Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

martedì 13 gennaio 2015

Perché compassione e ahiṁsā sono necessarie in un sogno?

Michael James

11 Gennaio 2015
Why are compassion and ahiṁsā necessary in a dream?

Il Giugno scorso, poche settimane dopo che ho postato sul mio canale Youtube il video Maggio 2014dove rispondo a domande in un incontro della Ramana Maharshi Foundation UK, un amico di nome Jim mi ha scritto chiedendo:

Nel tuo ultimo caricamento su YouTube parli dell’essere vegetariani, dello sfruttamento della manodopera, e di firmare petizioni. A questo punto sono confuso. Così tanto è detto riguardo a questo stato di veglia e al suo essere esattamente come lo stato di sogno, cosa importa cosa mangiamo, o cosa vestiamo, o dove sono fatti i nostri vestiti? Se in un sogno sto mangiando un pollo, una carota o un paraurti non è di nessuna importanza. Della veglia ho realizzato che è solo un sogno del tutto creato dalla mia mente. Non c’è un ragazzo che sgobba in un luogo di sfruttamento nella mia veglia giusto? Perché allora lo stato di veglia è differente?


Ciò che segue è adattato dalla mia lunga risposta che gli ho scritto, e anche da risposte più brevi che ho scritto a due delle sue email successive:

  1. Un sogno sembra essere reale finché lo stiamo sperimentando
  2. Come rispondere alla sofferenza vista in un sogno?
  3. Svegliarsi da un sogno è l’unica soluzione a tutte le sofferenze che vediamo in esso
  4. L’auto-investigazione è il solo mezzo con cui possiamo svegliarci da questo sogno
  5. Finché ci svegliamo da questo sogno dobbiamo evitare di causare danno agli altri
  6. Non dovremmo preoccuparci molto delle ingiustizie e di altre questioni mondane
  7. Finché la nostra mente è rivolta all’esterno dovremmo avere cura del benessere degli altri
  8. Per tenere il nostro ego sotto controllo dobbiamo essere auto-attentivi in modo vigilante
  9. Chi è responsabile per la creazione di questo mondo?
  10. Solo in assoluto silenzio possiamo sperimentare ciò che siamo realmente



1. Un sogno sembra essere reale finché lo stiamo sperimentando

Tu dici, ‘Se in un sogno sto mangiando un pollo, una carota o un paraurti non è di nessuna importanza. Della veglia ho realizzato che è solo un sogno del tutto creato dalla mia mente’. Sì, niente di ciò importa dopo che ti sei svegliato, ma fino a che stai sognando importa.

Supponi di sognare di essere mangiato da un pollo. Sei disteso inerme, incapace di muoverti, mentre un pollo sta ferocemente beccando la tua carne. Proprio come le persone gustano le ali e il petto di un pollo che stanno mangiando, questo pollo gusta la carne delle tue braccia e del petto, e la sta spietatamente strappando dalle tue ossa. Fino a che stavi sperimentando tale sogno, e sentendo tutto il dolore e la paura che una tale esperienza comporta, non ti importava? Non avresti lottato selvaggiamente per fuggire da una tale situazione?

Dopo un po’ ti sveglieresti e scopriresti che era un sogno, e allora non ti importerebbe più (sebbene per un po’ può tardare a svanire come un ricordo spiacevole), ma mentre stavi realmente sperimentando quel dolore e quella paura nel tuo sogno, ti importava molto. In quel momento importava perché mentre stiamo sperimentando un sogno esso ci sembra reale.

Nel sogno sperimentiamo un corpo di sogno come noi stessi, e quindi poiché siamo reali sperimentiamo quel corpo come se fosse reale. E poiché quel corpo è una parte del mondo che sperimentiamo in quel momento, quel mondo anche sembra reale. Cioè, estendiamo il nostro senso di realtà da noi stessi (che soli siamo reali) a qualunque corpo sperimentiamo come noi stessi, e tramite quel corpo lo estendiamo al mondo, di cui quel corpo è una piccola parte.

