Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

giovedì 9 marzo 2017

C’è solo un ego, ed anche quello non esiste realmente

Michael James

8 Marzo 2017
There is only one ego, and even that does not actually exist

Un’amica mi ha scritto recentemente ponendo varie domande riguardo ciò che ho detto in alcuni dei video sul mio canale YouTube, Sri Ramana Teachings, ed anche riguardo a diversi altri argomenti correlati, così questo articolo è adattato dalla risposta che le ho dato.
  1. Noi che siamo consapevoli di questo mondo siamo il solo ego
  2. Uḷḷadu Nāṟpadu verso 26: investigare cosa è questo ego è rinunciare a ogni cosa
  3. Upadēśa Undiyār verso 28: quando ogni altra cosa cessa di esistere, ciò che rimane è solo senza inizio, infinita e indivisa sat-cit-ānanda
  4. Uḷḷadu Nāṟpadu verso 12: noi non siamo nulla ma pura consapevolezza
  5. Uḷḷadu Nāṟpadu verso 31: il jñāni non è consapevole di niente altro che sé stesso, così la nostra mente non può afferrare la sua prospettiva
  6. Uḷḷadu Nāṟpadu verso 33: l’’io’ che sorge per dire ‘io ho visto’ non ha visto nulla


1. Noi che siamo consapevoli di questo mondo siamo il solo ego

Tutte le domande possono in definitiva essere risolte solo nel silenzio, ma per metterci in grado di sperimentare il silenzio che siamo realmente, Bhagavan ci ha dato insegnamenti in parole, così finché non perdiamo noi stessi nell’assoluto silenzio, le sue parole sono la nostra guida.

Egli ci ha insegnato che ogni cosa che sperimentiamo diversa da noi stessi è solo un sogno, e che proprio come nel sogno c’è solo un ego che proietta e percepisce il mondo di sogno e tutte le persone in esso, in questo sogno che ora confondiamo come la veglia noi siamo il solo ego che ha proiettato questo mondo e lo sta percependo.

Questo insegnamento è chiamato ēka-jīva-vāda (l’assunto che c’è solo un jīva o ego), e una volta mentre Bhagavan stava spiegando ciò, uno dei devoti presenti in quel momento gli ha chiesto, ‘Chi fra noi qui è l’unico jīva?’, a cui egli ha risposto, ‘Tu sei quello’. Poi un altro devoto ha chiesto, 'Cosa dici di me?’, ed anche a lui Bhagavan ha detto, ‘Tu sei quello’.

Cosa dovremmo comprendere da questo? Quando stiamo sognando ci sembra di essere solo una tra molte persone nel mondo di sogno, e presupponiamo che ciascun’altra persona sia un jīva o ego proprio come noi e che ognuna di esse stia quindi percependo il mondo proprio come noi lo stiamo percependo. Tuttavia, appena ci svegliamo, comprendiamo che tutte quelle altre persone che vedevamo nel nostro sogno erano solo la nostra proiezione mentale e che nessuna di esse stava realmente percependo o era consapevole di qualcosa. Nello stesso modo nel nostro stato attuale tutte le altre persone che vediamo sono solo la nostra proiezione mentale, così è solo nella nostra visione che esse sembrano percepire il mondo proprio come noi lo stiamo percependo.

Questo è il motivo per cui se chiediamo a Bhagavan chi è l’unico jīva, egli dirà sempre ‘Tu sei quello’, perché sebbene non possiamo sapere se qualcun altro sia realmente consapevole di qualcosa, sappiamo che noi siamo consapevoli di questo mondo, così noi dobbiamo essere l’unico jīva o ego di cui egli stava parlando.

