessi come siamo realmente, continueremo a sentire che siamo qualcuno ‘chiuso dentro questo meccanismo corpo-mente’, come tu dici a proposito. Questa è ciò che è chiamata schiavitù, così la sola liberazione da questa schiavitù è sperimentare noi stessi come siamo realmente. Come Sri Ramana dice nel sedicesimo paragrafo di Nāṉ Yār?:
[...] பந்தத்தி லிருக்கும் தான் யாரென்று விசாரித்து தன் யதார்த்த சொரூபத்தைத் தெரிந்துகொள்வதே முக்தி. [...]

[...] bandhattil irukkum tāṉ yār eṉḏṟu vicārittu taṉ yathārtha sorūpattai-t terindu-koḷvadē mukti. [...]

[...] Conoscere il proprio sé reale investigando chi è questo se stesso che è in schiavitù, solo è liberazione. [...]

6. Perché la pratica di auto-attentività è chiamata vicāra o ‘investigazione’?

Nella sua quarta email il mio amico descrive come sta cercando di praticare l’auto-investigazione (ātma-vicāra), e ha aggiunto: ‘Abitualmente osservo questa sensazione di esistenza, ma ultimamente ho realizzato che il qualcuno che osserva l’esistenza è una proiezione della mente. Così io sono questa sensazione di esistenza’. Egli poi ha chiesto se la pratica è ‘solo rivolgere l’attenzione a quella sensazione di esistenza’, e cos’è il significato del termine ‘investigazione, a cui ho risposto:

Quando pratichiamo ātma-vicāra, stiamo cercando di dare attenzione solo a noi stessi, così l’ ‘io’ che sta dando attenzione è lo stesso ‘io’ a cui sta dando attenzione.

Questa semplice pratica di auto-attentività è chiamata vicāra o ‘investigazione’ perché stiamo cercando di sperimentare noi stessi come siamo realmente, o in altre parole, stiamo cercando di scoprire chi sono io. Benché sappiamo chiaramente che io sono, non sappiamo chiaramente cosa io sono, così dobbiamo investigare cosa io sono cercando di dare attenzione soltanto a noi stessi.

Se sentiamo che stiamo dando attenzione a qualcosa diversa da noi stessi, o che l’ ‘io’ che da attenzione è qualcosa che abbiamo proiettato, non stiamo dando attenzione correttamente a noi stessi soltanto. Quindi dobbiamo investigare più profondamente finché siamo in grado di sperimentare nient’altro che noi stessi.

Nella sezione 435 di Talks with Sri Ramana Maharshi (edizione 2006, pagina 423) è riportato che quando qualcuno chiese a Sri Ramana come concentrarsi su se stessi, egli rispose: ‘Se quello è risolto ogni altra cosa è risolta’. Quindi dobbiamo continuare a investigare o esaminare noi stessi finché siamo in grado di sperimentare chiaramente noi stessi come siamo realmente.

7. Lo spazio fisico appare solo nel nostro spazio mentale, e il nostro spazio mentale appare solo nello spazio della nostra auto-consapevolezza

Nelle sue due email successive il mio amico ha chiesto nuovamente riguardo alla nostra esperienza di spazio, dicendo di comprendere che lo sperimentiamo in relazione al nostro ego, che sperimentiamo come localizzato qui, il punto di riferimento dal quale ogni altro punto nello spazio è sperimentato, e che quindi vuole comprendere come possiamo distruggere l’illusione di questo punto di riferimento (il nostro ego) solo osservandolo. In risposta ho scritto:

Tempo e spazio non esistono indipendentemente dalla nostra esperienza di essi, e li sperimentiamo in relazione a noi stessi, che sperimentiamo come il centro della nostra esperienza di essi.

Il luogo e il tempo in cui attualmente sperimentiamo noi stessi sono ciò che sperimentiamo come presente, ‘qui’ e ‘ora’, e quindi sperimentiamo tutti gli altri luoghi (punti nello spazio) come ‘li’ e tutti gli altri tempi (momenti) come ‘poi’ – cioè, sia come ‘passato’ che come ‘futuro’. Ciò che rende tali il luogo e il momento presenti è quindi solo la presenza di noi stessi. Poiché io sono presente in questo luogo e tempo particolare essi sembrano essere presenti. Quindi ciò che definisce ogni luogo e tempo come presenti è la presenza di noi stessi.