Quindi qualsiasi cosa sperimentiamo in un sogno ci sembra reale in quel momento, ed esattamente lo stesso avviene nella veglia. Ora sperimentiamo un corpo come noi stessi, così estendiamo il nostro senso di realtà da noi stessi a questo corpo, e tramite questo corpo al mondo attorno a noi. Benché possiamo ora sospettare che questa vita di veglia sia solo un sogno, e benché possiamo quindi dubitare che il nostro corpo e questo mondo siano reali, tuttavia li sperimentiamo come reali fino a che siamo in questo stato.


2. Come rispondere alla sofferenza vista in un sogno?

Supponiamo che questa vita di veglia sia realmente solo un sogno (come Sri Ramana ci dice che è). In questo sogno possiamo vedere molte persone (sia umani sia non-umani), e tutte quelle persone sembrano essere reali, e quindi la gioia e la sofferenza che vediamo sperimentate da loro ci sembrano anche reali. Se un amico amato o un parente sta soffrendo il dolore intenso di un cancro terminale, non cerchiamo di consolarlo dicendo: ‘Tu sei solo parte del mio sogno, così tu e la tua sofferenza sono solo una creazione della mia mente, e quindi la tua sofferenza non importa’. Quando qualcuno che amiamo sta soffrendo noi soffriamo vedendo o anche pensando alla sua sofferenza. Anche se diciamo a noi stessi che tutto questo è un sogno, non possiamo evitare di sentirci in pena quando lo vediamo soffrire.

Quindi, che questo stato di veglia sia reale o solo un sogno, fino a che lo stiamo sperimentando tutte le persone che vediamo in esso ci sembrano reali, e perciò la loro sofferenza dovrebbe importarci. Esse possono essere solo una creazione della nostra mente, ma se lo sono, lo è anche la persona che ora sperimentiamo come noi stessi. Se Michael è una creazione della tua mente, lo è anche Jim. Michael e ogni altra persona che incontri sono tanto reali (o tanto irreali) quanto Jim.

Se Jim sta soffrendo per un dolore fisico o emotivo, questo certamente ti importa fino a che sperimenti te stesso come Jim. Se Jim è in intensa pena, tu senti ‘io sono in intensa pena’, e sebbene dire a te stesso che questo è tutto un sogno può aiutarti a sopportarlo, nondimeno senti questa intensa pena, e non vedi l’ora di esserne alleviato. Poiché ora sperimenti te stesso come Jim, lui e tutto ciò che lui sperimenta ti sembra reale, così hai esteso il tuo senso di realtà dal te stesso a Jim e a tutto ciò che lui sperimenta. Poiché Jim ti sembra reale, tutte le altre persone che vedi in questo mondo sembrano anche reali, così proprio come ti importa la sofferenza di Jim, anche la sofferenza di ogni altra persona (umana o non umana) dovrebbe importarti.


3. Svegliarsi da un sogno è l’unica soluzione a tutte le sofferenze che vediamo in esso

Certamente, se questo è completamente un tuo sogno, la migliore soluzione a tutta la sofferenza che vedi in questo sogno è svegliarti. Ma non ti sei ancora svegliato, e la ragione per cui non ti sei ancora svegliato è che sei ancora molto attaccato a Jim, così non sei disposto a lasciare andare l’esperienza ‘io sono Jim’. Quindi se sei attaccato a questa persona chiamata Jim, questo sogno continuerà fino a che esso sia decisamente terminato con la morte di Jim (dopo di che o sprofonderai temporaneamente nel sonno in cui quel sogno è avvenuto, o inizierai immediatamente a sognare qualche altro sogno). Se vuoi terminare questo sogno prima di quello – e allo stesso tempo terminare il sonno in cui quello e i tuoi altri sogni avvengono – devi investigare chi sono io che ora sperimento me stesso come Jim.

Quando sperimenti te stesso come Jim, quell’auto-consapevolezza legata da aggiunte ‘io sono Jim’ è ciò che è chiamato l’ego, e come Sri Ramana dice nel verso 26 di Uḷḷadu Nāṟpadu:

அகந்தையுண் டாயி னனைத்துமுண் டாகு மகந்தையின் றேலின் றனைத்து — மகந்தையே யாவுமா மாதலால் யாதிதென்று நாடலே யோவுதல் யாவுமென வோர்.

ahandaiyuṇ ḍāyi ṉaṉaittumuṇ ḍāhu
mahandaiyiṉ ḏṟēliṉ ḏṟaṉaittu — mahandaiyē
yāvumā mādalāl yādideṉḏṟu nādalē
yōvudal yāvumeṉa vōr.