2. Uḷḷadu Nāṟpadu verso 26: investigare cosa è questo ego è rinunciare a ogni cosa

Questo ēka-jīva-vāda è inteso chiaramente in molti dei suoi insegnamenti. Per esempio, nel verso 26 di Uḷḷadu Nāṟpadu egli dice:
அகந்தையுண் டாயி னனைத்துமுண் டாகு
மகந்தையின் றேலின் றனைத்து — மகந்தையே
யாவுமா மாதலால் யாதிதென்று நாடலே
யோவுதல் யாவுமென வோர்.

ahandaiyuṇ ḍāyi ṉaṉaittumuṇ ḍāhu
mahandaiyiṉ ḏṟēliṉ ḏṟaṉaittu — mahandaiyē
yāvumā mādalāl yādideṉḏṟu nādalē
yōvudal yāvumeṉa vōr
.

பதச்சேதம்: அகந்தை உண்டாயின், அனைத்தும் உண்டாகும்; அகந்தை இன்றேல், இன்று அனைத்தும். அகந்தையே யாவும் ஆம். ஆதலால், யாது இது என்று நாடலே ஓவுதல் யாவும் என ஓர்.

Padacchēdam (separazione delle parle): ahandai uṇḍāyiṉ, aṉaittum uṇḍāhum; ahandai iṉḏṟēl, iṉḏṟu aṉaittum. ahandai-y-ē yāvum ām. ādalāl, yādu idu eṉḏṟu nādal-ē ōvudal yāvum eṉa ōr.

அன்வயம்: அகந்தை உண்டாயின், அனைத்தும் உண்டாகும்; அகந்தை இன்றேல், அனைத்தும் இன்று. யாவும் அகந்தையே ஆம். ஆதலால், யாது இது என்று நாடலே யாவும் ஓவுதல் என ஓர்.

Anvayam (parole ridisposte in ordine naturale di prosa): ahandai uṇḍāyiṉ, aṉaittum uṇḍāhum; ahandai iṉḏṟēl, aṉaittum iṉḏṟu. yāvum ahandai-y-ē ām. ādalāl, yādu idu eṉḏṟu nādal-ē yāvum ōvudal eṉa ōr.

Traduzione: Se l’ego ha origine, ogni cosa ha origine; se l’ego non esiste, ogni cosa non esiste. Quindi, sappi che solo investigare cosa è questo [ego] è rinunciare a ogni cosa.
A quale ego egli si sta qui riferendo? All’unico e solo ego che c’è, vale a dire noi stessi, così noi siamo quello.

Tuttavia quest’unico ego non è ciò che siamo realmente, ma solo ciò che sembriamo essere, così se investighiamo noi stessi abbastanza accuratamente, vedremo cosa siamo realmente e perciò questo unico ego scomparirà per sempre, poiché esso non esiste realmente, proprio come un serpente illusorio scomparirebbe se lo guardassimo abbastanza accuratamente da vedere che è realmente solo una corda. Quindi, poiché l’esistenza apparente di ogni altra cosa dipende dall’esistenza apparente di noi stessi come questo ego, e poiché questo ego cesserà di esistere se lo investighiamo abbastanza accuratamente, Bhagavan dice, ‘ஆதலால், யாது இது என்று நாடலே ஓவுதல் யாவும்’ (ādalāl, yādu idu eṉḏṟu nādalē yāvum ōvudal), che significa, ‘Quindi, solo investigare cosa è questo [ego] è rinunciare a ogni cosa’.

3. Upadēśa Undiyār verso 28: quando ogni altra cosa cessa di esistere, ciò che rimane è solo senza inizio, infinita e indivisa sat-cit-ānanda

Tuttavia, ciò che in questo contesto egli intende con ‘ogni cosa’ sono tutti i fenomeni, e quando l’ego e tutti i fenomeni cessano di esistere ciò che rimane è solo noi stessi come siamo realmente, che è anādi (senza inizio), ananta (senza fine, illimitata o infinita), akhaṇḍa (ininterrotta o indivisa) sat-cit-ānanda (essere, consapevolezza, beatitudine), come egli dice nel verso 28 di Upadēśa Undiyār:
தனாதியல் யாதெனத் தான்றெரி கிற்பின்
னனாதி யனந்தசத் துந்தீபற
வகண்ட சிதானந்த முந்தீபற.

taṉādiyal yādeṉat tāṉḏṟeri hiṯpiṉ
ṉaṉādi yaṉantasat tundīpaṟa
vakhaṇḍa cidāṉanda mundīpaṟa
.

