Om Namo Bhagavate Sri Arunachalaramanaya

mercoledì 14 ottobre 2015

Perché è necessario essere attentivamente auto-consapevoli, piuttosto che solo non consapevoli di qualsiasi altra cosa?

Michael James

12 Ottobre 2015
Why is it necessary to be attentively self-aware, rather than just not aware of anything else?

Un amico mi ha scritto recentemente chiedendo:
Ho una domanda, l’attenzione deve essere attirata (intenzionalmente) al sé, o è abbastanza se rimango semplicemente come io sono, arrendendo l’ego sudicio a Dio? Non “fissare la mente nel sé”, né “cercare la sorgente” o “pensiero-io’, ma solo rimanere?
Ho scritto una breve risposta, e lui ha replicato chiedendo alcune domande ulteriori, così questo articolo è un adattamento delle due risposte che gli ho scritto.
  1. L’unità di auto-attentività, auto-dimora e auto-abbandono
  2. La sola rinuncia ad essere consapevoli di qualsiasi cosa diversa da noi stessi non distruggerà il nostro ego
  3. Possiamo dissolvere il nostro ego solo cercando di essere attentivamente auto-consapevoli
  4. Upadēśa Undiyār verso 16: dobbiamo osservare attentivamente la nostra auto-consapevolezza
1. L’unità di auto-attentività, auto-dimora e auto-abbandono

In risposta alla sua prima email ho scritto:

Come puoi ‘solo rimanere’ se non attendi solo a te stesso? Finché attendiamo a o siamo consapevoli di qualsiasi cosa diversa da noi stessi, la nostra attenzione è diretta lontano da noi stessi verso quell’altra cosa, e dirigere la nostra attenzione lontano da noi stessi è un’azione o karma.

Come Bhagavan dice nel verso 25 di Uḷḷadu Nāṟpadu, il nostro ego ha origine afferrando la forma, permane afferrando la forma, ed è nutrito e cresce con forza afferrando la forma, e ciò che egli intende con ‘afferrare la forma’ è essere consapevoli di qualsiasi cosa diversa da noi stessi. Quindi il solo modo per evitare di sorgere come questo ego è di cercare di essere consapevoli solo di noi stessi.

Noi siamo sempre auto-consapevoli, ma generalmente non siamo attentivamente auto-consapevoli, perché siamo più interessati a sperimentare altre cose che a sperimentare solo noi stessi. Quindi per rimanere come siamo e arrendere questo sudicio ego dobbiamo cercare di essere attentivamente auto-consapevoli.

Più siamo attentivamente auto-consapevoli, meno saremo consapevoli di qualsiasi altra cosa, e più il nostro ego sprofonderà in noi stessi, la sorgente da cui è sorto. Quindi essere attentivamente auto-consapevoli e dimorare come noi stessi sono una stessa cosa.

Il fatto che essere attentivamente auto-consapevoli sia il solo mezzo per arrendere interamente noi stessi (questo sudicio ego) e dimorare come siamo realmente è espresso accuratamente ed enfaticamente da Bhagavan nella prima frase del tredicesimo paragrafo di Nāṉ Yār? (Chi sono io?):
ஆன்மசிந்தனையைத் தவிர வேறு சிந்தனை கிளம்புவதற்குச் சற்று
மிடங்கொடாமல் ஆத்மநிஷ்டாபரனா யிருப்பதே தன்னை ஈசனுக் களிப்பதாம். [...]

āṉma-cintaṉaiyai-t tavira vēṟu cintaṉai kiḷambuvadaṟku-c caṯṟum iḍam-koḍāmal ātma-niṣṭhā-paraṉ-āy iruppadē taṉṉai īśaṉukku aḷippadām. [...]

Essendo completamente assorbiti in ātma-niṣṭhā [auto-dimora], solo non dare anche il minimo spazio al sorgere di qualsiasi pensiero diverso da ātma-cintanā [auto-contemplazione o ‘pensiero di se stessi’], è offrire se stessi a Dio. […]
2. La sola rinuncia ad essere consapevoli di qualsiasi cosa diversa da noi stessi non distruggerà il nostro ego

Il mio amico ha replicato chiedendo:
Così è una questione di perdere l’attenzione al non-sé? Se l’attenzione agli oggetti è perduta, essa diviene “fissata nel sé”? Così “l’attenzione” non è realmente un’attività, ma il nostro stato naturale, libero dai pensieri?
A questo ho risposto:

Non è affatto così semplice. Solamente rinunciare ad attendere a o ad essere consapevoli di qualsiasi altra cosa non è sufficiente, perché anche nel sonno cessiamo di essere consapevoli di qualsiasi altra cosa, ma il nostro ego non è del tutto distrutto, così si richiede qualcosa di più che rinunciare solamente ad essere consapevoli di qualsiasi altra cosa.

Come ho scritto ieri, siamo sempre auto-consapevoli, ma generalmente non siamo attentivamente auto-consapevoli. Nella veglia e nel sogno siamo consapevoli di noi stessi e di altre cose, mentre nel sonno siamo consapevoli solo di noi stessi. Perché essere consapevoli solo di noi stessi nel sonno non distrugge il nostro ego o mente? Questo può essere spiegato in vari modi.