பதச்சேதம்: அகந்தை உண்டாயின், அனைத்தும் உண்டாகும்; அகந்தை இன்றேல், இன்று அனைத்தும். அகந்தையே யாவும் ஆம். ஆதலால், யாது இது என்று நாடலே ஓவுதல் யாவும் என ஓர்.

Padacchēdam (separazione delle parole): ahandai uṇḍāyiṉ, aṉaittum uṇḍāhum; ahandai iṉḏṟēl, iṉḏṟu aṉaittum. ahandai-y-ē yāvum ām. ādalāl, yādu idu eṉḏṟu nādal-ē ōvudal yāvum eṉa ōr.

Se l’ego ha origine, ogni cosa ha origine; se l’ego non esiste, ogni cosa non esiste. [Perciò] l’ego in se stesso è ogni cosa. Quindi, sappi che solo investigare ciò che è questo [ego], è rinunciare a ogni cosa.

Finché non investighiamo e scopriamo cosa è questo ‘io’ che ora sembra mascherarsi come ‘io sono Jim’ o ‘io sono Michael’, non possiamo rinunciare a ogni altra cosa, così continueremo a essere attaccati a ogni cosa che sperimentiamo come ‘io’ o ‘mio’.

Se stiamo sperimentando un sogno, solo dire a noi stessi che è un sogno non è una soluzione a tutte le sofferenze che vediamo in esso. L’unica soluzione è svegliarsi, e il solo modo per svegliarsi in modo tale che non sogniamo più è investigare noi stessi, l’ ‘io’ che sta sperimentando questo sogno.


4. L’auto-investigazione è il solo mezzo con cui possiamo svegliarci da questo sogno

Fino a che non siamo pronti a rinunciare interamente al nostro attaccamento alla persona che ora sperimentiamo come noi stessi (che comporta anche il rinunciare al nostro attaccamento a ogni altra cosa che sperimentiamo in quanto ‘io sono questa persona’), non saremo in grado di sperimentare noi stessi come siamo realmente, e quindi continueremo a sognare un sogno dopo l’altro, e qualsiasi cosa sperimentiamo in ognuno di questi sogni in quel momento ci sembrerà reale. Perciò dobbiamo rinunciare al nostro attaccamento a qualsiasi persona sperimentiamo come ‘io’, e il solo mezzo effettivo di rinunciare a questo attaccamento fondamentale è investigare chi io sono realmente.

Più perseveriamo nell’investigare noi stessi – cioè, nel cercare di sperimentare cosa questo ‘io’ è realmente dando attenzione solo a noi stessi – più chiaramente ci sperimenteremo come qualcosa che è distinta e indipendente da ognuna delle aggiunte che ora confondiamo con noi stessi, e in questo modo il nostro attaccamento alla persona che ora sperimentiamo come noi stessi si indebolirà gradualmente, finché finalmente saremo pronti a rinunciare interamente a questo attaccamento. Solo allora saremo in grado di sperimentare noi stessi come siamo realmente, al che questo sogno sarà dissolto insieme al sonno di auto-ignoranza in cui esso e tutti gli altri nostri sogni sono avvenuti.


5. Finché ci svegliamo da questo sogno dobbiamo evitare di causare danno agli altri

Finché non sperimentiamo ciò che siamo realmente e quindi ci svegliamo dal sonno di auto-ignoranza che sottende e supporta questo e tutti gli altri sogni, continueremo a sperimentare questo sogno o qualche altro sogno, e qualsiasi cosa sperimentiamo in ognuno di questi sogni ci sembrerà reale finché quel sogno particolare sta avvenendo. Quindi, benché il nostro fine principale dovrebbe essere sperimentare noi stessi come siamo realmente qui e ora, finché non siamo in grado di fare questo dobbiamo vivere in ciascun sogno come se fosse reale. In altre parole, benché dovremmo investigare interiormente noi stessi per quanto possiamo, esteriormente dobbiamo agire in questo mondo come se fosse reale.