பதச்சேதம்: தனாது இயல் யாது என தான் தெரிகில், பின் அனாதி அனந்த சத்து அகண்ட சித் ஆனந்தம்.

Padacchēdam (separazione delle parole): taṉādu iyal yādu eṉa tāṉ terihil, piṉ aṉādi aṉanta sattu akhaṇḍa cit āṉandam.

அன்வயம்: தான் தனாது இயல் யாது என தெரிகில், பின் அனாதி அனந்த அகண்ட சத்து சித் ஆனந்தம்.

Anvayam (parole ridisposte in ordine naturale di prosa): tāṉ taṉādu iyal yādu eṉa terihil, piṉ aṉādi aṉanta akhaṇḍa sattu cit āṉandam.

Traduzione: Se uno conosce qual è la natura di sé stesso, allora [ciò che esisterà e risplenderà sarà solo] senza inizio, senza fine [o infinita] e indivisa sat-cit-ānanda [essere-consapevolezza-beatitudine].
Quindi ciò che rimane quando ogni cosa cessa di esistere non è nulla ma l’infinita pienezza di sat-cit-ānanda, che è ciò che siamo realmente e ciò che sola è reale, anche quando altre cose sembrano esistere.

4. Uḷḷadu Nāṟpadu verso 12: noi non siamo nulla ma pura consapevolezza

Questo è il motivo per cui Bhagavan dice nel verso 12 di Uḷḷadu Nāṟpadu:
அறிவறி யாமையு மற்றதறி வாமே
யறியும துண்மையறி வாகா — தறிதற்
கறிவித்தற் கன்னியமின் றாயவிர்வ தாற்றா
னறிவாகும் பாழன் றறி.

aṟivaṟi yāmaiyu maṯṟadaṟi vāmē
yaṟiyuma duṇmaiyaṟi vāhā — daṟitaṟ
kaṟivittaṟ kaṉṉiyamiṉ ḏṟāyavirva dāṯṟā
ṉaṟivāhum pāṙaṉ ṟaṟi
.

பதச்சேதம்: அறிவு அறியாமையும் அற்றது அறிவு ஆமே. அறியும் அது உண்மை அறிவு ஆகாது. அறிதற்கு அறிவித்தற்கு அன்னியம் இன்றாய் அவிர்வதால், தான் அறிவு ஆகும். பாழ் அன்று. அறி.

Padacchēdam (separazione delle parole): aṟivu aṟiyāmaiyum aṯṟadu aṟivu āmē. aṟiyum adu uṇmai aṟivu āhādu. aṟidaṟku aṟivittaṟku aṉṉiyam iṉḏṟāy avirvadāl, tāṉ aṟivu āhum. pāṙ aṉḏṟu. aṟi.

Traduzione: Ciò che è privo di conoscenza e ignoranza [riguardo qualsiasi cosa diversa da sé stesso] è realmente conoscenza [o consapevolezza]. Quello che conosce [qualsiasi cosa diversa da sé stesso] non è reale conoscenza [o consapevolezza]. Poiché esso risplende senza un altro da conoscere o da fare conoscere [o rendere conosciuto], sé stesso è [reale] conoscenza [o consapevolezza]. Non è un vuoto [o nulla]. Sappi [o sii consapevole].
Quindi non hai bisogno di avere alcuna paura riguardo il ‘nulla totale e completo’, perché una tale cosa non esiste, e perché quando l’ego cessa di esistere non ci sarà nessuno rimasto a sperimentare anche un nulla apparente, poiché ciò che rimane in quel momento è solo ciò che siamo realmente, che è pura ed infinita auto-consapevolezza (consapevolezza che non è consapevole di qualunque cosa diversa da sé stessa). (In relazione a questo puoi trovare utile leggere un articolo più dettagliato che ho scritto su questo soggetto: L’auto-conoscenza non è un vuoto (śūnya).)

