Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

martedì 7 giugno 2016

Perché dovremmo fare affidamento su Bhagavan per portare tutti i nostri carichi, sia materiali che spirituali?

Michael James

6 Giugno 2016
Why should we rely on Bhagavan to carry all our burdens, both material and spiritual?


In un commento al mio articolo precedente, Qual è la logica per credere che la felicità è ciò che siamo realmente?, un’amica di nome Sandhya ha scritto, “Ricordo di aver letto in qualche libro, dove Bhagavan ha detto, ‘non prendere tutto il carico su te stesso, ma trasferiscilo tutto a Dio’ usando l’analogia del treno/bagaglio portato da noi. Se tutto il carico è stato creato dall’ego e se Dio non è consapevole dell’ego né del carico, come può uno fare affidamento su Dio per portare il carico?”, così questo articolo è la mia risposta a lei.

Sandhya, l’insegnamento di Bhagavan a cui ti riferisci è ciò che ha scritto nel tredicesimo paragrafo di Nāṉ Yār?:
ஆன்மசிந்தனையைத் தவிர வேறு சிந்தனை கிளம்புவதற்குச் சற்று மிடங்கொடாமல் ஆத்மநிஷ்டாபரனா யிருப்பதே தன்னை ஈசனுக் களிப்பதாம். ஈசன்பேரில் எவ்வளவு பாரத்தைப் போட்டாலும், அவ்வளவையும் அவர் வகித்துக்கொள்ளுகிறார். சகல காரியங்களையும் ஒரு பரமேச்வர சக்தி நடத்திக்கொண் டிருகிறபடியால், நாமு மதற் கடங்கியிராமல், ‘இப்படிச் செய்யவேண்டும்; அப்படிச் செய்யவேண்டு’ மென்று ஸதா சிந்திப்பதேன்? புகை வண்டி சகல பாரங்களையும் தாங்கிக்கொண்டு போவது தெரிந்திருந்தும், அதி லேறிக்கொண்டு போகும் நாம் நம்முடைய சிறிய மூட்டையையு மதிற் போட்டுவிட்டு சுகமா யிராமல், அதை நமது தலையிற் றாங்கிக்கொண்டு ஏன் கஷ்டப்படவேண்டும்?

āṉma-cintaṉaiyai-t tavira vēṟu cintaṉai kiḷambuvadaṟku-c caṯṟum iḍam-koḍāmal ātma-niṣṭhā-paraṉ-āy iruppadē taṉṉai īśaṉukku aḷippadām. īśaṉpēril e-vv-aḷavu bhārattai-p pōṭṭālum, a-vv-aḷavai-y-um avar vahittu-k-koḷḷugiṟār. sakala kāriyaṅgaḷai-y-um oru paramēśvara śakti naḍatti-k-koṇḍirugiṟapaḍiyāl, nāmum adaṟku aḍaṅgi-y-irāmal, ‘ippaḍi-c ceyya-vēṇḍum; appaḍi-c ceyya-vēṇḍum’ eṉḏṟu sadā cinti-p-padēṉ? puhai vaṇḍi sakala bhāraṅgaḷaiyum tāṅgi-k-koṇḍu pōvadu terindirundum, adil ēṟi-k-koṇḍu pōhum nām nammuḍaiya siṟiya mūṭṭaiyaiyum adil pōṭṭu-viṭṭu sukhamāy irāmal, adai namadu talaiyil tāṅgi-k-koṇḍu ēṉ kaṣṭa-p-paḍa-vēṇḍum?