Cercare di agire in questo mondo come se fosse irreale è futile e senza senso, perché le nostre azioni e la persona che sente ‘io sto facendo queste azioni’ sono tutti parte di questo mondo. Come questa persona, noi e le nostre azioni siamo tanto reali o tanto irreali quanto questo mondo di cui ora sembriamo essere una parte, così questa persona dovrebbe agire esteriormente in questo mondo come se fosse reale quanto lui stesso o lei stessa (quale che sia), ma dovremmo dubitare interiormente della realtà di tutte queste cose e dovremmo quindi cercare di investigare l’ ‘io’ che sembra sperimentarle.

Tuttavia, anche se volessimo agire in questo mondo come se fosse irreale, in pratica non saremmo in grado di farlo con persistenza. Se qualcuno tenesse la nostra testa sott’acqua, non saremmo in grado di abbandonare con calma la sensazione di soffocare e annegare perché irreale o solo parte di un sogno, ma lotteremmo per sollevare la testa sopra l’acqua per respirare. Nello stesso modo, quando stiamo attraversando una strada e vediamo un’auto venire rapidamente verso di noi, ci togliamo di corsa dalla sua strada e non pensiamo solo, ‘Questo è solo un sogno, così lascio che mi colpisca, perché anche se mi ferisce non importa’.

Qualsiasi filosofia possiamo professare, in pratica ci sono molte cose che ci importano in questo mondo: quando siamo affamati, il cibo ci importa; quando abbiamo sete, l’acqua ci importa; quando abbiamo freddo e siamo bagnati, un caldo rifugio asciutto o almeno qualche vestito adeguato ci importa; se fossimo forzati a lavorare 18 ore al giorno in una fabbrica di sfruttamento per un salario insufficiente a mantenere la nostra famiglia, ci importerebbe; se fossimo arruolati contro la nostra volontà a combattere come soldato in una guerra, ci importerebbe; se fossimo nati come un animale in allevamento; tenuti per tutta la nostra vita in una piccola gabbia a produrre latte o uova o a essere ingrassato come carne, e infine macellati nelle brutali condizioni di un moderno mattatoio, ci importerebbe.

Dato che le condizioni che incidono sulla qualità, il benessere o la comodità della nostra vita come una persona ci importano così tanto, non dovremmo anche occuparci delle condizioni che interessano altre persone o animali? Dato che non ci piace soffrire, non dovremmo almeno cercare di evitare di causare sofferenza a qualsiasi altro essere senziente?

Se pratichiamo l’auto-investigazione e quindi indeboliamo il nostro attaccamento alla persona che ora sperimentiamo come ‘io’, il nostro senso di distinzione tra ‘io’ e ‘altri’ inizierà a dissolversi, così sentiremo automaticamente compassione per la sofferenza di altri, come se noi stessimo sperimentando quella sofferenza, e quindi seguiremo naturalmente la pratica di ahiṁsā (cercare di non recare danno a ogni essere senziente), e faremo qualunque cosa possiamo per alleviare la sofferenza ogni volta che accade di vederla o di sapere di essa. Come Sri Ramana dice alla fine del diciannovesimo paragrafo di Nāṉ Yār? (Chi sono io?):

பிறருக் கொருவன் கொடுப்ப தெல்லாம் தனக்கே கொடுத்துக்கொள்ளுகிறான். இவ் வுண்மையை யறிந்தால் எவன்தான் கொடா தொழிவான்?

piṟarukku oruvaṉ koḍuppadu ellām taṉakkē koḍuttu-k-koḷḷugiṟāṉ. i-vv-uṇmaiyai y-aṟindāl evaṉ-dāṉ koḍādu oṙivāṉ?

Tutto ciò che si da agli altri lo si da solo a se stessi. Se [ognuno] conoscesse questa verità, chi davvero si rifiuterebbe di dare?


6. Non dovremmo preoccuparci molto delle ingiustizie e di altre questioni mondane

Comunque, dovremmo anche tenere in mente che egli scrisse nelle due frasi precedenti:

பிரபஞ்ச விஷயங்களி லதிகமாய் மனத்தை விடக் கூடாது. சாத்தியமானவரையில், அன்னியர் காரியத்திற் பிரவேசிக்கக் கூடாது.

pirapañca viṣayaṅgaḷil adhikam-āy maṉattai viḍa-k kūḍādu. sāddhiyamāṉa-varaiyil, aṉṉiyar kāriyattil piravēśikka-k kūḍādu.

