Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

lunedì 4 maggio 2015

Essere attentivamente auto-consapevoli non comporta alcuna relazione soggetto-oggetto

Michael James

3 Maggio 2015
Being attentively self-aware does not entail any subject-object relationship

In un commento al mio articolo precedente, Cercare di vedere colui che vede, un amico di nome Diogenes ha scritto:
E’ minimamente possibile essere attentivamente auto-consapevoli, cioè, prestare stretta, diretta, alta, concentrata, indivisa attenzione e guardare intensamente-attentamente qualcosa priva di caratteristiche? Cercare di mantenere l’intera nostra mente o attenzione fissata fermamente e saldamente su quello che vede, cioè il nostro ego, è sicuramente un’attività riflessiva del soggetto, cioè noi stessi. Tu dici che noi non siamo un oggetto. Ma vedere con delicatezza, dare attenzione o osservare noi stessi sembra essere solo un processo oggettivo in cui è coinvolto il soggetto.
Ciò che segue è la mia risposta a questo:
  1. Noi siamo il soggetto, e non possiamo mai essere un oggetto
  2. Siamo consapevoli di noi stessi anche se siamo senza caratteristiche
  3. Essere auto-consapevole non è un’aggiunta ma ciò che io sono essenzialmente
  4. Poiché siamo auto-consapevoli possiamo scegliere di essere attentivamente auto-consapevoli
  5. E’ possibile essere attentivamente auto-consapevoli?


1. Noi siamo il soggetto, e non possiamo mai essere un oggetto

C’è una differenza fondamentale tra il soggetto e l’oggetto. Il soggetto è ciò che sperimenta ogni cosa (sia se stesso che tutte le altre cose), e l’oggetto è qualsiasi altra cosa – cioè, qualsiasi cosa diversa dal soggetto, ma che sta in relazione ad esso come un oggetto della sua esperienza. Mentre il soggetto sperimenta sia se stesso che ogni altra cosa, un oggetto non sperimenta né se stesso né qualsiasi altra cosa. Quindi per definizione il soggetto non può essere un oggetto.

Il soggetto sperimenta se stesso, ma non come un oggetto, perché si sperimenta solo come se stesso, il soggetto. Un indizio per questo fatto semplice e ovvio sta nel modo in cui strutturiamo il nostro linguaggio, perché in molti linguaggi (o forse in tutti), è fatta una distinzione cruciale tra i pronomi accusativi (me, tu, lui, lei, esso, noi e essi) e i pronomi riflessivi (me stesso, tu stesso, lui stesso, lei stessa, esso stesso, se stesso, noi stessi, voi stessi ed essi stessi). Quando parliamo di ciò che facciamo a un oggetto (una seconda o terza persona) usiamo il caso accusativo (il caso riservato agli oggetti), mentre quando parliamo di ciò che facciamo al soggetto (noi stessi, la prima persona) usiamo un pronome riflessivo, perché il soggetto non è un oggetto per azione o esperienza propria.

Per il nostro scopo attuale, piuttosto che considerare i verbi d’azione, è particolarmente attinente vedere come questo si applica nel caso di verbi di cognizione, come osservare, guardare, esaminare, essere presenti, vedere, udire, percepire, conoscere, sperimentare o essere consapevoli. Per esempio, se diciamo che stiamo osservando una seconda o terza persona, usiamo il pronome accusativo appropriato, ‘Io sto osservando te, lui, lei, esso o essi’, mentre se diciamo che stiamo osservando noi stessi (la prima persona, il soggetto) non usiamo un pronome accusativo, ‘Io sto osservando me’, ma solo il pronome riflessivo, ‘Io sto osservando me stesso’. Usiamo il pronome accusativo di prima persona ‘me’ solo quando il soggetto della frase è qualche altra persona, come in ‘lei sta osservando me’.

Questa distinzione tra i pronomi accusativi e i pronomi riflessivi ci permette di distinguere una relazione soggetto-oggetto da una soggetto-soggetto (cioè, quella in cui il soggetto sta in una relazione riflessiva con se stesso). Per esempio, se viene detto, ‘lei sta osservando lei’, comprendiamo che la ‘lei’ che è osservata è qualcuno diverso dalla ‘lei’ che sta osservando, mentre se viene detto, ‘lei sta osservando lei stessa’, comprendiamo che il ‘lei stessa’ che è osservata è la stessa ‘lei’ che sta osservando.

L’auto-consapevolezza (la nostra consapevolezza di noi stessi) non è una relazione soggetto-oggetto ma una relazione riflessiva tra il soggetto e se stesso. La nostra consapevolezza di qualsiasi altra cosa è una relazione soggetto-oggetto, perché sono coinvolte due cose distinte, vale a dire noi stessi come il soggetto e l’altra cosa come l’oggetto, ma nel caso della nostra consapevolezza di noi stessi, siamo coinvolti solo noi, così non c’è una seconda cosa in quanto oggetto in relazione a noi.