Solo essere ātma-niṣṭhāparaṉ [uno che è fermamente fissato in sé stesso], non dando anche il minimo spazio al sorgere di qualsiasi cintana [pensiero] diverso da ātma-cintana [pensiero di sé stessi], è donare sé stessi a Dio. Anche se poniamo qualsiasi quantità di peso su Dio, egli porterà quell’intera quantità. Poiché paramēśvara śakti [supremo potere dominante o potere di Dio] guida tutte le attività [ogni cosa che accade in questo mondo], invece di arrendersi ad esso perché dovremmo sempre pensare, ‘è necessario agire in questo modo; è necessario agire in quel modo’? Benché sappiamo che il treno si muove portando tutti i carichi, perché viaggiando su di esso dovremmo patire portando il nostro modesto bagaglio sulla testa invece di restare felici lasciando il bagaglio posato su quel [treno]?
Finché sembriamo questo ego limitato, la realtà infinita chiamata ‘Dio’ sembra qualcosa diversa da noi, e quindi sperimentare noi stessi come questo ego ci impedisce di sperimentarlo come è realmente. Egli ora sembra qualcosa di separato da noi solo perché siamo sorti come questo ego, limitando apparentemente e separando noi stessi da lui, e così facendo anche lui, nella nostra visione, sembra essere separato e quindi limitato, così come un’entità apparentemente separata e limitata egli non è più reale del nostro ego, che lo vede come tale. Tuttavia ciò che egli è realmente non è qualcosa limitata o separata da qualsiasi altra cosa, ma solo l’unica totalità infinita, al di là della quale niente altro può esistere, così egli è ciò che siamo realmente – il nostro sé reale o ātma-svarūpa. Quindi per conoscerlo come è realmente dobbiamo conoscere noi stessi come siamo realmente, e per conoscere noi stessi come siamo realmente dobbiamo arrendere completamente il nostro ego e quindi unirci per sempre in lui, come lui stesso.

Poiché questo ego è un fantasma senza forma che sorge e si regge solo ‘afferrando la forma’, come Bhagavan indica nel verso 25 di Uḷḷadu Nāṟpadu, non possiamo arrendere completamente il nostro ego finché permettiamo ad esso di continuare di aggrapparsi a qualche forma o fenomeno – cioè, a qualsiasi cosa diversa da sé stesso. Poiché ogni cosa diversa da noi stessi è solo un pensiero o idea proiettata e sperimentata dal nostro ego, e poiché questo ego afferra o si aggrappa a queste cose solo dando ad esse attenzione, egli ci insegna che questo ego sprofonderà in modo tale che non sorgerà nuovamente solo se cerchiamo di attendere soltanto ad esso, cessando quindi di dare attenzione a qualunque altra cosa. Questo è ciò che egli intende in questo verso quando dice, ‘தேடினால் ஓட்டம் பிடிக்கும்’ (tēḍiṉāl ōṭṭam piḍikkum), che significa ‘Se cercato [esaminato o investigato], esso [questo ego] prenderà il volo’.

Quindi nella prima frase di questo tredicesimo paragrafo di Nāṉ Yār? egli dice: ஆன்மசிந்தனையைத் தவிர வேறு சிந்தனை கிளம்புவதற்குச் சற்று மிடங்கொடாமல் ஆத்மநிஷ்டாபரனா யிருப்பதே தன்னை ஈசனுக் களிப்பதாம்’ (āṉma-cintaṉaiyai-t tavira vēṟu cintaṉai kiḷambuvadaṟku-c caṯṟum iḍam-koḍāmal ātma-niṣṭhāparaṉ-āy iruppadē taṉṉai īśaṉukku aḷippadām), che significa ‘Solo essere uno che è fermamente fissato in sé stesso (ātma-niṣṭhāparaṉ), non dando anche il minimo spazio al sorgere di qualsiasi pensiero(cintana) diverso dal pensiero di sé stesso (ātma-cintana), è donare sé stessi a Dio’. Cioè, finché pensiamo a qualsiasi cosa diversa da noi stessi, stiamo ‘afferrando la forma’ e quindi stiamo nutrendo e sostenendo il nostro ego, così per arrendere completamente questo ego, non dovremmo dare anche il minimo spazio al sorgere di qualunque pensiero riguardo a qualsiasi cosa diversa da noi stessi.

Essendo sorti come questo ego che afferra la forma, sperimentiamo noi stessi come una persona, che è attualmente la forma primaria che abbiamo afferrato e la base di tutte le altre forme di cui siamo consapevoli, e come questa persona sembriamo avere molte ansietà, preoccupazioni e responsabilità. Quindi quando Bhagavan ci consiglia di arrendere completamente noi stessi, attendendo a niente altro che noi stessi, siamo restii a farlo perché siamo attaccati a molte cose associate con questa persona che sembriamo essere, così ci aggrappiamo saldamente a queste cose e crediamo che per proteggere il nostro corpo e ogni altra cosa che ci è cara è per noi necessario fare questo o quello.

