Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

giovedì 1 settembre 2016

Cos’è il ‘sé’ che investighiamo quando cerchiamo di essere attentivamente auto-consapevoli?

Michael James

31 Agosto 2016
What is the ‘self’ we are investigating when we try to be attentively self-aware?

In un commento che ha scritto oggi al mio articolo precedente, È sbagliato dire che ātma-vicāra è il solo mezzo diretto con cui possiamo sradicare il nostro ego?, un amico di nome Viveka Vairagya ha scritto:
Dici che l’auto-indagine non è altro che ‘attentiva consapevolezza di sé’. Prendo le parti ”attentiva” e “consapevolezza”. Non prendo la parte ‘sé” perché tutto ciò di cui sono ora consapevole è il mio corpo e i pensieri, incluso il “pensiero-io”. Così, intendi che dovrei attendere alla consapevolezza del “pensiero-io”? Questo potrebbe avere un senso perché è un po’ attendere al serpente (pensiero-io) e scoprire ecco quella è una corda (sé). Allora perché non dici che l’auto-indagine è “attentiva consapevolezza del pensiero-io”? Spero che il mio dubbio abbia un senso.
Ciò che segue è la mia risposta:

Viveka Vairagya, lo scopo e il fine dell’auto-investigazione (ātma-vicāra) è scoprire cosa è realmente questo ‘io’ o ‘sé’. Siamo sempre consapevoli di noi stessi, ma la nostra auto-consapevolezza è ora confusa, perché (nella visione di noi stessi come questo ego) sembra essere mischiata con la consapevolezza del nostro corpo e di altre cose.

Ciò che è chiamato ‘ego’, ‘pensiero chiamato io’ o ‘pensiero-io’ è ciò che ora sperimentiamo come noi stessi, vale a dire questo ‘io’ che sorge nella veglia e nel sogno, afferrando un corpo come sé stesso e quindi sperimentando sé stesso come ‘io sono questo corpo, questa persona chiamata Viveka Vairagya [o chiunque altro]’. Questa non è la nostra auto-consapevolezza nella sua forma originale, ma è una forma mischiata e distorta. Tuttavia, è ancora la stessa fondamentale auto-consapevolezza. È come una corda che viene vista come un serpente piuttosto che come è realmente.

Quando vediamo una corda come un serpente, è ancora la stessa corda, e non ha subito alcun cambiamento. Solo la nostra percezione di essa è sbagliata. Nello stesso modo, quando vediamo noi stessi come questo ego limitato, siamo ancora la stessa infinita auto-consapevolezza, e non abbiamo subito alcun cambiamento, ma come questo ego la nostra percezione di noi stessi è sbagliata. Cioè, la nostra consapevolezza di noi stessi è distorta essendo mischiata e confusa con la consapevolezza di altre cose che confondiamo come noi stessi, primariamente con un corpo (sebbene non sempre lo stesso corpo).

Per vedere la corda come è, tutto quello che abbiamo bisogno di fare è guardare molto attentamente ciò che ora sembra essere un serpente, perché quando lo guardiamo abbastanza attentamente, vedremo che non è realmente un serpente ma solo una corda. Ciò che sempre stavamo vedendo era solo una corda, ma semplicemente la confondevamo come un serpente. Nello stesso modo, per vedere o per essere consapevoli di noi stessi come siamo realmente, tutto ciò che abbiamo bisogno di fare è guardare molto attentamente noi stessi, chi ora sembra essere questo ego o pensiero-‘io’, perché quando guardiamo noi stessi abbastanza attentamente, vedremo che non siamo realmente questo ego limitato (una limitata auto-consapevolezza mischiata a un corpo) ma solo pura ed infinita auto-consapevolezza. Ciò di cui sempre eravamo consapevoli era solo pura auto-consapevolezza, ma semplicemente la confondevamo come questa auto-consapevolezza mischiata ad aggiunte chiamata ‘ego’ o pensiero-‘io’.