La nostra intera esperienza di spazio e tempo è centrata attorno alla nostra esperienza del luogo e del tempo che sperimentiamo attualmente come presenti – cioè, il luogo e il tempo in cui attualmente sperimentiamo noi stessi come presenti.

Poiché ora sperimentiamo noi stessi come un corpo fisico, sperimentiamo lo spazio fisico in relazione al corpo che ora sperimentiamo come noi stessi. Lo spazio fisico è un riflesso del nostro spazio mentale. Qualunque cosa sperimentiamo nella nostra mente occupa uno spazio mentale in cui sperimentiamo noi stessi (l’ ‘io’ che sperimenta) come il centro, e poiché sperimentiamo il mondo fisico apparente nella nostra mente, lo spazio fisico realmente esiste solo nel nostro spazio mentale.

Proprio come lo spazio fisico (conosciuto in Sanscrito come bhūtākāśa) esiste solo nel nostro spazio mentale (conosciuto in Sanscrito come manākāśa o cittākāśa), il nostro spazio mentale a sua volta esiste solo nello spazio dell'esperienza, consapevolezza o coscienza (conosciuta in Sanscrito come cidākāśa), poiché il nostro spazio mentale sorge o appare solo nella veglia e nel sogno, e sprofonda o scompare nel sonno, e lo spazio in cui esso appare e scompare è solo la nostra esperienza o consapevolezza.

In assenza della nostra mente (come in sonno), siamo consapevoli di nient’altro che noi stessi, così lo spazio della consapevolezza in cui la nostra mente e ogni altra cosa appare e scompare è solo la nostra auto-consapevolezza essenziale. Quando sperimentiamo noi stessi soltanto (come nel sonno), non sperimentiamo nessuno spazio o tempo, ma quando lo spazio e il tempo appaiono, lo fanno in noi, lo spazio di auto-consapevolezza. Quindi lo spazio di auto-consapevolezza in cui ogni altra cosa appare e scompare è sia infinitamente piccolo (non avendo misura o durata propria, poiché dimensione e durata sono misure relative che richiedono qualche altra cosa con cui misurarle) sia infinitamente grande (essendo ciò che contiene tutte le dimensioni e le durate).

Poiché noi solo siamo sempre presenti, in relazione a tempo e spazio siamo sempre presenti nel momento presente (ora) e nel presente luogo (qui), ma poiché tempo e spazio esistono solo in noi, non c’è tempo o spazio in cui non siamo presenti, e poiché esistiamo indipendentemente da tempo e spazio, esistiamo in nessun tempo o spazio. Quindi la sola realtà che sottende l’apparenza (e la scomparsa) di tempo e spazio è noi stessi.

Ogni cosa diversa da noi stessi è solo un’illusione. Cioè, ciò che esiste realmente è solo noi stessi, e ogni altra cosa (tutto il tempo e lo spazio, e ogni cosa che esiste nel tempo e nello spazio) solo sembrano esistere ma non esistono realmente.

Finché sperimentiamo qualche tempo o spazio, sperimentiamo noi stessi come se fossimo esistenti in essi, così non possiamo sperimentare noi stessi come siamo realmente finché sperimentiamo il tempo o lo spazio o qualsiasi altra cosa diversa da noi stessi. Dunque dovremmo ignorare ogni altra cosa e investigare solo noi stessi – cioè, dovremmo cercare di sperimentare noi stessi soltanto, in completo isolamento da ogni altra cosa.

Come Sri Ramana dice nel verso 16 di Uḷḷadu Nāṟpadu:
நாமன்றி நாளேது நாடேது நாடுங்கா னாமுடம்பே னாணாட்டு ணாம்படுவ — நாமுடம்போ நாமின்றன் றென்றுமொன்று நாடிங்கங் கெங்குமொன்றா னாமுண்டு நாணாடி னாம்.

nāmaṉḏṟi nāḷēdu nāḍēdu nāḍuṅgā ṉāmuḍambē ṉāṇāṭṭu ṇāmpaḍuva — nāmuḍambō nāmiṉḏṟaṉ ḏṟeṉḏṟumoṉḏṟu nāḍiṅgaṅ geṅgumoṉḏṟā ṉāmuṇḍu nāṇāḍi ṉām.