Questo aggrapparci a cose diverse da noi stessi è ciò che Bhagavan descrive come ‘நம்முடைய சிறிய மூட்டையையு மதிற் போட்டுவிட்டு சுகமா யிராமல், அதை நமது தலையிற் றாங்கிக்கொண்டு’ (nammuḍaiya siṟiya mūṭṭaiyaiyum adil pōṭṭu-viṭṭu sukhamāy irāmal, adai namadu talaiyil tāṅgi-k-koṇḍu), che significa ‘portare il nostro modesto bagaglio sulla nostra testa invece di rimanere felici lasciandolo posato su quel [treno]’, ed egli chi chiede perché dovremmo soffrire inutilmente in questo modo: ‘சகல காரியங்களையும் ஒரு பரமேச்வர சக்தி நடத்திக்கொண்டிருகிறபடியால், நாமு மதற் கடங்கியிராமல், ‘இப்படிச் செய்யவேண்டும்; அப்படிச் செய்யவேண்டு’ மென்று ஸதா சிந்திப்பதேன்?’ (sakala kāriyaṅgaḷaiyum oru paramēśvara śakti naḍatti-k-koṇḍirugiṟapaḍiyāl, nāmum adaṟku aḍaṅgi-y-irāmal, ‘ippaḍi-c ceyya-vēṇḍum; appaḍi-c ceyya-vēṇḍum’ eṉḏṟu sadā cinti-p-padēṉ?), ‘Poiché un paramēśvara śakti guida tutte le attività, invece di arrendersi ad esso perché dovremmo sempre pensare, ‘è necessario agire in questo modo; è necessario agire in quel modo’?’

Tutte le nostre ansietà e responsabilità sembrano reali solo perché sembriamo una persona e di conseguenza sembra esserci un mondo, e queste cose sembrano esistere e Dio sembra qualcosa separata sia da noi che da questo mondo solo perché siamo sorti come questo ego. Quindi quando il nostro ego sprofonda completamente, come fa ogni giorno nel sonno, né il mondo né Dio sembrano esistere come qualcosa separata da noi, e di conseguenza siamo liberi, almeno per un po’, da tutte le ansietà e le responsabilità.

Quindi, sebbene Dio è realmente il nostro sé reale, egli sembra separato da noi perché abbiamo limitato noi stessi come questo ego, e come questo ego limitato sembriamo essere caricati da tutti i generi di ansietà, preoccupazioni e responsabilità. Sebbene il nostro ego e i suoi carichi non sono reali, essi sembrano reali nella visione di noi stessi come questo ego, così Bhagavan ci consiglia di arrendere questo ego insieme con tutti i suoi carichi a Dio, e ci rassicura che se facciamo questo egli si prenderà completa cura di noi e di tutte le nostre necessità, dicendo: ‘ஈசன்பேரில் எவ்வளவு பாரத்தைப் போட்டாலும், அவ்வளவையும் அவர் வகித்துக்கொள்ளுகிறார்’ (īśaṉpēril e-vv-aḷavu bhārattai-p pōṭṭālum, a-vv-aḷavaiyum avar vahittu-k-koḷḷugiṟār), che significa ‘Anche se uno pone qualunque quantità di carico su Dio, egli porterà quell’intera quantità’.

Poiché nella sua chiara e infinita visione il nostro ego e questo mondo proiettato dall’ego non esistono realmente, come può Dio portare tutti i nostri carichi insieme con la loro radice, questo ego? Egli può farlo molto facilmente perché non vede il nostro ego come un ego o i nostri carichi come carichi, perché nella sua visione egli solo esiste, così niente è diverso da lui. Quindi portare qualsiasi quantità di carico non è affatto un peso per lui. Questo è il motivo per cui Bhagavan canta nel verso 9 di Śrī Aruṇācala Padikam:
பரமநின் பாதம் பற்றறப் பற்றும்
      பரவறி வறியரிற் பரமன்
பரமுனக் கெனவென் பணியறப் பணியாய்
      பரித்திடு முனக்கெது பாரம்
பரமநிற் பிரிந்திவ் வுலகினைத் தலையிற்
      பற்றியான் பெற்றது போதும்
பரமனா மருணா சலவெனை யினியுன்
      பதத்தினின் றொதுக்குறப் பாரேல்.

paramaniṉ pādam paṯṟaṟap paṯṟum
      paravaṟi vaṟiyariṟ paramaṉ
bharamuṉak keṉaveṉ paṇiyaṟap paṇiyāy
      bharittiṭu muṉakkedu bhāram
paramaniṟ pirindiv vulahiṉait talaiyiṟ
      paṯṟiyāṉ peṯṟadu pōdum
paramaṉā maruṇā calaveṉai yiṉiyuṉ
      padattiṉiṉ ḏṟodukkuṟap pārēl
.