Non è appropriato lasciare [la propria] mente [soffermarsi] eccessivamente su questioni mondane. Per quanto è possibile, non è appropriato entrare [o interferire] negli affari di altre persone.


Poiché il fine principale della nostra vita dovrebbe essere investigare noi stessi, non dovremmo passare troppo tempo preoccupandoci delle numerose ingiustizie e sofferenze che vediamo in questo mondo, perché se facciamo questo saremo distratti dalla nostra auto-investigazione.

Quindi abbiamo bisogno di mantenere un equilibrio tra la nostra responsabilità interiore di cercare di sperimentare ciò che siamo realmente e qualsiasi responsabilità esteriore che abbiamo in questo mondo di cui ora sperimentiamo noi stessi come una piccola parte. Dovremmo sempre dare priorità a investigare noi stessi, ma se sperimentiamo noi stessi come una persona, sentiremo di dover anche dare del tempo e dell’attenzione a fornire il cibo, il vestiario e il riparo che il nostro corpo richiede, e mentre facciamo questo dovremmo cercare di evitare di causare alcun danno a ogni altro essere senziente, e dovremmo sentire che qualsiasi danno possiamo causare agli altri, volontariamente o involontariamente, lo stiamo effettivamente causando a noi stessi.


7. Finché la nostra mente è rivolta all’esterno dovremmo avere cura del benessere degli altri

Se fossimo così distaccati dalla nostra vita come una persona da essere in grado di dedicare la maggior parte del nostro tempo e della nostra attenzione a investigare noi stessi e solo il minimo tempo indispensabile per provvedere ai bisogni basilari del nostro corpo, non dovremmo permettere a nessun’altra cosa di distrarci dalla nostra auto-investigazione. Tuttavia, se siamo onesti con noi stessi, penso che la maggior parte di noi dovrebbe ammettere che siamo ancora troppo attaccati alla nostra vita come una persona, perché la nostra propensione a sperimentare cose diverse da noi stessi è ancora troppo forte, così non siamo in grado di dedicare tutto il nostro tempo libero e tutta la nostra attenzione all’auto-investigazione, e quindi passiamo il nostro tempo e diamo attenzione non solo a investigare noi stessi e a provvedere il minimo indispensabile per i bisogni del nostro corpo, ma anche a molti altri pensieri e attività non necessarie.

Quando questo è il caso, dovremmo fare attenzione che le nostre attività esteriori non causino direttamente o indirettamente alcun danno a nessuna persona o animale. Tuttavia, poiché passiamo parecchio del nostro tempo a dare attenzione al mondo attorno a noi, inevitabilmente noteremo in esso numerose ingiustizie e varie forme di sofferenza, e benché ovviamente possiamo fare molto poco per correggere quelle ingiustizie o per alleviare tutta quella sofferenza, ogni volta che possiamo fare almeno un poco, il nostro naturale senso di compassione ci spingerà a fare qualsiasi cosa possiamo.

Se fossimo così impassibili alla compassione non solo da non cercare mai di correggere qualche ingiustizia né di alleviare qualche sofferenza, ma neppure facessimo attenzione a evitare di arrecare alcun danno, questo indicherebbe un ego molto forte – quello che crede fermamente nella falsa distinzione tra ‘me stesso’ e gli ‘altri’, e che non è disposto a investigare se stesso, la base di quella distinzione. Solo un ego forte e grezzo farà attenzione solo al proprio benessere e rimarrà indifferente al benessere degli altri.

Nello scrivere tutto ciò, non sto cercando di dire che dovremmo rendere il fare il bene in questo mondo la nostra maggiore priorità. Se vogliamo far finire tutta l’ingiustizia e la sofferenza, abbiamo bisogno di svegliarci da questo sogno, così investigare noi stessi dovrebbe essere la nostra principale priorità. Ma poiché siamo ancora così attaccati al sognare da non essere ancora pronti a distruggere il nostro ego fondendoci nella sorgente – il puro ‘io’ libero da aggiunte – da cui siamo sorti, illuderemmo ulteriormente noi stessi se agissimo come se fossimo la sola persona ad avere importanza in questo mondo, e staremmo quindi rinforzando il nostro ego.