பதச்சேதம்: நாம் அன்றி நாள் ஏது, நாடு ஏது, நாடும் கால்? நாம் உடம்பேல், நாள் நாட்டுள் நாம் படுவம். நாம் உடம்போ? நாம் இன்று, அன்று, என்றும் ஒன்று; நாடு இங்கு, அங்கு, எங்கும் ஒன்று; ஆல், நாம் உண்டு. நாள் நாடு இல். நாம்.

Padacchēdam (separazione delle parole): nām aṉḏṟi nāḷ ēdu, nāḍu ēdu, nāḍum kāl? nām uḍambēl, nāḷ nāṭṭuḷ nām paḍuvam. nām uḍambō? nām iṉḏṟu, aṉḏṟu, eṉḏṟum oṉḏṟu; nāḍu iṅgu, aṅgu, eṅgum oṉḏṟu; āl, nām uṇḍu. nāḷ nāḍu il. nām.

அன்வயம்: நாடும் கால், நாம் அன்றி நாள் ஏது, நாடு ஏது? நாம் உடம்பேல், நாம் நாள் நாட்டுள் படுவம். நாம் உடம்போ? இன்று, அன்று, என்றும் நாம் ஒன்று; நாடு இங்கு, அங்கு, எங்கும் [நாம்] ஒன்று; ஆல், ‘[நாள் நாடு இல்] நாம்’ நாம் உண்டு. நாள் நாடு இல்.

Anvayam (separazione delle parole): nāḍum kāl, nām aṉḏṟi nāḷ ēdu, nāḍu ēdu? nām uḍambēl, nām nāḷ nāṭṭuḷ paḍuvam. nām uḍambō? iṉḏṟu, aṉḏṟu, eṉḏṟum nām oṉḏṟu; nāḍu iṅgu, aṅgu, eṅgum [nām] oṉḏṟu; āl, ‘[nāḷ nāḍu il] nām’ nām uṇḍu. nāḷ nāḍu il.

Traduzione: Quando investigato, escludendo noi, dov’è il tempo e dov’è il luogo? Se siamo un corpo, saremo intrappolati nel tempo e nel luogo. [Ma] siamo un corpo? Poiché siamo uno, ora, allora e sempre, uno, qui, lì e ovunque nello spazio, c’è [solo] noi, il noi senza tempo e senza luogo [o: c’è [solo] noi; tempo e spazio non sono; noi [solo siamo]].
Finché sperimentiamo tempo e spazio, stiamo sperimentando noi stessi come se fossimo questo ego, che sempre sperimenta se stesso come un corpo, attraverso il quale percepiamo un mondo costruito dentro una struttura di tempo e spazio. Come questo ego, sperimentiamo noi stessi come il centro e il punto di riferimento dal quale sperimentiamo ogni altro punto nel tempo e nello spazio. Senza sperimentare noi stessi come questo ego, non possiamo sperimentare qualche tempo o spazio, e questo è il motivo per cui non sperimentiamo né tempo né spazio nel sonno, in cui sperimentiamo noi stessi senza sperimentare il nostro ego o qualsiasi altra cosa.

Poiché questo ego è un’illusione che sembra esistere solo quando sperimentiamo qualcosa diversa da noi stessi, sarà dissolto e cesserà di esistere solo se lo osserviamo – cioè, solo se cerchiamo di sperimentare noi stessi soltanto. Quindi, poiché questo ego è la radice e la fondazione della nostra esperienza di tempo e spazio, e poiché cesserà di esistere solo se cerchiamo di guardare, osservare o dare attenzione a esso soltanto, possiamo distruggere l’illusione di questo ego (e l’illusione conseguente di tempo e spazio) solo osservandolo – cioè, solo cercando di dare attenzione a noi stessi soltanto.

8. La consapevolezza di noi stessi nel sonno

Il mio amico ha poi scritto una lunga email, di cui la sostanza è quanto segue:
Recentemente stavo leggendo vigorosamente su tempo e spazio e stavo riflettendo sull’ego, e ho realizzato qualcosa di importante, vale a dire che stavo dando troppa importanza allo stato di veglia. Stavo considerando ogni cosa solo in rispetto allo stato di veglia (come che l’illuminazione avverrà in questo stato di veglia, e che allora vivrò con l’illuminazione in questo stato di veglia), ma non ho capito il fatto (o l’ho appreso in modo inesatto) che questo è solo un altro stato, e che non c’è quindi bisogno di dare peso a esso, perché il cuore della cosa di cui ho bisogno di riflettere è l’ essere cosciente, che è presente in tutti i tre stati.