Dici che tutto ciò di cui sei ora consapevole è il tuo corpo e i tuoi pensieri, incluso il ‘pensiero-io’, ma mentre siamo consapevoli di altri pensieri come oggetti (incluso il nostro corpo e ogni cosa che percepiamo come questo universo apparentemente vasto), siamo consapevoli di noi stessi, questo ego o pensiero-‘io’, come il soggetto, quello che è consapevole sia di sé stesso che di tutte le altre cose (che secondo Bhagavan sono tutti solo pensieri proiettati e simultaneamente sperimentati da noi stessi come questo ego, come ogni cosa che sperimentiamo in un sogno). Quindi c’è una differenza fondamentale tra la nostra consapevolezza di altre cose e la nostra consapevolezza del nostro pensiero-‘io’, perché solo questo pensiero-‘io’ è ciò che è consapevole di ogni altra cosa, ed è la nostra auto-consapevolezza fondamentale, anche se mischiata con la consapevolezza di altre cose.

Quindi invece di guardare qualsiasi cosa che è vista (ogni fenomeno di cui siamo consapevoli), dovremmo guardare noi stessi, quello che vede (o che è consapevole di) ogni cosa. Questa semplice pratica di cercare di guardare indietro a colui che vede o colui che guarda, vale a dire noi stessi, è ciò che è chiamata ātma-vicāra, auto-investigazione, auto-attentività o essere attentivamente auto-consapevoli.

Per quanto riguarda la tua domanda, ‘Allora perché non dici che l’auto-indagine è “attentiva consapevolezza del pensiero-io”?’, generalmente parliamo di essere consapevoli di sé stessi [auto-consapevoli] piuttosto che essere consapevoli di io, perché sebbene ‘io’ e ‘me stesso’ sono due parole che si riferiscono alla stessa cosa, usiamo ciascuna di esse in un contesto grammaticale leggermente differente, e in parole unite a un trattino usiamo generalmente ‘auto-‘ come una parafrasi abbreviativa di ‘me stesso’ o ‘sé stessi’. Inoltre, sebbene Bhagavan ci ha insegnato che il nostro ego è un pensiero – il nostro pensiero primario e la radice di tutti gli altri pensieri – e quindi si è riferito ad esso come il ‘pensiero chiamato io’ (‘நான் என்னும் நினைவு’ (nāṉ eṉṉum niṉaivu) in Tamil) o ‘pensiero-io’ (‘अहं वृत्ति’ (ahaṁ-vṛtti) in Sanscrito), questo ego non ci sembra essere un pensiero ma invece sembra essere noi stessi, così è per noi più naturale parlare di auto-consapevolezza [consapevolezza di sé] piuttosto che di ‘consapevolezza del pensiero-io’.

Cosa ancora più importante è che, sebbene il nostro ego è una mescolanza di pura auto-consapevolezza e di consapevolezza-aggiunta (centrata attorno alla nostra aggiunta fondamentale, vale a dire un corpo), ed è quindi chiamato cit-jaḍa-granthi (il nodo formato dal groviglio di auto-consapevolezza con aggiunte non-coscienti), quando investighiamo il nostro ego ciò che stiamo cercando di conoscere correttamente non è qualche parte della nostra consapevolezza-aggiunta (le parti non-coscienti o jaḍa di questo cit-jaḍa-granthi) ma solo la nostra auto-consapevolezza essenziale (la parte cosciente o cit di essa), così dovremmo cercare di isolare la nostra auto-consapevolezza essenziale da tutte le nostre aggiunte focalizzando la nostra attenzione soltanto su noi stessi (questa auto-consapevolezza essenziale). Questo è ciò che Bhagavan ha indicato quando ha detto (come registrato nel capitolo finale di Maharshi’s Gospel, edizione 2002, pag. 89):
L’ego funziona come il nodo tra il Sé che è Pura Consapevolezza e il corpo fisico che è inerte e insenziente. L’ego è quindi chiamato il chit-jada-granthi. Nella tua investigazione nella sorgente di aham-vritti, prendi l’aspetto essenziale chit dell’ego; e per questa ragione l’indagine deve condurre alla realizzazione della pura consapevolezza del Sé.
Ciò che è tradotto qui come ‘la pura consapevolezza del Sé’ è pura auto-consapevolezza, che è ciò che siamo realmente, e che egli chiama ‘l’aspetto essenziale chit [cit o consapevolezza] dell’ego’. Poiché noi siamo l’auto-consapevolezza essenziale da cui l’ego o pensiero-‘io’ (ahaṁ-vṛtti) ed ogni altra cosa appare nella veglia e nel sogno e in cui tutto scompare nel sonno, ciò che egli chiama ‘la tua investigazione nella sorgente di aham-vritti’ è investigare il nostro sé reale, la pura auto-consapevolezza che sempre siamo realmente.