5. Uḷḷadu Nāṟpadu verso 31: il jñāni non è consapevole di niente altro che sé stesso, così la nostra mente non può afferrare la sua prospettiva

Riguardo la tua domanda sulla mia osservazione che nella visione del jñāni egli solo esiste, sebbene noi confondiamo il jñāni come una persona, non è realmente questo. Come Bhagavan spesso diceva, il jñāni è solo jñāna, che significa che solo la pura auto-consapevolezza (ātma-jñāna) è ciò che è consapevole di sé stessa. Poiché nella sua visione non esiste niente altro che pura auto-consapevolezza, la nostra mente rivolta all’esterno non è in grado di comprenderla in modo adeguato, che è il motivo per cui Bhagavan dice nel verso 31 di Uḷḷadu Nāṟpadu:
தன்னை யழித்தெழுந்த தன்மயா னந்தருக்
கென்னை யுளதொன் றியற்றுதற்குத் — தன்னையலா
தன்னிய மொன்று மறியா ரவர்நிலைமை
யின்னதென் றுன்ன லெவன்.

taṉṉai yaṙitteṙunda taṉmayā ṉandaruk
keṉṉai yuḷadoṉ ḏṟiyaṯṟudaṟkut — taṉṉaiyalā
taṉṉiya moṉḏṟu maṟiyā ravarnilaimai
yiṉṉadeṉ ḏṟuṉṉa levaṉ
.

பதச்சேதம்: தன்னை அழித்து எழுந்த தன்மயானந்தருக்கு என்னை உளது ஒன்று இயற்றுதற்கு? தன்னை அலாது அன்னியம் ஒன்றும் அறியார்; அவர் நிலைமை இன்னது என்று உன்னல் எவன்?

Padacchēdam (separazione delle parole): taṉṉai aṙittu eṙunda taṉmaya-āṉandarukku eṉṉai uḷadu oṉḏṟu iyaṯṟudaṟku? taṉṉai alādu aṉṉiyam oṉḏṟum aṟiyār; avar nilaimai iṉṉadu eṉḏṟu uṉṉal evaṉ?

அன்வயம்: தன்னை அழித்து எழுந்த தன்மயானந்தருக்கு இயற்றுதற்கு என்னை ஒன்று உளது? தன்னை அலாது அன்னியம் ஒன்றும் அறியார்; அவர் நிலைமை இன்னது என்று உன்னல் எவன்?

Anvayam (parole ridisposte in ordine naturale di prosa): taṉṉai aṙittu eṙunda taṉmaya-āṉandarukku iyaṯṟudaṟku eṉṉai oṉḏṟu uḷadu? taṉṉai alādu aṉṉiyam oṉḏṟum aṟiyār; avar nilaimai iṉṉadu eṉḏṟu uṉṉal evaṉ?

Traduzione: Per coloro che sono [beatamente immersi in e come] tanmayānanda [‘felicità composta di quello’, vale a dire il nostro sé reale], che è sorto [come ‘io sono io’] distruggendo sé stesso [l’ego], quale [azione] esiste da fare? Essi non conoscono [o sperimentano] qualcosa diversa da loro stessi; [così] chi può [o come] concepire il loro stato come ‘esso è tale’?
Come tu giustamente indichi, non c’è una persona che rimane lì a dire qual è la prospettiva del jñāni, così se vogliamo conoscere qual è realmente la sua prospettiva, dobbiamo rivolgerci all’interno per vedere noi stessi e quindi per fonderci nella, e come, pura auto-consapevolezza (ātma-jñāna) che siamo realmente.

