Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

sabato 6 giugno 2015

Dare attenzione al nostro ego è dare attenzione alla sua sorgente, noi stessi

Michael James

5 Giugno 2015
Attending to our ego is attending to its source, ourself

Un amico mi ha scritto recentemente riferendosi a uno dei miei ultimi articoli, L’ego è essenzialmente un fantasma senza forma e perciò senza caratteristiche, e ha chiesto:
Nel tuo articolo più recente sembrano esserci due forme sottilmente differenti di Auto-Indagine. Da una parte, c’è una sezione in cui ci è detto di rivolgere l’attenzione direttamente all’ego-io, investigandolo. Facendo questo, esso scomparirà e sarà conosciuto come un fantasma. D’altra parte, in un'altra sezione, ci è detto di investigare la sorgente, o ‘luogo’ da cui l’ego-io sorge per annientarlo.

Nel paragrafo sopra ho scritto “sembrano essere… differenti” perché essi sono senza dubbio essenzialmente la stessa pratica. Tuttavia, mi sto chiedendo se tu potresti chiarificare queste distinzioni, in modo particolare rispetto al ‘fare’ realmente atma-vichara [auto-investigazione]. Porre attenzione ‘solo a noi stessi’ significa dirigere l’attenzione al senso dell’ego, il senso di un ‘io’ separato, o alla sua sorgente, (che non può essere ‘vista’ in quanto è senza forma e ciò che già siamo realmente)?
Ciò che segue è la mia risposta:

Qual è la sorgente di un serpente illusorio? E’ solo la corda che sembra essere quel serpente. Quindi se guardiamo ciò che sembra essere un serpente, ciò che realmente stiamo guardando è la corda, che è la sua sorgente. Nello stesso modo, la sorgente del nostro ego è solo noi stessi come siamo realmente, perché ciò che sembra essere questo ego non è realmente nient’altro che noi stessi come siamo realmente. Quindi se investighiamo o osserviamo questo ego, ciò che stiamo realmente investigando o osservando è solo noi stessi, che siamo la sua sorgente.

Quindi non c’è assolutamente differenza tra investigare il nostro ego e investigare la sua sorgente, perché in entrambi i casi ciò che stiamo investigando, o a cui stiamo dando attenzione, è solo noi stessi. Questi sono solo due modi alternativi di descrivere esattamente la stessa pratica, che è solo cercare di essere attentivamente consapevoli soltanto di noi stessi.

Quindi in pratica non c’è neppure una sottile differenza tra investigare il nostro ego e investigare la sua sorgente. Differenze di qualsiasi genere sembrano esistere solo quando la nostra attenzione è rivolta lontano verso qualunque cosa diversa da noi stessi, così poiché la pratica di auto-investigazione è semplicemente dare attenzione soltanto a noi stessi, non ci possono essere forme differenti di questa pratica. Ci sono differenti indizi che possono aiutarci a rivolgere la nostra attenzione indietro verso noi stessi, ma una volta che ci siamo voltati indietro non ci possono essere differenze, perché l’auto-attentività è uno stato completamente privo di differenze di qualunque genere.

Nell’auto-investigazione non c’è neppure la più fondamentale di tutte le differenze o distinzioni, vale a dire la distinzione tra soggetto e oggetto, perché in questa pratica ciò che deve essere investigato è solo l’investigatore, o ciò che deve essere osservato è solo l’osservatore, così poiché l’investigatore o l’osservatore è uno e indivisibile, in tale stato come potrebbe esserci qualche altra differenza o distinzione? Investigare, osservare o dare attenzione soltanto a noi stessi è quindi uno stato di perfetta e indivisibile unità, di conseguenza non ci può essere alcuna differenza tra un tipo di auto-investigazione ed un altro. C’è quindi solo un modo per investigare noi stessi, ed è cercare di essere attentivamente consapevoli soltanto di noi stessi.