Come un serpente illusorio, l’ego o pensiero-‘io’ come tale non esiste realmente, ma è solo un fantasma illusorio che sembra esistere finché (e solo finché) siamo consapevoli di qualsiasi cosa diversa da noi stessi, e quindi non stiamo attendendo esclusivamente a noi stessi. Di notte in una foresta oscura in cui solo una debole luce lunare può filtrare attraverso il fitto e ondeggiante fogliame degli alberi, possiamo immaginare di vedere molti fantasmi muoversi nell’ombra. Ma se guardiamo attentamente ognuno di questi ‘fantasmi’, vedremo che non si tratta di questo, ma solo della luce della luna filtrata dalle foglie. Ogni ‘fantasma’ sembra esistere come tale solo quando guardiamo da qualche altra parte, ma scompare quando lo guardiamo direttamente. Nello stesso modo, questo fantasma chiamato ‘ego’ o ‘pensiero-io’ non esiste realmente, così sembra esistere solo quando guardiamo da qualche altra parte, e si dissolve e scompare quando lo guardiamo direttamente.

Quindi guardare direttamente questo ego è il solo modo per dissolverlo o annientarlo. Se cerchiamo di uccidere un serpente illusorio battendolo con un bastone, esso non morirà mai, perché è solo una corda. Il solo modo per ‘ucciderlo’ è guardarlo attentamente e quindi vedere che non è mai stato un serpente ma solo una corda. Nello stesso modo non possiamo annientare il nostro ego con qualsiasi mezzo diverso dal solo guardarlo e vedere che non è realmente l’ego o pensiero-‘io’ che sembrava essere, ma è solo la nostra pura e immutabile auto-consapevolezza, nella cui chiara visione niente altro esiste oltre a noi stessi.

Quindi una cosa riguardo alla quale abbiamo bisogno di essere guardinghi quando usiamo termini come ‘l’ego’, ‘il pensiero chiamato io’ o ‘il pensiero-io’ è non oggettivare o concretizzare qualunque significato diamo a questi termini, perché ciò che questi termini indicano è solo noi stessi come il veggente o lo sperimentatore di tutte le altre cose, e come tale non siamo un oggetto ma solo il soggetto, la consapevolezza nella cui visione soltanto ogni altra cosa esiste. Tuttavia, sebbene questo ego è il soggetto che conosce tutte le altre cose, finché esso sembra essere tale non è più reale di qualunque cosa che vede o conosce, come scopriremo se (e solo se) lo investighiamo. Esso non è mai realmente altro che un’apparenza illusoria, la cui sorgente e unica sostanza è il nostro sé reale, che è immutabile auto-consapevolezza eternamente libera da aggiunte.

Poiché questa consapevolezza-ego (o ‘consapevolezza del pensiero-io’ come la chiami) è solo una forma apparentemente limitata e distorta della nostra auto-consapevolezza fondamentale, che sola è reale e che sperimentiamo sempre, anche quando sembra essere questo ego o pensiero-‘io’, ciò che abbiamo bisogno di fare è vedere attraverso la sua illusoria apparenza esteriore e riconoscere l’auto-consapevolezza fondamentale che è realmente. Quindi ciò che stiamo cercando di conoscere quando investighiamo noi stessi non è questo ego illusorio, che non esiste realmente, ma solo la nostra pura auto-consapevolezza, che sola è ciò che realmente esiste. Tuttavia, per vedere noi stessi come pura auto-consapevolezza, dobbiamo guardare attraverso questo ego o pensiero-‘io’, che è ciò che ora sembriamo essere, e quindi vedere la sostanza reale che sottende la sua apparenza illusoria, che è la pura auto-consapevolezza che siamo realmente.

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