6. Uḷḷadu Nāṟpadu verso 33: l’’io’ che sorge per dire ‘io ho visto’ non ha visto nulla

Riguardo le persone che David Godman ha intervistato in alcuni dei suoi video, che tu dici ‘erano sorridenti e parlavano delle loro meravigliose esperienze di quando il loro ego è stato distrutto’, c’è un detto in Tamil, ‘கண்டவர் விண்டில்லை; விண்டவர் கண்டில்லை’ (kaṇḍavar viṇḍillai; viṇḍavar kaṇḍillai), che significa ‘coloro che hanno visto non dicono [o aprono la loro bocca]; coloro che dicono [o aprono la loro bocca] non hanno visto’. E come Bhagavan dice nel verso 33 di Uḷḷadu Nāṟpadu:
என்னை யறியேனா னென்னை யறிந்தேனா
னென்ன னகைப்புக் கிடனாகு — மென்னை
தனைவிடய மாக்கவிரு தானுண்டோ வொன்றா
யனைவரனு பூதியுண்மை யால்.

eṉṉai yaṟiyēṉā ṉeṉṉai yaṟindēṉā
ṉeṉṉa ṉahaippuk kiḍaṉāhu — meṉṉai
taṉaiviḍaya mākkaviru tāṉuṇḍō voṉḏṟā
yaṉaivaraṉu bhūtiyuṇmai yāl
.

பதச்சேதம்: ‘என்னை அறியேன் நான்’, ‘என்னை அறிந்தேன் நான்’ என்னல் நகைப்புக்கு இடன் ஆகும். என்னை? தனை விடயம் ஆக்க இரு தான் உண்டோ? ஒன்று ஆய் அனைவர் அனுபூதி உண்மை ஆல்.

Padacchēdam (separazione delle parole): ‘eṉṉai aṟiyēṉ nāṉ’, ‘eṉṉai aṟindēṉ nāṉ’ eṉṉal nahaippukku iḍaṉ āhum. eṉṉai? taṉai viḍayam ākka iru tāṉ uṇḍō? oṉḏṟu āy aṉaivar aṉubhūti uṇmai āl.

அன்வயம்: ‘நான் என்னை அறியேன்’, ‘நான் என்னை அறிந்தேன்’ என்னல் நகைப்புக்கு இடன் ஆகும். என்னை? தனை விடயம் ஆக்க இரு தான் உண்டோ? அனைவர் அனுபூதி உண்மை ஒன்றாய்; ஆல்.

Anvayam (parole ridisposte in ordine naturale di prosa): ‘nāṉ eṉṉai aṟiyēṉ’, ‘nāṉ eṉṉai aṟindēṉ’ eṉṉal nahaippukku iḍaṉ āhum. eṉṉai? taṉai viḍayam ākka iru tāṉ uṇḍō? aṉaivar aṉubhūti uṇmai oṉḏṟu āy; āl.

Traduzione: Dire ‘Io non conosco me stesso’ [o] ‘Io ho conosciuto me stesso’ è motivo di ridicolo. Perché? Per rendere sé stessi un oggetto conosciuto, ci sono forse due sé? Perché essere uno è la verità dell’esperienza di tutti.
Quindi dovremmo essere molto scettici riguardo chiunque affermi ‘io ho conosciuto me stesso’ o ‘io ho sperimentato ciò che rimane dopo che l’ego è annientato’. Come tu giustamente indichi, se l’ego è stato sradicato, chi rimane lì a dire ‘io’ ho sperimentato qualcosa? Qualunque ‘io’ faccia tali affermazioni può solo essere l’ego, perché ciò che noi siamo realmente è infinita auto-consapevolezza, oltre alla quale niente esiste realmente, così come potrebbe esso fare tali affermazioni, e a chi le potrebbe fare? Quindi come Bhagavan dice, tutte queste affermazioni sono ‘motivo di ridicolo’.

Tuttavia, non abbiamo bisogno di interessarci dell’apparente auto-ignoranza o egotismo di altri, perché questi altri sembrano esistere solo nella visione esteriorizzata di noi stessi come questo ego, così tutto ciò di cui abbiamo bisogno di interessarci è investigare noi stessi per scoprire cosa siamo realmente e quindi liberarci dagli artigli di questo ego auto-ignorante che ora sembriamo essere.


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