Un altro aspetto che mi ha colpito è che nel sonno profondo sono consapevole dell’assenza delle cose, così è anche una conoscenza, e quindi io esisto in tutti questi tre stati. Tuttavia, non sono consapevole dell’assenza delle cose (nel sonno profondo) in tempo reale, ma lo conosco solo tramite la mia memoria quando mi sveglio, mentre nel sogno e nello stato di veglia ho esperienze in tempo reale.

Una cosa di cui sono sicuro è ‘la presenza’ o ‘l’esistenza’, o che ciò che conosco esiste, e non ho bisogno dell’aiuto di alcun organo di senso per dire che io esisto, così la sola cosa che posso fare è essere con esso, o investigarlo come tu dici, e questo render chiare le cose.
Egli ha aggiunto che aveva deciso che ora è il tempo di mettere questo in pratica, e che ciò che stava cercando di fare era ‘solo dare attenzione al senso di essere nello stato di veglia’, e ha chiesto se questa è la pratica corretta.

Subito dopo aver scritto questo ha scritto un’altra email in cui ha detto: ‘Per avere la conoscenza dello stato di sonno profondo ho bisogno di usare la memoria, una parte della mente che era assente durante il sonno profondo, così la mente mi stava dando la risposta che ho dormito felicemente, così come posso fidarmi della risposta di qualcuno (la mente) che non era presente nello stato di sonno profondo?’

Ho risposto a entrambe queste email come segue:

Finché stai cercando di sperimentare o di essere consapevole di te stesso soltanto, stai cercando di praticare l’auto-investigazione correttamente. In altre parole, stai andando nella direzione corretta, per così dire, e ti stai avvicinando al ‘farla’ correttamente. Cioè, ti stai avvicinando a sperimentare te stesso soltanto, ma non sei ancora riuscito a farlo, perché se fossi riuscito avresti sperimentato ciò che sei realmente, e quindi non sperimenteresti più te stesso come Rob. Quindi devi solo insistere nel cercare di essere consapevole di te stesso soltanto fino a che ci riesci, cosa che certamente prima o poi farai.

Riguardo a ciò che dici dell’essere consapevole dell’assenza di altre cose nel sonno, ma non in tempo reale, questo comporta che durante il sonno non siamo realmente consapevoli della loro assenza, ma diveniamo consapevoli che essi erano assenti solo dopo che ci svegliamo. In un certo senso questo è vero, perché strettamente parlando possiamo essere consapevoli che qualcosa è assente solo quando pensiamo a essa, e nel sonno non pensiamo ad alcuna cosa. Tuttavia, le cose sottili e astratte non possono essere espresse adeguatamente in parole, così quando discutiamo di tali cose dobbiamo andare oltre le parole in se stesse per comprendere ciò che esse stanno cercando di indicare.

Quando diciamo che durante il sonno siamo consapevoli dell’assenza di altre cose, ciò che intendiamo è che in quel momento siamo consapevoli ma non consapevoli di qualcosa diversa da noi stessi. In altre parole, ciò di cui nel sonno siamo realmente consapevoli è solo noi stessi.

Nel sonno non siamo consapevoli del tempo, ma a condizione che non prendiamo il termine ‘in tempo reale’ troppo letteralmente, è vero dire che nel sonno siamo consapevoli di noi stessi ‘in tempo reale’, perché non c’è realmente tempo o stato in cui non siamo consapevoli di noi stessi.

Poiché la nostra mente di veglia era assente nel sonno, dalla sua prospettiva sembra che nel sonno non fossimo consapevoli di niente, ma siamo nondimeno chiaramente consapevoli che eravamo addormentati. Questo è il motivo per cui benché la nostra mente allora era assente, noi eravamo ancora presenti, così ora siamo consapevoli che nel sonno eravamo consapevoli di noi stessi.

In questo caso puoi trovare utile leggere uno dei miei articoli recenti, La nostra memoria di ‘io’ nel sonno (e anche parti di quello successivo, Perché dovremmo credere che ‘il Sé’ è come lo crediamo essere?) in cui discuto la nostra consapevolezza di noi stessi in sonno e la nostra successiva memoria di essa.