Che sia descritta come investigare il nostro ego o investigare la sua sorgente, è sempre la stessa semplice pratica di cercare di essere auto-attentivi in modo vigilante. In entrambi i casi ciò a cui stiamo dando attenzione è esattamente la stessa cosa, vale a dire noi stessi, perché il nostro ego è noi stessi come ora sembriamo essere, mentre la nostra sorgente è noi stessi come siamo realmente.

Possiamo dire che stiamo osservando il serpente o che stiamo osservando la corda, ciò che stiamo osservando è esattamente la stessa cosa, perché il serpente è ciò che la corda sembra essere, mentre la corda è ciò che è realmente. Proprio come non possiamo osservare il serpente senza osservare in realtà la corda, non possiamo dare attenzione al nostro ego senza dare in realtà attenzione alla sua sorgente, che è noi stessi.

Bhagavan ha descritto questa semplice pratica di auto-investigazione in vari modi differenti, come investigare noi stessi, investigare il nostro ego, investigare il nostro pensiero primario chiamato ‘io’, investigare la nostra sorgente, investigare dove sorgiamo, investigare da cosa sorgiamo, investigare il luogo in cui sorgiamo, investigare ciò che siamo, investigare chi sono io, investigare a chi accadono i pensieri, investigare cos’è questo ego, investigare cos’è che ora risplende come ‘io’, investigare la forma della mente, investigare la luce che illumina la mente, meditare su noi stessi, meditare su ciò che non è diverso, ricordare noi stessi, pensare a noi stessi, pensare ‘io, io’, dare attenzione a noi stessi, guardare noi stessi, osservare noi stessi, fermarsi su noi stessi, fissare la nostra attenzione su noi stessi, fissare la nostra mente in noi stessi, dimorare in noi stessi, dimorare come noi stessi, essere noi stessi, essere ciò che siamo, essere silenti, abbandonare noi stessi o solo essere, ma tutte queste sono solo descrizioni alternative esattamente della stessa pratica, perché non possiamo fare nessuna di queste cose senza dare semplicemente attenzione soltanto a noi stessi.

Quindi non importa in quanti modi differenti egli può averla descritta, noi non dovremmo immaginare che ci sia anche una minima differenza in tutto questo, perché ciò ha descritto in così tanto modi è l’unico e solo mezzo con cui possiamo sperimentare noi stessi come siamo realmente e quindi distruggere o abbandonare per sempre l’illusione di essere questo ego che ora sembriamo essere.

Spero che tutto ciò che è scritto qui sopra risponda in modo adeguato alla tua domanda finale, ‘Porre attenzione ‘solo a noi stessi’ significa dirigere l’attenzione al senso dell’ego, il senso di un “io” separato, o alla sua sorgente, (che non può essere ‘vista’ in quanto è senza forma e ciò che già siamo realmente)?’ ma nel caso ciò che ho detto finora non rispondesse adeguatamente, noi siamo uno e indivisibile, così, sia che consideriamo l’essere auto-attentivi il dare attenzione al nostro ego o il dare attenzione al nostro sé reale, che è la sorgente di questo ego, non fa alcuna differenza per ciò a cui dovremmo realmente dare attenzione. Poiché il nostro ego non è nient’altro che noi stessi (nello stesso senso in cui un serpente illusorio non è nient’altro che una corda) non possiamo dare attenzione al nostro ego senza dare attenzione a noi stessi, così purché comprendiamo che ciò a cui dobbiamo cercare di dare attenzione è solo noi stessi, non importa come possiamo descriverlo o concettualizzarlo.

Ciascuno dei molti modi in cui Bhagavan ha descritto questa pratica è solo un indizio in più che egli ci ha dato per aiutarci nei nostri tentativi di essere attentivamente consapevoli soltanto di noi stessi. In un momento possiamo trovare più utile un particolare indizio, e in altri momenti possiamo trovare più utili altri indizi, ma in realtà non importa che indizio seguiamo purché produca in noi il risultato di essere attentivamente consapevoli soltanto di noi stessi.

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