2. Siamo consapevoli di noi stessi anche se siamo senza caratteristiche

Diogenes, chiedi se è possibile guardare attentamente qualcosa senza caratteristiche. Nient’altro che noi stessi è senza caratteristiche, perché sono solo le caratteristiche che ci permettono di distinguere ogni cosa da ciascun’altra e anche da noi stessi. Non ci può essere una cosa come un oggetto senza caratteristiche, perché niente potrebbe essere oggetto della nostra esperienza se non avesse qualche caratteristica con cui poterlo sperimentare. Ogni oggetto è definito solo dalle sue caratteristiche, e in assenza di ogni caratteristica non sarebbe affatto un oggetto o una cosa distinta.

Ciò che noi siamo essenzialmente è senza caratteristiche. Ora sembriamo essere una persona con determinate caratteristiche (sia fisiche che mentali), ma tutte queste caratteristiche sono solo aggiunte, perché nel sonno sperimentiamo noi stessi in loro assenza. Nel sonno non sperimentiamo alcuna caratteristica, benché sappiamo di essere addormentati, perché in quel momento non cessiamo di sperimentare noi stessi. Quando diciamo, ‘Ho dormito pacificamente la notte scorsa’, stiamo esprimendo la nostra esperienza di uno stato in cui non sperimentavamo alcuna caratteristica. Così sperimentiamo due generi di stati, uno in cui sperimentiamo caratteristiche, e uno in cui non sperimentiamo caratteristiche. La veglia e il sogno sono del primo genere, mentre il sonno è del secondo genere.

Poiché sperimentiamo noi stessi in entrambi questi generi di stati, non possiamo essere qualcosa che sperimentiamo in uno di essi ma non nell’altro. Quindi non possiamo essere alcuna delle caratteristiche che sperimentiamo nella veglia o nel sogno, perché nel sonno sperimentiamo noi stessi senza sperimentare alcuna di queste caratteristiche. Ciò che siamo realmente è quindi essenzialmente senza caratteristiche.

Se cerchiamo di descrivere la nostra esperienza nel sonno, possiamo farlo solo in termini negativi dicendo che non abbiamo sperimentato alcuna caratteristica del genere che siamo abituati a sperimentare nella veglia e nel sogno. La nostra esperienza nel sonno è quindi quasi una negazione completa o l’opposto della nostra esperienza nella veglia e nel sogno, sebbene in entrambi questi stati sperimentiamo noi stessi.

Il fatto che siamo consapevoli di noi stessi in ognuno di questi tre stati significa che siamo in grado di essere consapevoli di noi stessi anche se siamo essenzialmente senza caratteristiche. In altre parole, per sperimentare noi stessi non abbiamo bisogno di avere alcuna caratteristica. Anche in assenza di tutte le caratteristiche distinguibili, siamo ancora consapevoli di noi stessi. Quindi, se minimamente desideriamo descriverci con qualche caratteristica, la sola cosa di noi stessi che potremmo chiamare una ‘caratteristica’ è la nostra auto-consapevolezza, ed è solo per mezzo di questa ‘caratteristica’ che conosciamo noi stessi.

3. Essere auto-consapevole non è un’aggiunta ma ciò che io sono essenzialmente

Nella veglia e nel sonno sperimento ‘io sono consapevole di altre cose’, ma ‘consapevole di altre cose’, è solo un’aggiunta e non ciò che sono essenzialmente, perché nel sonno sperimento me stesso senza sperimentarmi consapevole di ogni altra cosa. Ciò che sperimenta in ciascuno dei tre stati è solo ‘io sono consapevole di me stesso’, così ‘consapevole di me stesso’ non è un’aggiunta ma ciò che essenzialmente sono. Quindi, benché ‘consapevole di altre cose’ è ciò che ora sembro essere, non è ciò che sono realmente. Ciò che sono realmente è solo ‘consapevole di me stesso’ – che è ciò che è anche conosciuto come auto-consapevolezza o essere auto-consapevole.

Poiché tutte le altre cose sono oggetti, essere ‘consapevole di altre cose’ è un’esperienza oggettiva, mentre io non sono un oggetto, così essere ‘consapevole di me stesso’ non è un’esperienza oggettiva ma completamente soggettiva. E’ un’esperienza che non comporta nient’altro che me stesso, il soggetto, semplicemente auto-consapevole di me stesso. Tuttavia, anche chiamarla un’esperienza soggettiva non è del tutto corretto, perché sperimento me stesso come il soggetto solo in relazione a qualsiasi oggetto che posso sperimentare, così quando sono consapevole soltanto di me stesso, la mia auto-consapevolezza trascende lo stato di essere un soggetto auto-consapevole. E’ solo la semplice e pura esperienza di essere auto-consapevole, che è sempre ciò che essenzialmente sono.