Un modo è dire che abbiamo bisogno di divenire consapevoli solo di noi stessi prima che il nostro ego sia sprofondato completamente, perche solo allora la risultante chiarezza di auto-consapevolezza potrà distruggere il nostro ego. La pura auto-consapevolezza è come il risplendere del sole, mentre il nostro ego è come una nebbia che oscura ma non nasconde completamente la luce del sole. Per essere dissolta dalla luce splendente del sole, la nebbia deve essere presente. Se una nebbia mattutina svanisce prima che sorga il sole, lo splendore del sole non può ovviamente dissolverla, mentre se essa è ancora presente mentre il sole sorge, essa sarà dissolta dalla sua luce splendente. Nel caso del sonno, noi sperimentiamo la chiarezza della pura auto-consapevolezza perché il nostro ego è già sprofondato a causa di esaurimento. Quindi durante la veglia o il sogno, mentre il nostro ego è ancora presente, abbiamo bisogno di sperimentare la pura auto-consapevolezza che abbiamo sperimentato nel sonno, perché se riusciamo a sperimentare quella pura auto-consapevolezza prima che il nostro ego sia sprofondato completamente, ciò annienterà il nostro ego istantaneamente.

In altre parole, il nostro ego sprofonda nel sonno a causa di esaurimento, e poi sperimentiamo la pura auto-consapevolezza come risultato del suo sprofondamento, mentre ciò che è richiesto è che esso sprofondi come risultato dell’esperienza della pura auto-consapevolezza. Il cavallo deve andare prima del carro perché entrambi raggiungano la loro destinazione. Se il carro è posto davanti al cavallo, non andranno da nessuna parte. In questo caso il cavallo è come l’esperienza di pura auto-consapevolezza, che deve venire prima, e il carro è come lo sprofondamento dell’ego, che deve avvenire come risultato dell’esperienza di pura auto-consapevolezza.

3. Possiamo dissolvere il nostro ego solo cercando di essere attentivamente auto-consapevoli

Possiamo sperimentare la pura auto-consapevolezza nello stato di veglia o di sogno solo cercando di essere attentivamente auto-consapevoli. Non siamo mai non auto-consapevoli, perché l’auto-consapevolezza è la vera natura di noi stessi, ma finché siamo consapevoli di qualsiasi altra cosa, la nostra auto-consapevolezza è come la luce del sole che filtra attraverso una nebbia densa, dunque abbiamo bisogno di cercare di essere consapevoli solo di noi stessi. Questo tentativo di essere consapevoli solo di noi stessi è ciò che è chiamata ātma-vicāra o auto-investigazione.

Hai scritto ‘Così “l’attenzione” non è realmente un’attività, ma il nostro stato naturale, libero dai pensieri? ’ ma non è questo effettivamente il caso. L’auto-attenzione non è realmente un’attività, ma l’attenzione diretta verso qualsiasi altra cosa è un’attività. Cosa significa esattamente questa parola ‘attenzione’? Durante la veglia e il sogno numerosi fenomeni ci si presentano (o piuttosto sono da noi proiettati), ma non possiamo essere consapevoli di tutti i fenomeni che sono a nostra disposizione in ogni momento, così selezioniamo di essere consapevoli di alcuni in preferenza ad altri. Questa abilità di selezionare ciò di cui siamo consapevoli è ciò che è chiamata attenzione.

Generalmente siamo più interessati a sperimentare fenomeni (che sono cose diverse da noi stessi) di quanto lo siamo a sperimentare noi stessi, così durante la maggior parte della nostra vita di veglia e di sogno attendiamo a fenomeni piuttosto che a noi stessi. Questa nostra abitudine deve essere cambiata, e possiamo cambiarla solo cercando persistentemente di essere consapevoli solo di noi stessi in preferenza ad essere consapevoli di qualsiasi altra cosa. Questo è il motivo per cui ho detto che è necessario essere attentivamente auto-consapevoli. Non è sufficiente essere solo auto-consapevoli, perché siamo sempre auto-consapevoli, sia che siamo consapevoli di qualche altra cosa o meno, così per essere consapevoli solo di noi stessi e quindi distruggere il nostro ego abbiamo bisogno di essere attentivamente auto-consapevoli.

Nel sonno non possiamo essere attentivamente auto-consapevoli, perché l’attenzione è una funzione del nostro ego, che non è presente nel sonno. La ragione per cui l’attenzione è una funzione del nostro ego è che solo il nostro ego è consapevole di molte cose, così esso solo ha bisogno di selezionare a quali di quelle cose deve attendere o di cui deve essere consapevole in ogni momento. Come siamo realmente, siamo consapevoli di nient’altro che noi stessi (come siamo nel sonno), così non possiamo selezionare di essere consapevoli di qualsiasi altra cosa, e dunque per il nostro sé reale non c’è una cosa come l’attenzione. C’è solo pura auto-consapevolezza.

