Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

mercoledì 25 febbraio 2015

Essere soltanto (summā irukkai) non è un’attività ma uno stato di perfetta immobilità

Michael James

24 Febbraio 2015
Just being (summā irukkai ) is not an activity but a state of perfect stillness

Un amico mi ha scritto recentemente chiedendo, ‘C’è un modo per accertarsi se viene data attenzione alla sensazione di ‘io’? E’ sufficiente se “il potere di attenzione” della mente è portato a un arresto?’ Egli cita anche la seguente (imprecisa) traduzione della domanda 4 e della risposta di Sri Ramana nel secondo capitolo di Upadēśa Mañjari (‘Una Ghirlanda di Insegnamenti’, o ‘Istruzioni Spirituali’ come è chiamata questa traduzione Inglese di The Collected Works of Sri Ramana Maharshi ), e ha chiesto ‘Come può il rimanere immobili essere considerata un’intensa attività? Essere immobili è uno stato di sforzo o è senza sforzo? Sono leggermente confuso’:
4. Lo stato di ‘essere immobili’ comporta uno sforzo o è senza sforzo?

Non è uno stato di indolenza senza sforzo. Tutte le attività mondane ordinariamente chiamate sforzo sono compiute con l’aiuto di una parte della mente e con frequenti interruzioni. Ma l’atto di comunione con il Sé (atma vyavahara ) o rimanere immobili interiormente è un’attività intensa compiuta con la mente intera e senza interruzioni.

Maya (illusione o ignoranza) che non può essere distrutta da nessun’altra azione, è completamente distrutta da questa intensa attività chiamata ‘silenzio’ (mauna ).
Ciò che segue è tratto dalla risposta che gli ho scritto:

Ciò che chiami la ‘sensazione di io’ è solo tu stesso, ma ora sperimentiamo noi stessi mischiati con aggiunte come un corpo e una mente, così ci confondiamo come queste aggiunte. Quindi, quando pratichiamo auto-investigazione (ātma-vicāra ), il nostro fine è sperimentare solo noi stessi, in completo isolamento da tutte le aggiunte, e il solo modo per farlo è cercare di dare attenzione solo a noi stessi, ignorando ogni altra cosa.

Sperimentare solo noi stessi dovrebbe essere molto facile, e lo sarebbe se non fossimo così fortemente attaccati a tutte le aggiunte che confondiamo come noi stessi, e anche a tutte le altre cose che prendiamo come nostre. A causa del nostro forte attaccamento a tali cose, siamo riluttanti a lasciarle andare tutte, per sperimentare solo noi stessi. Quindi abbiamo bisogno di praticare ripetutamente, cercando di sperimentare solo noi stessi, e più lo facciamo, più debole diventerà il nostro attaccamento alle altre cose.

Se riusciamo, una volta, a sperimentare solo noi stessi, sperimenteremo ciò che siamo realmente, e il nostro ego sarà distrutto per sempre. Quindi se ancora abbiamo bisogno di praticare auto-investigazione, non abbiamo ancora sperimentato solo noi stessi. Anche se abbiamo provato molte volte, ogni volta che lo facciamo la consapevolezza di noi stessi è ancora mischiata, in misura variabile, con la consapevolezza di altre cose, così dobbiamo continuare a provare finché riusciamo.

Quindi la risposta alla tua prima domanda, ‘C’è un modo per accertarsi se viene data attenzione alla sensazione di ‘io’?’, è che noi sappiamo quando stiamo cercando di dare attenzione a noi stessi, ma non possiamo accertarci con precisione in quale misura stiamo riuscendo a dare attenzione solo a noi stessi. Poiché ancora ci sperimentiamo come una persona, non siamo ancora riusciti del tutto, ma in qualche misura almeno ci saremo riusciti.

Sadhu Om era solito spiegare questo nei termini di voltarsi di 180 gradi, lontano da tutte le altre cose e verso noi stessi solamente. Più ci avviciniamo a voltarci di 180 gradi, meno ogni consapevolezza di qualsiasi altra cosa sarà mischiata con la nostra auto-consapevolezza, ma se non ci voltiamo di 180 gradi completi non stiamo ancora sperimentando solo noi stessi, in completo isolamento dalla consapevolezza di altre cose. Quando riusciamo una volta a voltarci di 180 gradi completi, sperimenteremo nient’altro che noi stessi, e ci sperimenteremo come siamo realmente, dopo di che non sperimenteremo mai più nessun’altra cosa.

Quando cerchiamo di dare attenzione solo a noi stessi, possiamo riuscire a voltarci di 90, 120, 150 o anche di 179 gradi, ma non possiamo effettivamente sapere di quanto ci siamo voltati, così dobbiamo continuare a provare finché infine riusciamo a voltarci di 180 gradi completi.

Riguardo alla tua seconda domanda sulla domanda e risposta in உபதேசமஞ்சரி (Upadēśa Mañjari : capitolo 2, domanda 4), la traduzione che hai citato non è sufficientemente precisa. Il brano originale in Tamil è:

4. சும்மாவிருக்கை யென்பது முயற்சியுள்ள நிலையா? முயற்சியற்ற நிலையா?

