Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

martedì 11 luglio 2017

Māyā non è niente altro che la nostra mente, così essa sembra esistere solo quando noi sembriamo essere questa mente

Michael James

27 Giugno 2017
Māyā is nothing but our own mind, so it seems to exist only when we seem to be this mind

Un’amica mi ha scritto oggi:
Ieri qualcuno ha scritto questo su FB e io sono di nuovo confusa perché pensavo che divenire realizzati è mettere una fine a Maya:

“Secondo Adi Sankara (padre della moderna filosofia non-dualista vissuto nel 7° secolo); Maya è eterna. In nessun punto la “forma” cessa di esistere. Essa (maya/forma) non ha mai avuto un inizio perché è eterna. Essa anche non avrà mai una fine. La differenza tra l’illuminato e il non illuminato è solo nella mente. L’universo non scompare. La mente cessa di essere confusa riguardo la natura del proprio Sé. I corpi possono andare e venire ma la mente illuminata non è attaccata ad essi o identificata con essi. Ciò nonostante essi vengono e vanno come nuvole nel cielo”.

Perché le persone hanno idee differenti sull’auto-realizzazione?
Ciò che segue è adattato dalla risposta che le ho scritto:

Come Bhagavan una volta ha detto (riguardo un libro che interpretava in modo errato i suoi insegnamenti), ‘Secondo la purezza della mente lo stesso insegnamento si riflette in modi diversi’. In altre parole, ciascuno di noi interpreta e comprende ogni insegnamento secondo la relativa purezza della propria mente.

Gli insegnamenti di Sankara (e la filosofia advaita in generale) sono di conseguenza interpretate in modi differenti da menti differenti, anche se una gran parte dei suoi insegnamenti (vale a dire tutti i suoi commentari sulle upaniṣad, sul Brahma Sūtra and sulla Bhagavad Gītā) erano intesi chiarire come questi testi centrali del vēdānta dovrebbero essere interpretati.

La ragione per cui Sankara ha detto che māyā non ha inizio né fine è che essa non esiste realmente. È solo un’apparenza illusoria che sembra esistere solo nella visione della mente.

Come Bhagavan spesso ha indicato, māyā significa yā mā, ‘lei che non è’ o ‘ciò che non è’, perché essa non esiste realmente. Egli ha anche detto che solo la mente è māyā, così senza la mente non c’è māyā. Nel sonno non sperimentiamo nessuna māyā, perché in quel momento la nostra mente è assente, così come possiamo sperimentarla quando la nostra mente è distrutta dalla pura auto-consapevolezza (ātma-jñāna)?

Se qualcuno dice che māyā esiste anche in ātma-jñāna, questo mostra solo quanto essi sono attaccati a māyā – così attaccati da non essere disposti a rinunciare ad essa anche per il fine di ātma-jñāna. Queste persone dicono anche che manōnāśa (annientamento della mente) non significa realmente che la mente sarà annientata, ma solo che essa cesserà di essere illusa. Ma l’illusione è la vera natura della mente, perché come Bhagavan ha spesso indicato (come nel verso 24 di Uḷḷadu Nāṟpadu) la mente o ego è solo la forma confusa ed errata dell’auto-consapevolezza che appare come ‘io sono questo corpo’, così quando questa illusione ‘io sono questo corpo’ è distrutta dalla pura auto-consapevolezza (consapevolezza di noi stessi come siamo realmente) come può qualsiasi mente rimanere?

La mente ora sembra esistere perché è ciò che noi sembriamo essere, proprio come un serpente illusorio sembra esistere perché è ciò che una corda sembra essere, così quando siamo consapevoli di noi stessi come siamo realmente, scopriamo che nessuna cosa come la mente è mai esistita, proprio come quando vediamo la corda come è realmente, scopriamo che nessun serpente è mai esistito. Quando scopriamo che non c’è una cosa come la mente, scopriamo anche che non c’è una cosa come māyā, perché māyā sembra esistere solo nella visione della mente, che anch’essa non esiste realmente.

Ciò che allora rimane è solo essere-consapevolezza-beatitudine senza inizio, senza fine e indivisibile, come Bhagavan dice nel verso 28 di Upadēśa Undiyār:
தனாதியல் யாதெனத் தான்றெரி கிற்பின்
னனாதி யனந்தசத் துந்தீபற
வகண்ட சிதானந்த முந்தீபற.

taṉādiyal yādeṉat tāṉḏṟeri hiṟpiṉ
ṉaṉādi yaṉantasat tundīpaṟa
vakhaṇḍa cidāṉanda mundīpaṟa
.

பதச்சேதம்: தனாது இயல் யாது என தான் தெரிகில், பின் அனாதி அனந்த சத்து அகண்ட சித் ஆனந்தம்.

Padacchēdam (separazione delle parole): taṉādu iyal yādu eṉa tāṉ terihil, piṉ aṉādi aṉanta sattu akhaṇḍa cit āṉandam.

அன்வயம்: தான் தனாது இயல் யாது என தெரிகில், பின் அனாதி அனந்த அகண்ட சத்து சித் ஆனந்தம்.