Poiché la pura auto-consapevolezza è la nostra vera natura, è identica al nostro essere. E’ ciò che è (uḷḷadu), che è il motivo per cui Bhagavan dice nel verso 23 di Upadēśa Undiyār che ciò che è, è consapevolezza (uṇarvu), intendendo che è auto-consapevolezza, perché non c’è niente altro che esso (noi stessi) di cui essere consapevole. Quindi se vogliamo solo essere ciò che siamo realmente, abbiamo bisogno di essere consapevoli solo di noi stessi e di niente altro. Per essere permanentemente consapevoli solo di noi stessi, abbiamo bisogno di dissolvere il nostro ego, e possiamo dissolverlo solo cercando di essere attentivamente auto-consapevoli.

4. Upadēśa Undiyār verso 16: dobbiamo osservare attentivamente la nostra auto-consapevolezza

Il fatto che è necessario essere attentivamente auto-consapevoli e non è sufficiente solo cessare di essere consapevoli di qualsiasi altra cosa è indicato chiaramente da Bhagavan nel verso 16 di Upadēśa Undiyār, in cui dice:
வெளிவிட யங்களை விட்டு மனந்தன்
னொளியுரு வோர்தலே யுந்தீபற
வுண்மை யுணர்ச்சியா முந்தீபற.

veḷiviḍa yaṅgaḷai viṭṭu maṉantaṉ
ṉoḷiyuru vōrdalē yundīpaṟa
vuṇmai yuṇarcciyā mundīpaṟa
.

பதச்சேதம்: வெளி விடயங்களை விட்டு மனம் தன் ஒளி உரு ஓர்தலே உண்மை உணர்ச்சி ஆம்.

Padacchēdam (separazione delle parole): veḷi viḍayaṅgaḷai viṭṭu maṉam taṉ oḷi-uru ōrdalē uṇmai uṇarcci ām.

அன்வயம்: மனம் வெளி விடயங்களை விட்டு தன் ஒளி உரு ஓர்தலே உண்மை உணர்ச்சி ஆம்.

Anvayam (parole ridisposte in ordine naturale di prosa): maṉam veḷi viḍayaṅgaḷai viṭṭu taṉ oḷi-uru ōrdalē uṇmai uṇarcci ām.

Traduzione: Lasciando da parte i viṣaya esterni [fenomeni], solo la conoscenza della mente della propria forma di luce è vera conoscenza [o conoscenza della realtà].
விட்டு (viṭṭu), che significa lasciando da parte o rinunciando, è un participio verbale, così வெளி விடயங்களை விட்டு (veḷi viḍayaṅgaḷai viṭṭu), che significa ‘lasciando da parte i fenomeni esterni’, è una proposizione avverbiale, e dunque è sussidiaria alla proposizione principale, perché è ovviamente necessario rinunciare ad essere consapevoli di qualsiasi altra cosa per essere consapevoli solo di noi stessi. D’altra parte, ஓர்தல் (ōrdal), che significa, conoscere, investigare o osservare attentamente, è un sostantivo verbale, e insieme con il suo suffisso, ஏ (ē), che è un intensificatore che significa certamente, solo o soltanto, è la testa del sintagma nominale ‘மனம் தன் ஒளி உரு ஓர்தலே’ (maṉam taṉ oḷi-uru ōrdalē), che significa ‘solo la conoscenza della mente della propria forma di luce’ e che è il soggetto della proposizione principale. Dunque la struttura sintattica di questo verso indica chiaramente che ciò che è più importante è che la mente dovrebbe osservare attentivamente e conoscere la propria forma di luce.

In questo contesto ‘la propria forma di luce’ (தன் ஒளி உரு: taṉ oḷi-uru) significa la nostra pura auto-consapevolezza, ‘io sono’, così la proposizione principale ‘மனம் தன் ஒளி உரு ஓர்தலே உண்மை உணர்ச்சி ஆம்’ (maṉam taṉ oḷi-uru ōrdalē uṇmai uṇarcci ām), che significa ‘solo la conoscenza della mente della propria forma di luce è vera conoscenza [o conoscenza della realtà]’, implica che possiamo sperimentare la vera auto-conoscenza e quindi annientare il nostro ego solo investigando o osservando attentivamente la nostra pura auto-consapevolezza.

Quindi ciò che è richiesto non è solo rinunciare ad essere consapevoli di qualsiasi altra cosa, ma anche fare lo sforzo positivo di essere attentivamente consapevoli solo di noi stessi. Essendo attentivamente consapevoli solo di noi stessi rinunceremo automaticamente ad essere consapevoli di qualsiasi altra cosa, ma rinunciando solamente ad essere consapevoli di qualsiasi altra cosa non diventeremo attentivamente auto-consapevoli, perché se non cerchiamo di essere attentivamente auto-consapevoli sprofonderemo nel sonno o in uno stato simile al sonno, che non è manōnāśa (annientamento della mente) ma solo manōlaya (temporanea dissoluzione o sospensione della mente). Quindi il solo mezzo con cui possiamo raggiungere manōnāśa è cercare di essere attentivamente auto-consapevoli.

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