Nella misura in cui ci prendiamo cura degli altri, il nostro ego è ridotto almeno in quella misura. Comunque, solo prendersi cura degli altri non è ovviamente un mezzo sufficiente per distruggere interamente il nostro ego, perché avere cura degli altri presuppone la loro esistenza, e finché altri sembrano esistere anche il nostro ego deve esistere per sperimentare la loro apparente esistenza. Per distruggere l’illusione che ci sono altri separati da noi stessi, abbiamo bisogno di investigare noi stessi per scoprire se siamo realmente questa piccola persona che ora sembriamo essere.

Ma finché non distruggiamo in tal modo il nostro ego, l’illusione che altri esistono rimarrà, e quegli altri sembreranno essere tanto reali quanto la persona che ora sperimentiamo come ‘io’. Quindi le loro gioie e le loro sofferenze sembreranno essere tanto reali quanto le nostre, e quindi dovremmo curarci di loro almeno quanto ci prendiamo cura di noi stessi, e possiamo essere giustificatamente indifferenti alle loro gioie e alle loro sofferenze solo nella misura in cui siamo sinceramente indifferenti alle nostre.


8. Per tenere il nostro ego sotto controllo dobbiamo essere auto-attentivi in modo vigilante

Nella tua email esprimi la preoccupazione che avere cura della sofferenza di altri in questo sogno chiamato ‘lo stato di veglia’ creerà un ‘ego più spiritualizzato’ e renderà questo sogno e l’agente individuale sempre più reali:

Questo modo di vedere lo stato di veglia non crea un ego più spiritualizzato? Io sono meglio di te. Io non mangio carne. Io firmo petizioni per aria e acqua pulite. Io lotto contro il lavoro minorile. Non stiamo facendo il sogno più reale? Non stiamo facendo l’individuo più reale?


Qualsiasi cosa possiamo fare o non fare in questo sogno, dobbiamo sempre essere vigili riguardo il sottile sorgere del nostro ego, perché la natura del nostro ego è quella di illuderci, ed esso usa innumerevoli stratagemmi per farlo. Quindi il pericolo di cui parli è reale, e la sola difesa che abbiamo contro di esso è perseverare nell’investigare noi stessi quanto è possibile.

Se la sola persona di cui abbiamo cura è noi stessi, questo è certamente egoistico, ma anche se abbiamo cura degli altri, il nostro ego può prendere ciò come un pretesto per gonfiare il suo orgoglio o per sentirsi virtuoso. Veramente, se diamo attenzione a qualsiasi cosa diversa dal nostro sé essenziale, il nostro ego troverà qualsiasi modo per nutrirsi e per sostenersi. Quindi l’unica soluzione a questo problema dell’ego è praticare persistente auto-investigazione: cioè, essere costantemente auto-attentivi in modo vigilante.

Solo questa semplice pratica di auto-attentività risolverà tutti i nostri problemi (e anche tutti i problemi di questo mondo, che sembrano esistere ed essere reali solo se lo stiamo sperimentando), così qualsiasi altra cosa possiamo fare in questo sogno che chiamiamo la nostra vita, dovremmo essere attenti a non trascurare questa pratica. Anche mentre siamo impegnati in altre attività, dovremmo cercare di ricordare di essere attentivamente consapevoli di ‘io’ (il nostro sé essenziale), e nel mezzo di tutte le nostre attività, dovremmo mettere da parte un po’ di tempo per cercare di andare in profondità nell’esperienza di pura auto-consapevolezza – consapevolezza di niente altro che noi stessi solamente.

Il nostro ego ha origine ed è sostenuto solo da pramāda o auto-disattenzione, così esso sprofonderà e sarà tenuto sotto controllo solo nella misura in cui siamo auto-attentivi. Qualsiasi azione possiamo fare comporta il dare attenzione a qualcosa diversa da noi stessi, e nella misura in cui stiamo dando attenzione a qualsiasi altra cosa, non stiamo dando attenzione a noi stessi. Quindi tutte le azioni che facciamo con mente, parola, o corpo tendono a sostenere e nutrire il nostro ego, e solo l’auto-attentività può minarlo e farlo sprofondare in noi stessi, la sorgente da cui ha avuto origine.