பதச்சேதம்: பதச்சேதம்: பரம நின் பாதம் பற்று அற பற்றும் பர அறி வறியரில் பரமன். பரம் உனக்கு என, என் பணி அற பணியாய். பரித்திடும் உனக்கு எது பாரம்? பரம நின் பிரிந்து இவ் உலகினை தலையில் பற்றி யான் பெற்றது போதும். பரமன் ஆம் அருணாசல எனை இனி உன் பதத்தில் நின்று ஒதுக்கு உற பாரேல்..

Padacchēdam (separazione delle parole): parama niṉ pādam paṯṟu aṟa paṯṟum para aṟi vaṟiyaril paramaṉ. bharam uṉakku eṉa, eṉ paṇi aṟa paṇiyāy. bharittiṭum uṉakku edu bhāram? parama niṉ pirindu i-vv-ulahiṉai talaiyil paṯṟi yāṉ peṯṟadu pōdum. paramaṉ ām aruṇācala eṉai iṉi uṉ padattil niṉḏṟu odukku uṟa pārēl.

Traduzione: Supremo, [io sono] supremo tra coloro che sono bisognosi della suprema saggezza per stringersi ai tuoi piedi senza attaccamento. [Prendendo la responsabilità per me e per la mia salvezza] come tuo carico, fa cessare la mia attività. Per te che porti [ogni cosa], cos’è un peso? Supremo, ciò che ho ottenuto separandomi da te e afferrando questo mondo sulla mia testa è abbastanza. Arunachala, che sei supremo, non cercare più di tenermi separato dai tuoi piedi [o dal tuo stato].
Poiché ciascuno di noi ha amore illimitato per sé stesso, e poiché Dio è il nostro sé illimitato, il suo amore è infinito e abbraccia tutto di noi, senza la minima esclusione. Quindi solo essendo l’amore infinito che è, egli porta senza sforzo noi e tutti i nostri carichi, così nella seconda riga di questo verso Bhagavan chiede ad Arunachala, ‘பரித்திடும் உனக்கு எது பாரம்?’ (bharittiṭum uṉakku edu bhāram?), che significa ‘Per te che porti [ogni cosa], cos’è un peso?’ Quindi piuttosto che portare ogni carico sulla propria testa, come un folle passeggero su un treno, possiamo con fiducia consegnare tutti i carichi a lui, incluso il carico di fare o pensare qualsiasi cosa.

Finché siamo attivi, facendo qualsiasi cosa, incluso anche il pensare, stiamo portando un carico sulla nostra testa, così Bhagavan prega Arunachala, ‘பரம் உனக்கு என, என் பணி அற பணியாய்’ (bharam uṉakku eṉa eṉ paṇi aṟa paṇiyāy), che significa ‘[Prendendo tutto questo] come tuo carico, fa cessare la mia attività’. Perché dovremmo pensare a qualche pensiero o credere che abbiamo bisogno di fare qualche azione? Facciamo così solo perché non ci fidiamo che il treno su cui stiamo viaggiando (vale a dire Bhagavan o Dio) porti l’intero carico per noi. Che sciocchi siamo! Questo è il motivo per cui egli ci consiglia di arrendere ogni cosa a lui, incluso noi stessi, questo ego che sorge come se fosse qualcosa di separato da lui.

Tuttavia, finché sorgiamo come questo ego e quindi sperimentiamo noi stessi come una persona, il mondo che percepiamo attorno a noi sembra essere reale, e quindi ci sembra che abbiamo responsabilità di noi stessi, della nostra famiglia, dei nostri amici e di altri che abbiamo a cuore. È difficile per noi, quindi, liberare noi stessi dall’idea che dobbiamo impegnarci in varie attività di mente, parola e corpo per prenderci cura di tutte le varie responsabilità. Se avessimo fede completa in Dio, credendo che egli sta portando senza sforzo l’intero carico di questo universo e di ogni creatura in esso, come un treno che porta l’intero carico di chiunque e di ogni cosa che viaggia su di esso, affideremmo con fiducia tutte le nostre apparenti responsabilità a lui, e non sentiremmo il bisogno di sorgere come un ‘io’ a pensare o a fare qualsiasi cosa.