9. Cosa ci accade quando il nostro corpo muore?

Nella sua email più recente il mio amico ha scritto che abbiamo analizzato la veglia, il sogno e il sonno, ma non abbiamo considerato lo stato dopo che questo meccanismo corpo-mente è scomparso’, così ha chiesto se possono dargli ‘qualche cenno per avere un indizio che io esisto dopo la morte di questo corpo’, a cui ho risposto:

Se fossimo realmente questo corpo, cesseremmo di esistere quando esso muore, ma siamo realmente questo corpo anche ora? Se fossimo questo corpo, non potremmo sperimentare noi stessi senza sperimentarlo, ma sperimentiamo noi stessi senza sperimentarlo sia in sogno sia nel sonno, così questo corpo non può essere ciò che siamo realmente.

Riguardo le tue domande, ‘Questa consapevolezza/coscienza può essere un sottoprodotto del corpo? Alcuni neuroni più reazioni chimiche che avvengono nel cervello che è proiettato come questa consapevolezza?’, se questo fosse il caso, ciò significherebbe che il corpo (e quindi anche il mondo) esiste indipendentemente dalla nostra consapevolezza di esso, e che questo stato di veglia è quindi non solo un sogno. Questo è ciò che la maggior parte delle persone crede, ma è una fede cieca che non è supportata da alcuna prova. Tendiamo a presuppore che sia così, ma non possiamo realmente sapere che qualcosa esiste quando non la sperimentiamo, così è al massimo un presupposto molto dubbio.

Secondo Sri Ramana, questo stato di veglia è solo un altro sogno, e il corpo e il mondo che sperimentiamo qui sono solo creazioni della nostra mente, come lo sono il corpo e il mondo che sperimentiamo in un sogno. Sperimentiamo un corpo e un mondo solo quando sperimentiamo noi stessi come un ego o mente, così non abbiamo motivo di supporre che essi siano tutt’altro che una creazione mentale.

Sia che sperimentiamo qualche corpo o mondo o no, sempre sperimentiamo noi stessi (la nostra auto-consapevolezza), così la convinzione che la nostra auto-consapevolezza sia dipendente dall’esistenza di un corpo è smentita dalla nostra esperienza nel sonno. Quando sogniamo o siamo nel sonno, cessiamo di essere consapevoli di questo corpo di veglia ma rimaniamo consapevoli di noi stessi, e nello stesso modo quando questo corpo muore cesseremo di essere consapevoli di esso ma rimarremo consapevoli di noi stessi, così la morte corporale è solo come addormentarsi o passare in qualche altro sogno.

Nella veglia e nel sogno sperimentiamo molte cose, ma tutte queste cose diverse da noi stessi potrebbero essere un’illusione, così benché altre cose sembrino esistere, non possiamo essere sicuri che qualcosa diversa da noi stessi esista realmente. La sola cosa di cui possiamo essere sicuri è che noi esistiamo realmente, perché anche se ogni altra cosa che sperimentiamo è solo un’illusione, noi dobbiamo esistere, poiché se non esistessimo, non potremmo sperimentare alcuna cosa, sia reale che illusoria.

Inoltre, poiché sperimentiamo noi stessi esistere nel sonno, quando non sperimentiamo nessuna altra cosa, il fatto che esistiamo indipendentemente da qualsiasi altra cosa che possiamo sperimentare nella veglia o nel sogno è auto-evidente. Quindi non abbiamo bisogno di dubitare di questo fatto, o di supporre che la nostra esistenza possa dipendere dall’esistenza del nostro corpo o di ogni altra cosa, com’è erroneamente supposto dalla maggioranza dei filosofi e gli scienziati attuali.

Il nostro corpo attuale è sperimentato da noi solo nel nostro attuale stato di apparente ‘veglia’, che è solo uno dei nostri tre stati di esperienza quotidiana, così come non abbiamo motivo di supporre che qualche corpo che sperimentiamo come noi stessi in un sogno esiste quando non stiamo sperimentando quel sogno, nello stesso modo non abbiamo motivo di supporre che questo corpo che attualmente sperimentiamo come noi stessi esiste quando non stiamo sperimentando il nostro stato attuale.

Tuttavia, il solo modo in cui possiamo eliminare completamente ogni spazio a qualsiasi dubbio che possiamo avere se il nostro stato attuale sia solo un altro sogno o uno stato di veglia reale, o se il nostro corpo attuale esista quando non lo sperimentiamo, è sperimentare noi stessi come siamo realmente, e il solo modo in cui possiamo sperimentarci come siamo realmente è investigare noi stessi, che sperimentiamo non solo l’apparente esistenza di altre cose nella veglia e nel sogno, ma anche la loro assenza nel sonno.

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