Anvayam (parole ridisposte in ordine naturale di prosa): tāṉ taṉādu iyal yādu eṉa terihil, piṉ aṉādi aṉanta akhaṇḍa sattu cit āṉandam.

Traduzione: Se uno conosce cosa è la natura di sé stessi, allora [ciò che esisterà e risplenderà sarà solo] sat-cit-ānanda [essere-consapevolezza-beatitudine] anādi [senza inizio], ananta [senza fine, illimitata o infinita] e akhaṇḍa [ininterrotta, indivisa e non frammentata].
E riguardo l’idea che la ‘forma’ non cessa di esistere, essa cessa di esistere ogni volta che ci addormentiamo, e riappare solo nella veglia e nel sogno, perché nessun’altra forma può sembrare esistere a meno che confondiamo noi stessi come una forma, come Bhagavan indica nel verso 4 di Uḷḷadu Nāṟpadu:
உருவந்தா னாயி னுலகுபர மற்றா
முருவந்தா னன்றே லுவற்றி — னுருவத்தைக்
கண்ணுறுதல் யாவனெவன் கண்ணலாற் காட்சியுண்டோ
கண்ணதுதா னந்தமிலாக் கண்.

uruvandā ṉāyi ṉulahupara maṯṟā
muruvandā ṉaṉḏṟē luvaṯṟi — ṉuruvattaik
kaṇṇuṟudal yāvaṉevaṉ kaṇṇalāṯ kāṭciyuṇḍō
kaṇṇadutā ṉantamilāk san
.

பதச்சேதம்: உருவம் தான் ஆயின், உலகு பரம் அற்று ஆம்; உருவம் தான் அன்றேல், உவற்றின் உருவத்தை கண் உறுதல் யாவன்? எவன்? கண் அலால் காட்சி உண்டோ? கண் அது தான் அந்தம் இலா கண்.

Padacchēdam (separazione delle parole): uruvam tāṉ āyiṉ, ulahu param aṯṟu ām; uruvam tāṉ aṉḏṟēl, uvaṯṟiṉ uruvattai kaṇ uṟudal yāvaṉ? evaṉ? kaṇ alāl kāṭci uṇḍō? kaṇ adu tāṉ antam-ilā kaṇ.

அன்வயம்: தான் உருவம் ஆயின், உலகு பரம் அற்று ஆம்; தான் உருவம் அன்றேல், உவற்றின் உருவத்தை யாவன் கண் உறுதல்? எவன்? கண் அலால் காட்சி உண்டோ? கண் அது தான் அந்தம் இலா கண்.

Anvayam (parole ridisposte in ordine naturale di prosa): tāṉ uruvam āyiṉ, ulahu param aṯṟu ām; tāṉ uruvam aṉḏṟēl, uvaṯṟiṉ uruvattai yāvaṉ kaṇ uṟudal? evaṉ? kaṇ alāl kāṭci uṇḍō? kaṇ adu tāṉ antam-ilā kaṇ.

Traduzione: Se sé stesso è una forma, il mondo e Dio lo saranno ugualmente, se sé stesso non è una forma, chi può vedere le loro forme, e come [farlo]? Può ciò che è visto essere diverso [in natura] dall’occhio [che lo vede]? L’occhio [reale] è sé stesso, l’occhio infinito.
Confondiamo noi stessi come una forma (la forma di questo corpo e mente) solo quando sorgiamo e ci reggiamo come un ego, così quando il nostro ego sarà distrutto dalla pura auto-consapevolezza (ātma-jñāna), non vedremo più alcuna forma, perché ciò che siamo realmente è ‘அந்தமிலா கண்’ (antam-ilā kaṇ), ‘l’occhio infinito’, che è una metafora che significa infinita consapevolezza, così essendo infiniti siamo senza forma, e perciò possiamo percepire solo ciò che è infinito e senza forma, vale a dire noi stessi.

Quindi tutte le forme appaiono (hanno origine) e scompaiono (cessano di esistere) insieme con l’ego, come Bhagavan indica nel verso 26 di Uḷḷadu Nāṟpadu:
அகந்தையுண் டாயி னனைத்துமுண் டாகு
மகந்தையின் றேலின் றனைத்து — மகந்தையே
யாவுமா மாதலால் யாதிதென்று நாடலே
யோவுதல் யாவுமென வோர்.

ahandaiyuṇ ḍāyi ṉaṉaittumuṇ ḍāhu
mahandaiyiṉ ḏṟēliṉ ḏṟaṉaittu — mahandaiyē
yāvumā mādalāl yādideṉḏṟu nādalē
yōvudal yāvumeṉa vōr
.

பதச்சேதம்: அகந்தை உண்டாயின், அனைத்தும் உண்டாகும்; அகந்தை இன்றேல், இன்று அனைத்தும். அகந்தையே யாவும் ஆம். ஆதலால், யாது இது என்று நாடலே ஓவுதல் யாவும் என ஓர்.

Padacchēdam (separazione delle parole): ahandai uṇḍāyiṉ, aṉaittum uṇḍāhum; ahandai iṉḏṟēl, iṉḏṟu aṉaittum. ahandai-y-ē yāvum ām. ādalāl, yādu idu eṉḏṟu nādal-ē ōvudal yāvum eṉa ōr.