Come Sri Ramana dice nel verso 25 di Uḷḷadu Nāṟpadu:

உருப்பற்றி யுண்டா முருப்பற்றி நிற்கு முருப்பற்றி யுண்டுமிக வோங்கு — முருவிட் டுருப்பற்றுந் தேடினா லோட்டம் பிடிக்கு முருவற்ற பேயகந்தை யோர்.

uruppaṯṟi yuṇḍā muruppaṯṟi niṟku
muruppaṯṟi yuṇḍumiha vōṅgu — muruviṭ
ṭuruppaṯṟun tēḍiṉā lōṭṭam piḍikku
muruvaṯṟa pēyahandai yōr.

பதச்சேதம்: உரு பற்றி உண்டாம்; உரு பற்றி நிற்கும்; உரு பற்றி உண்டு மிக ஓங்கும்; உரு விட்டு, உரு பற்றும்; தேடினால் ஓட்டம் பிடிக்கும், உரு அற்ற பேய் அகந்தை. ஓர்.

Padacchēdam (separazione delle parole): uru paṯṟi uṇḍām; uru paṯṟi niṯkum; uru paṯṟi uṇḍu miha ōṅgum; uru viṭṭu, uru paṯṟum; tēḍiṉāl ōṭṭam piḍikkum, uru aṯṟa pēy ahandai. ōr.

அன்வயம்: உரு அற்ற பேய் அகந்தை உரு பற்றி உண்டாம்; உரு பற்றி நிற்கும்; உரு பற்றி உண்டு மிக ஓங்கும்; உரு விட்டு, உரு பற்றும்; தேடினால் ஓட்டம் பிடிக்கும். ஓர்.

Anvayam (parole disposte in ordine di prosa naturale): uru aṯṟa pēy ahandai uru paṯṟi uṇḍām; uru paṯṟi niṯkum; uru paṯṟi uṇḍu miha ōṅgum; uru viṭṭu, uru paṯṟum; tēḍiṉāl ōṭṭam piḍikkum. ōr.

Traduzione: Afferrando la forma, l’ego-fantasma senza forma ha origine; afferrando la forma esso si regge [o resiste]; afferrando e nutrendosi di forma esso cresce [o prospera] abbondantemente; lasciando [una] forma, esso afferra [un’altra] forma. Se cercato [esaminato o investigato], esso fuggirà. Investiga [o conosci in questo modo].


Qui உரு பற்றி (uru paṯṟi) o ‘afferrare la forma’ significa dare attenzione o sperimentare qualsiasi cosa diversa da noi stessi, perché noi stessi siamo senza forma, poiché in questo contesto una ‘forma’ è qualsiasi cosa che ha qualche caratteristica che la distingue in qualche modo da noi stessi o dalle altre cose. Quindi ciò che Sri Ramana vuole dire in questo verso è che noi sorgiamo o abbiamo origine come un ego solo dando attenzione a qualsiasi cosa diversa da noi stessi, e che continuando a dare attenzione ad altre cose sosteniamo e nutriamo l’illusione che siamo questo ego, ma che se invece cerchiamo di dare attenzione solo a noi stessi, questa illusione ‘fuggirà’ – cioè, il nostro ego sprofonderà e scomparirà in noi stessi, la sorgente da cui è sorto.

Poiché noi stessi siamo senza forma, non possiamo continuare a sperimentare noi stessi come questo ego se diamo attenzione e quindi sperimentiamo solo noi stessi. E d’altra parte, non possiamo cessare di sperimentare noi stessi come questo ego se insistiamo a dare attenzione e a sperimentare qualsiasi cosa diversa da noi stessi. Quindi l’auto-disattenzione sostiene il nostro ego, e solo l’auto-attentività può dominarla e distruggerla. Quindi il solo mezzo con cui possiamo effettivamente mantenere il nostro ego sotto controllo e impedirgli di illuderci è essere costantemente auto-attentivi in modo vigilante.


