Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

giovedì 7 maggio 2015

L’unicità degli insegnamenti di Sri Ramana

Michael James

7 Maggio 2015
What is unique about the teachings of Sri Ramana?

Domenica scorsa ho parlato via Skype con un amico in Argentina riguardo gli insegnamenti di Sri Ramana, e alla fine della nostra discussione mi ha chiesto di scrivere un riassunto delle idee principali che gli avevo spiegato, perché l’Inglese è per lui un lingua straniera, così voleva essere sicuro di aver compreso correttamente ed afferrato quello che avevo detto. Questo articolo è il riassunto che ho scritto per lui, di conseguenza alcune delle idee che esprimo sono ciò che ho detto in riferimento a quello che lui mi aveva detto. Per esempio, ciò che dico riguardo la nostra incapacità di meditare su noi stessi per cinque ore continuative, o anche per cinque minuti, si riferisce a ciò che egli ha detto riguardo a come, nel passato, praticando altre forme di meditazione, era in grado di meditare per cinque ore continuative, ma che ora quando cerca di praticare l’auto-investigazione (ātma-vicāra) si scopre incapace di farlo anche per cinque minuti.

Ciò che segue è il riassunto che ho scritto:

Per riassumere ciò di cui abbiamo parlato oggi, uno dei punti principali che stavo cercando di mettere in evidenza è come, gli insegnamenti di Bhagavan sono radicalmente diversi, perché il suo sentiero di auto-investigazione (ātma-vicāra) porta nella direzione opposta a quella di tutti gli altri sforzi umani, siano essi sforzi terreni, religiosi o cosiddetti spirituali.

Tutti gli altri sforzi sono diretti lontano da noi stessi, verso qualcosa diversa da noi stessi, siano essi fini materiali, fini artistici, fini intellettuali, fini emotivi, un Dio ipoteticamente separato, o anche uno stato come la salvezza, la liberazione, mōkṣa o nirvāṇa, quando un tale stato è concepito come qualcosa che possiamo raggiungere e che è quindi diverso da noi stessi – cioè, diverso da ciò che sempre siamo realmente. Bhagavan d’altra parte, ci insegna che non c’è niente da raggiungere diverso dallo sperimentare noi stessi come siamo realmente, e che possiamo sperimentarci come siamo realmente solo dando le spalle a qualsiasi altra cosa e cercando di essere consapevoli soltanto di noi stessi.

Anche altri cosiddetti sentieri spirituali ci conducono lontano da noi stessi, perché ogni altro tipo di pratica spirituale comporta il dare attenzione o meditare su qualcosa diversa da noi stessi, sia esso Dio, un’immagine o un nome divino, un idolo, una preghiera, un mantra, un cakra o qualche altro punto nel nostro corpo, il nostro respiro o prāṇa, un pensiero, un’immagine mentale, uno stato come il samādhi, o qualunque altra cosa su cui le persone possono meditare o che possono ambire di raggiungere. Ciò che è unico negli insegnamenti di Bhagavan, quindi, è che egli non ci dirige a dare attenzione a qualcosa diversa da solo noi stessi, così mentre tutti gli altri sentieri spirituali dirigono la nostra attenzione lontano da noi stessi, solo il suo sentiero di ātma-vicāra dirige la nostra attenzione verso noi stessi – e solo verso noi stessi, non affatto verso qualunque altra cosa.

La direzione in cui il nostro ego o mente fluisce naturalmente è all’esterno, lontano da noi stessi e verso altre cose. Quindi ogni pratica spirituale diversa da ātma-vicāra consiste nel permettere semplicemente alla nostra mente di fluire nella sua direzione naturale, lontano da noi stessi. Ma quando pratichiamo ātma-vicāra, stiamo cercando di andare nella direzione opposta, indietro verso noi stessi soltanto, così è come cercare di nuotare controcorrente, contro la corrente del fiume. Se desideriamo ritornare alla nostra sorgente, non abbiamo alternativa se non nuotare contro la corrente della nostra mente, perché la corrente della nostra mente ci conduce sempre lontano da noi stessi.

Noi solo siamo la sorgente dalla quale siamo sorti come questo ego o mente, così se desideriamo ritornare a casa, il solo modo è quello di volgere la nostra intera attenzione, l’interesse, lo sforzo e l’amore verso noi stessi. Se permettiamo alla nostra mente o attenzione di andare all’esterno verso qualche altra cosa, anche verso Dio o un’idea come il nirvāṇa (se consideriamo Dio o il nirvāṇa come qualcosa diversa da noi stessi), andiamo lontano da noi stessi, e quindi lontano dalla nostra sorgente originale e vera dimora.

Il nostro ego o mente sorge e resiste solo dando attenzione a cose diverse da se stesso. Alla mattina, appena ci svegliamo, diveniamo consapevoli di altre cose, e continuiamo a dare attenzione ad altre cose finché ci addormentiamo, ed esattamente lo stesso accade ogni volta che sogniamo. Quindi (come spiego frequentemente in questo blog, come qui) Bhagavan ci insegna che è solo dando attenzione e sperimentando altre cose che sorgiamo e resistiamo come questo ego, e che quindi non possiamo mai distruggere questo ego dando attenzione a qualsiasi cosa diversa da noi stessi. Meditando o dando attenzione a qualsiasi cosa diversa da noi stessi, stiamo solo nutrendo e sostenendo il nostro ego, non lo stiamo indebolendo in alcun modo.

Quindi per distruggere l’illusione di essere questo ego, il solo mezzo è cercare di essere attentivi soltanto a noi stessi. Questo è il segreto unico che Bhagavan Sri Ramana ci ha rivelato, e nessuno prima di lui aveva reso così abbondantemente chiaro questo semplice fatto.

Niente può essere più facile di essere attentivi solo a noi stessi, ma ci sembra difficile perché noi, come questo ego, non vogliamo morire. Per quanto possiamo soffrire, vogliamo stupidamente continuare a sperimentare noi stessi come questo ego miserabile. Questo è il motivo per cui la nostra mente è sempre esteriorizzata, lontano da noi stessi, perché questo è il modo in cui questo ego o mente sopravvive. Quindi quando cerchiamo di rivolgere la nostra attenzione verso noi stessi per sperimentare soltanto noi stessi, la nostra mente si ribella e cerca con tutti i mezzi di pensare a qualsiasi cosa diversa da noi stessi.

Questo è il motivo per cui non possiamo meditare su noi stessi per cinque ore continuativamente, o anche per cinque minuti. Anche farlo per cinque secondi senza un’interruzione è difficile. Quindi abbiamo bisogno, gradualmente e con delicatezza, di coltivare l’abitudine di rivolgere la nostra attenzione a noi stessi ogni volta che essa si allontana verso qualche altra cosa. Non importa quante volte si allontana, se perseveriamo cercando di rivolgerla verso noi stessi soltanto, ogni volta che notiamo che siamo divenuti consapevoli di qualche altra cosa.

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