அன்வயம்: அகந்தை உண்டாயின், அனைத்தும் உண்டாகும்; அகந்தை இன்றேல், அனைத்தும் இன்று. யாவும் அகந்தையே ஆம். ஆதலால், யாது இது என்று நாடலே யாவும் ஓவுதல் என ஓர்.

Anvayam (parole ridisposte in ordine naturale di prosa): ahandai uṇḍāyiṉ, aṉaittum uṇḍāhum; ahandai iṉḏṟēl, aṉaittum iṉḏṟu. yāvum ahandai-y-ē ām. ādalāl, yādu idu eṉḏṟu nādal-ē yāvum ōvudal eṉa ōr.

Traduzione: Se l’ego ha origine, ogni cosa ha origine; se l’ego non esiste, ogni cosa non esiste. [Perciò] l’ego è ogni cosa. Quindi, sappi che solo investigare cosa è questo [ego] è rinunciare a ogni cosa.
Quando appariamo come questo ego (come nella veglia e nel sogno), le forme appaiono nella nostra visione, e quando cessiamo di apparire come questo ego (come nel sonno), le forme cessano di apparire. Quindi le forme sono tutte solo una proiezione del nostro ego o mente, come Bhagavan indica nel quarto paragrafo di Nāṉ Yār?:
நினைவுகளைத் தவிர்த்து ஜகமென்றோர் பொருள் அன்னியமா யில்லை. தூக்கத்தில் நினைவுகளில்லை, ஜகமுமில்லை; ஜாக்ர சொப்பனங்களில் நினைவுகளுள, ஜகமும் உண்டு. சிலந்திப்பூச்சி எப்படித் தன்னிடமிருந்து வெளியில் நூலை நூற்று மறுபடியும் தன்னுள் இழுத்துக் கொள்ளுகிறதோ, அப்படியே மனமும் தன்னிடத்திலிருந்து ஜகத்தைத் தோற்றுவித்து மறுபடியும் தன்னிடமே ஒடுக்கிக்கொள்ளுகிறது. மனம் ஆத்ம சொரூபத்தினின்று வெளிப்படும்போது ஜகம் தோன்றும். ஆகையால், ஜகம் தோன்றும்போது சொரூபம் தோன்றாது; சொரூபம் தோன்றும் (பிரகாசிக்கும்) போது ஜகம் தோன்றாது.

niṉaivugaḷai-t tavirttu jagam-eṉḏṟōr poruḷ aṉṉiyam-āy illai. tūkkattil niṉaivugaḷ illai, jagam-um illai; jāgra-soppaṉaṅgaḷil niṉaivugaḷ uḷa, jagam-um uṇḍu. silandi-p-pūcci eppaḍi-t taṉṉiḍamirundu veḷiyil nūlai nūṯṟu maṟupaḍiyum taṉṉuḷ iṙuttu-k-koḷḷugiṟadō, appaḍiyē maṉam-um taṉṉiḍattilirundu jagattai-t tōṯṟuvittu maṟupaḍiyum taṉṉiḍamē oḍukki-k-koḷḷugiṟadu. maṉam ātma-sorūpattiṉiṉḏṟu veḷippaḍum-pōdu jagam tōṉḏṟum. āhaiyāl, jagam tōṉḏṟum-pōdu sorūpam tōṉḏṟādu; sorūpam tōṉḏṟum (pirakāśikkum) pōdu jagam tōṉḏṟādu.

Ad esclusione dei pensieri [o idee], non c’è separatamente una cosa come il mondo. Nel sonno non ci sono pensieri, e [di conseguenza] anche non c’è mondo; nella veglia e nel sogno ci sono pensieri, e [di conseguenza] anche c’è un mondo. Proprio come un ragno allunga il filo da dentro sé stesso e di nuovo lo ritira in sé stesso, così la mente proietta il mondo da dentro sé stessa e di nuovo lo dissolve in sé stessa. Quando la mente esce da ātma-svarūpa [la ‘forma propria’ o vera natura di sé stessi], il mondo appare. Quindi quando il mondo appare, svarūpa [la forma propria o vera natura] non appare; quando svarūpa appare (risplende), il mondo non appare.
La mente esce da ātma-svarūpa (come in questo brano Bhagavan descrive metaforicamente la nostra apparenza come la mente) solo quando confondiamo noi stessi come un corpo, così ogni volta che la mente appare noi non siamo consapevoli di noi stessi come siamo realmente, e quando siamo consapevoli di noi stessi come siamo realmente, la mente non può apparire. Quindi poiché il mondo (tutte le forme o fenomeni) appaiono e scompaiono insieme con la mente, egli dice qui che quando il mondo appare (nella visione di noi stessi come questa mente) la nostra vera natura non appare, e quando la nostra vera natura risplende (cioè, quando vediamo ciò che siamo realmente) il mondo non appare. In altre parole, nessuna forma o fenomeni può apparire quando siamo consapevoli di noi stessi come siamo realmente.


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