9. Chi è responsabile per la creazione di questo mondo?

In risposta all’email che ho adattato nelle otto sezioni precedenti, il mio amico ha scritto:

C’è un punto di confusione su cui continuo ad andare. Se tutto è in definitiva uno, e Brahma, non è il sogno anche Brahma? E se il sogno è anche Brahma tutto questo non si rivela perfettamente come Brahma vuole che sia?


A questo ho risposto:

Brahman non è qualcosa diversa da noi stessi. E’ solo un nome dato a ciò che siamo realmente. Così se tu dici che ogni cosa si rivela come Brahman vuole che sia, questo significa che si rivela come tu vuoi che sia. Ma è tutto questo ciò che tu vuoi realmente? Se lo è, allora non c’è problema, e quindi non c’è bisogno di investigare chi sono io.

Ma se tu vedi qualche problema in questo mondo o in te stesso, allora questo non è ciò che tu vuoi realmente, così devi correggere la decisione sbagliata che hai preso nel creare tutto questo. Tutto questo ha avuto origine per la tua decisione o scelta, così per correggere la tua scelta devi prima sapere esattamente cos’è questo ‘io’ in te che ha fatto questa scelta. Ora tu appari come Jim, Jim è parte della creazione, così egli non può essere il creatore. Quindi se tu sei il creatore, tu non sei Jim, di conseguenza chi sei?

Quindi tutto torna indietro allo stesso punto: ciò che ciascuno di noi prima di tutto ha bisogno è sapere chi siamo realmente. Se prima investighiamo noi stessi e quindi sperimentiamo ciò che siamo realmente, allora possiamo vedere se ancora esiste qualche creatore, creazione, mondo o problema, e solo se esistono avremmo bisogno di fare qualcosa con essi.


10. Solo in assoluto silenzio possiamo sperimentare ciò che siamo realmente

Poiché nella mia precedente risposta ho chiesto a Jim, ‘Quindi se tu sei il creatore, tu non sei Jim, così chi sei?’, egli mi ha risposto dicendo tra le altre cose che egli è ‘Satchitananda’, la consapevolezza onnipervadente, libera dal fare, non attaccata, senza desideri, illimitata e indisturbata’, ma ha aggiunto:

Sto cercando di dirti l’impossibile. Cosa sono io, Cosa sei tu. Cosa solo esiste. Oltre il corpo mente. Oltre Brahman, la coscienza di Cristo, e tutte le altre etichette e concetti che indicano l’inesprimibile, inconoscibile presenza che noi siamo. Cosa sono io?? Cosa sono io? Io so di non essere questo deficiente, imperfetto, insicuro, difettoso sacco di carne e ossa sofferente che chiamiamo Jim.

A cui ho risposto:

Quando ho chiesto ‘tu non sei Jim, così chi sei?’ non era una domanda per la quale mi aspettavo una risposta in parola, perché nessuna parola o idea può rispondere a ciò. La risposta può solo essere trovata all’interno di noi stessi, perdendo noi stessi in noi stessi (cioè, perdendo il nostro ego in ciò che siamo realmente).

Sat-cit-ānanda (essere-consapevolezza-beatitudine), la consapevolezza onnipervadente e qualsiasi altra cosa che dici di essere sono tutte solo idee – idee che Jim ha riguardo a ciò che è realmente – così come può ognuna di esse essere ciò che tu sei realmente. Ciò che tu sei realmente non può essere espresso adeguatamente da alcuna idea o parola, sia essa espressa affermativamente (io sono quello) o negativamente (io non sono questo), ma può solo essere sperimentata da te solamente nella profondità dell’assoluto silenzio.

Per sperimentare noi stessi come siamo realmente, dobbiamo ritirare la nostra attenzione da ogni altra cosa (che è tutto solo rumore creato dalla nostra mente) rivolgendola indietro verso noi stessi solamente e quindi permettendole di affondare profondamente all'interno di noi, la sua sorgente (che è solo assoluto silenzio). In altre parole, per conoscere chi sei, Jim e tutte le sue idee (inclusa la sua idea che Jim è solo un fantasma) deve andarsene, e solo l’ ‘io’ sempre silente e perfettamente auto-consapevole deve rimanere.

Nessun commento:

Posta un commento