4. Poiché siamo auto-consapevoli possiamo scegliere di essere attentivamente auto-consapevoli

Tuttavia, benché siamo sempre essenzialmente auto-consapevoli, nella veglia e nel sogno tendiamo a trascurare o non vediamo la nostra auto-consapevolezza perché siamo più interessati nella nostra consapevolezza di altre cose. Quindi benché siamo auto-consapevoli, non siamo attentivamente auto-consapevoli, perché molta della nostra attenzione è assorbita da tutte le altre cose apparentemente interessanti o attrattive che stiamo ora sperimentando.

Poiché siamo consapevoli sia di noi stessi che di altre cose, possiamo scegliere di essere attentivamente auto-consapevoli o consapevoli di altre cose. La maggior parte del tempo scegliamo il secondo, ma più scegliamo il primo più diverremo familiari con essere semplicemente auto-consapevoli – o almeno consapevoli di noi stessi in misura maggiore di quanto siamo consapevoli di altre cose.

5. E’ possibile essere attentivamente auto-consapevoli?

Diogenes, chiedi se è minimamente possibile essere attentivamente auto-consapevoli, cosa che indica che non hai ancora sufficientemente provato a farlo. Puoi aver provato un po’, ma in modo non ancora abbastanza persistente. Quindi la risposta più appropriata alla tua domanda sembra essere: prova e vedi, e anche se all’inizio ti sembra di fallire, continua a provare finché riesci, perché è certamente possibile. Essere attentivamente auto-consapevoli è un’abilità che possiamo imparare solo con la pratica.

Se non sei mai andato in bicicletta, né hai mai visto qualcuno farlo, puoi chiedere se è possibile stare in equilibrio su due ruote così strette, ma se tu provassi con sufficiente insistenza, scopriresti infine (anche se dopo diversi tentativi non così riusciti) che è possibile. Prima di acquisire la capacità di farlo, dovrai cadere molte volte, ma più pratichi più facile diventerà, finché infine diventerà naturale come camminare.

Nello stesso modo, quando iniziamo a cercare di essere attentivamente auto-consapevoli, perdiamo frequentemente il nostro equilibrio, perché la nostra attenzione è facilmente deviata verso altre cose, ma con la pratica persistente impariamo gradualmente come rimanere in equilibrio almeno un po’ più fermamente in uno stato di semplice auto-attentività.

‘Prova con persistenza finché riesci’ è la sola risposta pratica alla tua domanda. Tuttavia, se il tuo dubbio è se è anche teoricamente possibile farlo, la risposta è che noi diamo attenzione a qualsiasi cosa di cui siamo consapevoli o di cui siamo in grado di essere consapevoli, perché attenzione o attentività è semplicemente focalizzare la nostra consapevolezza su qualunque cosa di cui scegliamo di essere consapevoli. Se non siamo molto interessati o curiosi riguardo la nostra auto-consapevolezza, ci può sembrare difficile focalizzarci su di essa, perché la nostra attenzione sarà rapidamente attirata verso altre cose che troviamo più interessanti. Ma se siamo interessati alla nostra auto-consapevolezza – curiosi di ciò che siamo realmente – la nostra curiosità ci spingerà a perseverare nel cercare di focalizzare la nostra attenzione su noi stessi.

Descrivi l’essere attentivamente auto-consapevoli come ‘prestare stretta, diretta, alta, concentrate, indivisa attenzione’ a noi stessi o alla nostra auto-consapevolezza, ma in questo contesto il verbo ‘prestare attenzione’ è potenzialmente ingannevole. Benché il termine ‘prestare attenzione’ sembra suggerire un’azione, ciò che esso significa realmente è solo essere attentivi, così è essenzialmente uno stato di essere piuttosto che un’azione. Tuttavia, quando prestiamo attenzione a qualsiasi cosa diversa da noi stessi, stiamo dirigendo la nostra attenzione lontano da noi stessi verso quell’altra cosa, così questo comporta un movimento o attività della nostra mente, e quindi prestare attenzione a qualsiasi altra cosa (ogni oggetto) è uno stato di essere mentalmente attivi. D’altra parte, quando cerchiamo di essere auto-attentivi, non stiamo dirigendo la nostra attenzione lontano da noi stessi, la sua sorgente, così essere auto-attentivi (o attentivamente auto-consapevoli) non comporta alcun movimento o attività della mente, e quindi è solo uno stato di essere come siamo realmente – perché ciò che siamo realmente è sempre auto-consapevole, naturalmente e senza sforzo.

Nessun commento:

Posta un commento