அது முயற்சியற்றதோர் சோம்பல் நிலை யன்று. வெளிமுகத்தில் முயற்சிகளென்று சொல்லப்படுகிற உலக வ்யவகாரங்க ளவ்வளவும் பரிச்சின்ன மனத்தாலும் இடைவிட்டும் செய்யப்படுகின்றனவே. அகமுகத்தில் சும்மா இருக்கை யென்னும் ஆன்மவ்யவகாரமோ முழு மனத்துடனும் இடையின்றியும் செய்யப்படும் பூர்ண முயற்சியாகும்.

வேறெவ் வகையானும் நாசமாகாத மாயையானது முழுமுயற்சி யென்னும் இம்மோனத்தாற்றான் நாசமாக்கப்படுகிறது.
Di cui ciò che segue è una traslitterazione e una traduzione Inglese più precisa:
4. summā-v-irukkai y-eṉbadu muyaṟci-y-uḷḷa nilai-y-ā? muyaṟci-y-aṯṟa nilai-y-ā?

adu muyaṟci-y-aṯṟadōr sōmbal nilai y-aṉḏṟu. veḷi-mukhattil muyaṟcigaḷ-eṉḏṟu solla-p-paḍugiṟa ulaha vyavahāraṅgaḷ avvaḷavum paricchiṉṉa maṉattāl-um iḍaiviṭṭum seyya-p-paḍugiṉḏṟaṉavē. aha-mukhattil summā irukkai y-eṉṉum āṉma-vyavahāram-ō muṙu maṉattuḍaṉ-um iḍai-y-iṉḏṟi-y-um seyya-p-paḍum pūrṇa muyaṟci-y-āhum.

vēṟev vahaiyāṉum nāśam-āhāda māyai-y-āṉadu muṙu-muyaṟci y-eṉṉum i-m-mōṉattāṯṟāṉ nāśam-ākka-p-paḍugiṟadu
.

4. Ciò che è chiamato summā-v-irukkai [solo essere] è uno stato in cui c’è sforzo? [O] è uno stato in cui lo sforzo è cessato?

Questo non è uno stato di sōmbal [ozio, letargia, sonnolenza o apatia], in cui lo sforzo è cessato. L’intero ambito delle attività terrene, che sono descritte come sforzi in una prospettiva esteriorizzata, sono compiute solo in modo intermittente e per mezzo di paricchinna maṉam [una mente divisa o una parte limitata della mente]. Al contrario, in una prospettiva interiorizzata la ātma-vyavahāra [pratica spirituale] chiamata summā irukkai [solo essere] è uno sforzo completo compiuto senza interruzione e con la mente intera.

Ciò che è māyā , ciò che non può essere distrutto con altro mezzo, è distrutto solo con questo mauna [silenzio] che è chiamato sforzo completo.
Come puoi vedere, Sri Ramana non disse effettivamente che summā irukkai (solo essere) è un’intensa attività, cosicché è una traduzione errata, e chiunque leggendola può notare, come hai fatto tu, che è un’auto-contraddizione dire che solo essere è un’attività. Le parole che qui sono state tradotte in modo errato come ‘attività intensa’ erano nel primo caso பூர்ண முயற்சி (pūrṇa muyaṟci ) e nel secondo caso முழுமுயற்சி (muṙu-muyaṟci ), che entrambe significano solo uno sforzo pieno o completo, perché முயற்சி (muyaṟci ) significa sforzo, esercizio, tentativo, diligenza o perseveranza.

Naturalmente la maggior parte degli sforzi che facciamo comportano un’attività di qualche genere, così in alcuni contesti முயற்சி (muyaṟci ) può significare attività nel senso di un’azione compiuta con sforzo, ma in questo contesto ovviamente non significa attività di qualche genere, perché சும்மா இருக்கை (summā irukkai ) significa solo essere, essere soltanto, essere tranquillamente, essere silenziosamente, essere senza attività o essere immobile, così sarebbe assurdo dire che è un’attività intensa. E’ uno stato di solo essere immobili – rimanendo senza alcuna azione qualsiasi – ma richiede uno sforzo intenso, perché comporta il focalizzare la nostra intera mente o attenzione solamente su noi stessi.

Sadhu Om era solito spiegare questo usando un’analogia. In un lago artificiale l’acqua rimane ferma, ma per essere ferma la diga deve tenerla saldamente. Se la diga perde la sua tenuta incrinandosi o rompendosi, l’acqua inizierà subito a muoversi, scorrendo per uscire dalla crepa o dalla rottura. Qui la diga rappresenta lo stato di auto-attentività accuratamente focalizzata, e l’acqua rappresenta la nostra mente. Finché diamo attenzione solo a noi stessi, la nostra mente rimane perfettamente immobile, ma non appena allentiamo la nostra auto-attentività, la nostra mente si precipita all’esterno per sperimentare altre cose.

Finché non riusciamo a voltarci su noi stessi di 180 gradi completi per sperimentare solo noi stessi, distruggendo per sempre l’illusione di essere questa mente, essere auto-attentivi richiede sforzo, perché la propensione naturale della nostra mente è quella di andare all’esterno per sperimentare altre cose. Quindi per essere equilibrati senza movimento in uno stato di ferma auto-attentività abbiamo bisogno di fare uno sforzo intenso, finché riusciamo a voltarci di 180 gradi completi, dopo di che scopriremo che l’auto-attentività (la pura auto-consapevolezza) è la nostra natura reale, così solo allora sperimenteremo summā irukkai (solo essere) come il nostro stato naturale e quindi come inevitabile e senza sforzo.

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