Se sorgiamo a pensare a qualsiasi cosa, questo mostra che non abbiamo ancora sufficiente fiducia in lui, e quindi crediamo per noi necessario fare questo o quello per prenderci cura di noi stessi e di chiunque altro per cui sembriamo avere una qualche forma di responsabilità. Crediamo che se non facciamo qualunque cosa abbiamo bisogno di fare, staremmo trascurando le nostre responsabilità e le cose non accadrebbero come desideriamo che accadano. Per esempio, se non lavoriamo per guadagnarci da vivere, non saremo in grado di fornire cibo, vestiti, riparo e qualunque altra cosa può sembrare necessaria per noi stessi e la nostra famiglia, o se non aiutiamo altri che sono nel bisogno, saremmo responsabili (o almeno avremmo una parte di responsabilità) di qualunque patimento o sofferenza essi devono subire di conseguenza. Possiamo anche credere che anche se arrendessimo a Dio tutte le nostre preoccupazioni riguardo le cose esteriori, ancora porteremmo la responsabilità della nostra salvezza, così dobbiamo fare questo o quello yōga, adorazione, preghiera, japa, meditazione o altre sādhana al fine di progredire spiritualmente. Con questa attitudine ci impegniamo in vari tipi di attività, sia mondane che spirituali, e di conseguenza troviamo estremamente difficile arrendere completamente tutte le nostre ansietà, preoccupazioni e responsabilità – lasciare soltanto noi stessi – a Dio.

Quindi per renderci più facile divenire disposti ad arrendere completamente noi stessi e il nostro intero carico di apparenti responsabilità a Dio, Bhagavan ci ha insegnato che qualunque cosa deve accadere accadrà, e qualunque cosa non deve accadere non accadrà, non importa quanti sforzi possiamo fare per impedire ciò che deve accadere o per provocare ciò non deve accadere, e che qualunque cosa la nostra mente, voce e corpo sono destinati a fare, saranno portati a farlo, così anche se arrendiamo completamente noi stessi insieme con tutte le nostre ansietà, preoccupazioni e responsabilità, ogni cosa accadrà solo come è inteso che accada e come sarebbe accaduta anche se non avessimo arreso noi stessi.

Egli ha espresso questa assicurazione più chiaramente ed enfaticamente nella nota che ha scritto per sua madre nel Dicembre 1898:
அவரவர் பிராரப்தப் பிரகாரம் அதற்கானவன் ஆங்காங்கிருந் தாட்டுவிப்பன். என்றும் நடவாதது என் முயற்சிக்கினும் நடவாது; நடப்ப தென்றடை செய்யினும் நில்லாது. இதுவே திண்ணம். ஆகலின் மௌனமா யிருக்கை நன்று.

avar-avar prārabdha-p prakāram adaṟkāṉavaṉ āṅgāṅgu irundu āṭṭuvippaṉ. eṉḏṟum naḍavādadu eṉ muyaṟcikkiṉum naḍavādu; naḍappadu eṉ taḍai seyyiṉum nillādu. iduvē tiṇṇam. āhaliṉ mauṉamāy irukkai naṉḏṟu.

Secondo il loro-loro prārabdha, egli che è per quell’essere lì-lì causerà il danzare [cioè, secondo il destino (prārabdha) di ogni persona, egli che è per quello (vale a dire Dio o guru, che ordina il loro destino) essendo nel cuore di ciascuno di essi, li farà agire]. Ciò che non deve accadere non accadrà qualunque sforzo si possa fare [per farlo accadere]; ciò che deve accadere non si fermerà qualunque ostacolo [o resistenza] si possa fare [per impedire che accada]. Questo è certo davvero. Quindi essere silenziosamente [o essere silenti] è buono.
Quindi se siamo saggi ed abbiamo completa fede in Bhagavan e in tutto quello che ci ha insegnato, con fiducia arrenderemo completamente noi stessi e tutti i nostri carichi apparenti – sia materiali che spirituali – alla sua cura, e quindi rimarremo silenziosi nel nostro stato naturale di pura auto-consapevolezza senza sorgere come questo ego a pensare o a fare qualunque cosa.

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